La “televisione beaujolais” che spaventò i salotti bene francesi
Parigi. “Non sarà una televisione Coca-Cola e nemmeno una televisione spaghetti. Sarà una televisione beaujolais, e il sabato champagne”. È il novembre del 1985 quando Silvio Berlusconi e i suoi partner francesi, il produttore Jérôme Seydoux e l’imprenditore Christophe Riboud, ottengono dal governo socialista di François Mitterrand, dopo veti e mugugni di alcuni ministri e grazie all’intercessione dell’allora presidente del Consiglio italiano Bettino Craxi, una concessione della durata di 18 anni alla holding France 5, compartecipata dai tre uomini d’affari, per poter introdurre nel panorama catodico francese una nuova rete televisiva.
L’avventura di La Cinq e l’ostilità della cultura francese
“Il più parigino degli italiani”, come lo descrivono i telegiornali dell’epoca, si presenta in conferenza stampa sorridente e charmeur, e in risposta ai commenti sprezzanti e ai nasi arricciati di una certa intellighenzia goscista che temeva la nascita di una “télé Coca-Cola”, tutta pubblicità e prodotti kitsch d’importazione americana, disse ai francesi che dovevano stare sereni perché il nuovo canale sarebbe stato frizzante e con il meglio del mondo dello spettacolo e del cinema made in France. Nacque così La Cinq, la televisione di Berlusconì a Parigi, un’avventura che durò soltanto sei anni in ragione dell’ostilità diffusa del mondo culturale e politico parigino (Jacques Chirac gli diede del “bottegaio italiano” e fece di tutto per intralciare Berlusconi), ma che oggi i francesi ricordano con nostalgia come una delle parentesi televisive più bella storia. Basta farsi un giro sui social per rendersene conto.
«Sono fiero di essere un figlio della Cinq e di essere cresciuto con lei, mi manca tantissimo oggi», scrive un utente su Youtube, sotto il video della prima trasmissione dell’emittente privata transalpina. «Una rete rivoluzionaria per l’epoca, all’avanguardia: serie inedite, film, sport, la prima che coprì lo Us Open di tennis dal 1986, poi Wimbledon, la prima che trasmise il football americano», scrive un altro. Era l’âge d’or, erano gli anni Ottanta, di cui Berlusconi fu il simbolo più luccicante e che gli spettatori francesi adoravano. Fin da subito, tuttavia, si alzarono le barricate della gauche caviar contraria all’arrivo di un “pubblicitario italiano”: gauche che era incarnata da Jack Lang, allora ministro della Cultura.
L’opposizione di Jack Lang a Berlusconi
«Contrario a La Cinq, Lang ha minacciato le proprie dimissioni dal governo. Considera Berlusconi come un colpo fatale alla politica socialista della “eccezione culturale”, quello strano impasto di protezionismo e finanziamento della creazione artistica nazionale che ancora oggi rende la Francia un paese a parte, con più cinema, più librerie, più sale da concerto e teatri di altre nazioni. I giochi ormai sono fatti. Mitterrand scrive a Lang una lettera che non prevede ripensamenti. “Non voglio uccidere nessuno, e meno che mai il cinema”, spiega il presidente. “Bisogna semplicemente che il cinema smetta di rimanere incollato al passato e si adatti alle nuove forme di espressione e concorrenza. Non sono presuntuoso, penso solo che il tempo mi darà ragione”», racconta Anaïs Ginori nel suo libro “Falsi Amici”, nel capitolo dedicato all’avventura francese di Berlusconi.
L’odio degli intellettuali parigini contro Berlusconi
Lang, assieme alla collega con delega alle Comunicazioni, Catherine Tasca (quella che nel 2002, da ministro della Cultura di Chirac, si rifiutò vergognosamente di incontrare Berlusconi al Salone del Libro di Parigi, quando l’Italia fu ospite d’onore), fu il più accanito oppositore di La Cinq. E anche lunedì, nel giorno della morte del “nemico” liberale che aveva portato l’“orribile” televisione commerciale in Francia, non si è smentito.
«L’uomo di cultura che sono non può dimenticare la sua azione nociva contro la cultura italiana e europea», «Il cinema italiano era uno dei più grandi e più belli del mondo. Le televisioni commerciali da lui dirette hanno contribuito a distruggerlo», «Da ministro della Cultura di François Mitterrand ho voluto che il cinema francese non subisse il destino tragico del cinema italiano», «Uno dei miei rari disaccordi con François Mitterrand è stato il fatto di essermi opposto al progetto di dare la concessione a Berlusconi nel 1986 per la futura rete privata La Cinq», ha twittato in successione Jack Lang.
Un concentrato di odio e di settarismo tipico di quel mondo intellettuale parigino sconnesso dalla realtà, isolato sulla sua torre d’avorio, che non ha mai capito il carattere rivoluzionario del progetto catodico berlusconiano: un modo di fare televisione che era invece amato dai francesi. Come quel programma mitico che fu Bains de nuit, durante il quale il celebre animatore televisivo Thierry Ardisson intervistava personaggi di spicco dell’universo artistico e culturale sullo sfondo della discoteca Les Bains Douches. Indimenticabile è l’intervista a Wim Wenders e Alberto Moravia seduti l’uno accanto all’altro. Un italiano e un tedesco che dialogano sui loro lavori in francese: simbolo di una “televisione europea” di cui Berlusconi è stato il pioniere.
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