Il sostegno economico e militare degli Stati Uniti all’Ucraina deve andare avanti, ma deve essere accompagnato da un’iniziativa «diplomatica» altrettanto importante per porre fine al conflitto. È quello che trenta membri dell’ala più progressista del Partito democratico americano, tra i quali spicca Alexandria Ocasio-Cortez, hanno chiesto al presidente Joe Biden in una lettera.
La lettera dei progressisti a Joe Biden
Il presidente Usa deve «raddoppiare gli sforzi per cercare di disegnare una cornice realistica per il cessate il fuoco», scrivono consigliando di «valutare tutte le strade possibili, incluso un coinvolgimento diretto con la Russia».
La lettera dei democratici non è stata scritta in questo momento per caso. Tra due settimane si terranno negli Stati Uniti le elezioni di mid-term, che potrebbero far passare il Congresso in mani repubblicane. L’amministrazione Biden ha devoluto 66 miliardi di dollari di armi, aiuti economici e umanitari all’Ucraina ma parte della popolazione americana non è così convinta della strada seguita da Washington.
Kevin McCarthy, leader repubblicano alla Camera, ha saputo intercettare questo sentimento dichiarando che con i repubblicani Kiev non riceverà alcun «assegno in bianco». La lettera dei democratici mira a mettersi in pari con queste dichiarazioni ed è un’operazione più rivolta al fronte interno che a quello internazionale. Il sostegno all’Ucraina all’interno del Congresso al momento è bipartisan, ma le ultime prese di posizione americane non possono essere ignorate da Kiev.
Le critiche del Pentagono all’Ucraina
Non è l’unico, del resto. Nell’ultimo mese il Pentagono ha fatto trapelare la sua insoddisfazione per alcune modalità “avventate” con cui il governo di Volodymyr Zelensky ha condotto la sua pur legittima campagna difensiva contro la Russia. Soprattutto il Dipartimento della difesa americano non ha apprezzato l’attentato al Ponte di Kerch in Crimea.
Il presidente ucraino non è sordo a questi richiami e in un’intervista al Corriere della Sera li commenta così: «Abbiamo ricevuto alcuni segnali che ci hanno preoccupato. Però sembrano più messaggi politici interni agli Stati Uniti, legati al dibattito in vista delle elezioni di mid-term. Vedo tuttavia sia Repubblicani che Democratici decisi a continuare l’invio di armi».
«Non trattiamo con una pistola alla tempia»
Nell’intervista Zelensky ribadisce anche di essere disposto a trattare con la Russia, ma non «con una pistola puntata alla tempia» e non a qualunque condizione:
«I russi non intendono assolutamente fermarsi. Mosca esige che noi si riconosca la Crimea parte integrante della Russia e si accetti le repubbliche cosiddette indipendenti di Lugansk e Donetsk, inoltre vogliono tenersi Mariupol, tutta l’area lungo il Mare di Azov che hanno occupato. Sono condizioni che la società ucraina non può accettare: a Mosca lo sanno e quindi insistono per accusarci di boicottare il dialogo. La Russia tratterà solo quando avrà capito che non può vincere militarmente. Per arrivare alla pace bisogna isolare la Russia e batterla in battaglia».
L’unica soluzione alla guerra è diplomatica
Non è chiaro se il presidente ucraino abbia fatto questo lungo elenco per indicare implicitamente che alcune di queste condizioni potrebbero essere considerate da Kiev in un’eventuale trattativa. Mosca dovrebbe però fare la sua parte e mostrare di volere davvero sedersi a un tavolo (finora non l’ha mai fatto).
Non sembra esserci una reale alternativa al dialogo, per quanto difficilissimo, per porre fine al conflitto. Dal punto di vista internazionale, la rielezione di Xi Jinping alla guida del Partito comunista in Cina fa pensare che Pechino continuerà a sostenere politicamente Mosca, se pur senza alcun coinvolgimento militare.
La situazione sul campo, inoltre, suggerisce un prolungamento indefinito della guerra, che nessuno dei due eserciti è in grado di vincere. Anche se la controffensiva ucraina continua a dare i suoi frutti nell’est e nel sud del paese, con limitati ma importanti avanzamenti, l’esercito russo sta costruendo trincee e difese fortificate per evitare di affrontare i soldati di Kiev in campo aperto e così fiaccare la controffensiva durante l’inverno.
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