Blair e Cameron per le nozze gay. Non sei d’accordo? Sei omofobo

Di Rodolfo Casadei
12 Marzo 2012
Regno Unito sottosopra. Perfino i conservatori promuovono il matrimonio omosessuale e anche Blair ha dichiarato di «stare con Cameron e non col papa». Guai a chiunque discuta i dogmi dell’ideologia gay. Chi “discrimina” sarà discriminato. Fino a perdere il lavoro.

Ripubblichiamo l’articolo “La dittatura del gender”, uscito su Tempi 09/2012.

La sua introduzione contribuirà in misura decisiva a far uscire lentamente di scena parole come father, mother, husband e wife, pronunciate nei secoli da milioni di inglesi, sostituite da formule zapatere tipo coniuge A e B, progenitore A e B; a emarginare la visione antropologica che permea i capolavori della letteratura inglese, dall’Amleto di Shakespeare all’Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen; a ridurre ai minimi termini la libertà di espressione nel paese che l’ha teorizzata con John Milton e John Locke e che ha inventato gli speakers’ corners. Eppure David Cameron, primo ministro di Londra, insiste a dire che sarà lui a introdurre nella legislazione britannica il matrimonio fra persone dello stesso sesso «non nonostante io sia un conservatore, ma proprio perché lo sono».
Un governo a guida conservatrice che s’incarica di distruggere un istituto tradizionale non è l’unico paradosso della scena politica britannica: altrettanto bizzarro è che a chiedere di alzare simboliche barricate contro la legislazione in preparazione sia non un qualche vescovo tradizionalista, ma uno degli arcivescovi di Canterbury più liberal che gli anglicani abbiano avuto: Lord George Carey, il predecessore dell’attuale primate Rowan Williams. Sotto la sua guida (1991-2002) la Comunione anglicana ha introdotto il sacerdozio femminile e ammesso i divorziati risposati all’Eucarestia, e le sue dichiarazioni favorevoli all’uso degli anticoncezionali e alle unioni civili fra persone dello stesso sesso non si contano. Ma sul matrimonio gay Carey non transige: ha definito la sua isituzionalizzazione «un atto di vandalismo culturale» e ha patrocinato la creazione di una Coalition for Marriage che sta raccogliendo migliaia di firme contro la “ridefinizione” del matrimonio.

Che una coalizione di anglicani, cattolici, evangelici e deputati conservatori dissenzienti (anche qualche laburista) si sia drizzata in piedi a far barriera contro le nozze gay e abbia raccolto 36 mila firme alla sua petizione nei primi quattro giorni potrebbe suscitare la fallace idea che nel Regno Unito il dibattito sulla rilevanza pubblica e giuridica degli orientamenti sessuali sia vivace e aperto: così non è. Chiunque obietti in parole od opere all’ideologia del gender è oggetto di intimidazione, emarginazione o punizioni esemplari sul posto di lavoro, sia esso privato o pubblico.

Il lungo elenco delle vittime
John Sentamu, arcivescovo di York e numero due della gerarchia anglicana, ha ricevuto lettere di contenuto minaccioso e razzista (il prelato è di origine ugandese) per aver affermato che non è compito dello Stato definire cosa sia il matrimonio e che sarebbe da dittatori modificarne la sostanza con un atto d’imperio. David Burrowes, deputato conservatore per la circoscrizione di Enfield Southgate che ha firmato l’appello della Coalition for Marriage, non solo ha ricevuto insulti e minacce di morte, ma il tesoriere locale del suo partito, attivista gay, ha indetto una raccolta di firme per avviare la procedura perché non venga ripresentato come candidato alle prossime elezioni. La sua colpa è di aver dichiarato: «La mia opinione è che i valori del matrimonio debbano esistere fra un uomo e una donna, e questo è stabilito nelle nostre leggi centinaia di volte: se si cambia la forma del matrimonio, si cambia il suo scopo e si rischia di cambiare il suo significato». Effettivamente la parola “matrimonio” appare 3.258 volte nella legislazione britannica, e la modifica della natura dell’istituzione potrebbe avere conseguenze legali imprevedibili.

La base giuridica per attacchi di vario tipo a chi dissente dall’ideologia gender è l’Equality Act del 2006, poi integrato da altre norme nel 2010. La lista delle “vittime” delle leggi antidiscriminazione si allunga ogni giorno di più. Il Trafford Housing Trust (Manchester) ha retrocesso di carriera e ridotto del 40 per cento lo stipendio ad Albert Smith, un suo manager che sulla sua pagina Facebook aveva obiettato allo svolgimento di matrimoni fra persone dello stesso sesso in chiesa. Eunice e Owen Johns, due coniugi afrobritannici, si sono visti respingere dagli ufficiali comunali di Derby la loro richiesta di affido di minori a motivo della loro etica sessuale cristiana, avversa agli atti omosessuali, e l’Alta Corte a cui si sono appellati ha dato ragione all’amministrazione comunale. Lesley Pilkington, psicanalista, è stata sospesa dal suo ordine e biasimata dalla Royal Society of Psychiatrists, per aver attuato su richiesta una terapia riparativa (mirata al cambiamento di orientamento sessuale) a un omosessuale che in realtà era un giornalista in incognito che l’ha intenzionalmente ingannata per poterla denunciare per negligenza professionale. Gary McFarlane, psicoterapeuta del sesso di Bristol, è stato licenziato dall’organizzazione per la quale lavorava per aver fatto presente che non avrebbe potuto esercitare i suoi compiti con coppie dello stesso sesso per ragioni di coscienza. Kwabena Peat, insegnante di una scuola di Londra, è stato sospeso e minacciato di licenziamento per aver protestato contro la trasformazione di un corso di aggiornamento obbligatorio per insegnanti in una piattaforma per l’introduzione nelle scuole dell’agenda dell’organizzazione gay Schools Out. Sheila Matthews è stata rimossa dalla commissione adozioni della contea di Northamptonshire per aver chiesto di astenersi in occasione delle votazioni per riconoscere l’abilitazione all’adozione di coppie omosessuali.

Ma la storia più umiliante l’ha raccontata Peter Hitchens sul Daily Mail: «Che dire di questa coppia di nonni disperati di Edinburgo? La loro figlia diventa tossicodipendente, e quando cercano di farsi affidare i nipoti, prima viene loro risposto in modo insultante che sono troppo vecchi e che i loro acciacchi li rendono inadatti al compito; quindi vengono informati che i bambini sono stati affidati a una coppia omosessuale, e vengono ammoniti che se obietteranno contro questa soluzione non li vedranno mai più».

Alle loro proteste per l’evidente violazione della libertà di coscienza e di espressione, i cristiani si sono sentiti rispondere da Trevor Phillips, presidente della Equality and Human Rights Commission, che devono scegliere fra la fede e l’obbedienza alla legge, e che le agenzie di adozione cattoliche devono fornire servizi anche a coppie omosessuali come chiede la legge. «I cristiani che vogliono sottrarsi alle leggi per l’eguaglianza sono come i musulmani che vogliono la sharia». Che genio, questo Mr. Phillips.
Twitter: @RodolfoCasadei

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