Togliere a Berlusconi l’agibilità politica con la legge Severino? Ecco perché è incostituzionale
Domenico Aiello, autore di questo articolo, è avvocato titolare di uno studio legale con sedi a Milano, Roma, Bolzano.
Nei giorni scorsi importanti e autorevoli giuristi hanno affrontato l’argomento giungendo a conclusioni opposte sulla agibilità politica di Silvio Berlusconi. La cosa di per sé è fonte di preoccupazione non da poco. Siamo ormai da tempo assuefatti, abituati ad assistere a processi che discutono della libertà delle persone, ispirati e condizionati da giornali e media.
Siamo addirittura arrivati ad occuparci delle conseguenze e degli effetti di una sentenza, interpretando coram populo le diverse norme applicabili. Eravamo un paese di commissari tecnici, ci stiamo evolvendo: stiamo diventando un popolo di giudici e accusatori. È un dato inconfutabile, a prescindere dall’appartenenza a taluna parte politica in disputa, la spettacolarizzazione della giustizia non può più essere ignorata e gli artefici di questo stato di cose (magistrati, avvocati e giornalisti) devono mettere subito in agenda una profonda riflessione autocritica e porvi rimedio.
Siamo spettatori dell’ultimo inascoltato e allarmante sintomo di una Carta Costituzionale che non governa più adeguatamente l’amministrazione della giustizia, compito prioritario a cui è preposta. Il sistema giudiziario, nel suo complesso, tra i più evoluti della zona Euro ne paga le conseguenze in termini di perdita di autorevolezza e contraddittorietà delle proprie decisioni. L’intera magistratura scade di rappresentatività a causa di sparuti e isolati casi in cui perde terzietà e indipendenza, cedendo a lusinghe scandalistiche o di ispirazione politica. Il travaso di carriere, anche reversibile, tra magistratura e politica ne é la triste misura, degna di una instabile dittatura dell’America latina o sultanato del Sinai. Casi per fortuna nefasti e statisticamente trascurabili, minano da tempo la classe magistratuale intera e ne pregiudicano la credibilità. Ne parlava già Leonardo Sciascia ai suoi tempi.
Il caso caldo di fine estate sulla cosiddetta agibilità politica di Silvio Berlusconi, condannato per un reato estraneo alle cariche pubbliche ricoperte, è ancora una volta campo di battaglia delle opposte fazioni, che non perdono occasione per dar prova di esser pronte a sacrificare ogni conquista civica o tesoro democratico pur di raggiungere lo scopo utile.
Di fatto, ancor prima che sia adottata, abbiamo svilito e delegittimato agli occhi dell’osservatore straniero e dello stesso cittadino italiano la prossima decisione sulla “agibilità politica”. Difficilmente tale decisione potrà esser percepita come la definizione secondo giustizia di una questione giuridica, ma sarà probabilmente interpretata come la vittoria di questa o quella fazione politica ottenuta attraverso efficaci pressioni e strumenti elitari estranei alle forme del giudizio conosciute e concesse ai comuni cittadini.
Il senso di responsabilità, oggi più che mai, imporrebbe un atteggiamento opposto e magari di silente attesa, che ripristini e tuteli la terzietà, la serenità e l’indipendenza del giudicante alla vigilia di una decisione dagli effetti non trascurabili per il futuro della politica nazionale e della stessa stabilita economica del paese. Utopia!
Senza cedere alla tentazione di una superficiale analisi tecnica del merito della materia devoluta ai membri della Giunta delle elezioni e delle immunità del Senato, che mi esporrebbe al ciclopico confronto con i Presidenti emeriti della Corte Costituzionale già intervenuti, segnalo il rischio che corriamo in termini di garanzie penali e diritto di difesa. Rischio che vale per i cittadini tutti e con cui ci dovremo misurare all’indomani della decisione della Giunta, che in ogni caso segnerà un importante precedente.
Siamo pronti a depotenziare o addirittura sacrificare la “irretroattivitá della norma penale”? Ne abbiamo davvero compreso la portata o il rischio, come segnalato autorevolmente e congiuntamente dalle colonne del Corriere della Sera (3 settembre 2013) da Marcello Gallo, accademico dei Lincei e professore emerito di diritto penale alla Sapienza di Roma, e Gaetano Insolera, ordinario di diritto penale all’università di Bologna?
L’opinione comune non consente il mutamento delle regole a partita iniziata. Così pure il nostro moderno ordinamento giuridico almeno dalla Assemblea Costituente, 22 dicembre 1947, ha sempre rispettato l’architrave dell’articolo 25 cpv della Carta, difendendo la norma secondo cui «nessuno può esser punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso».
Indebolire questa fondamentale certezza giuridica vorrebbe dire involversi di oltre due secoli, non rispettare la Costituzione e nello stesso tempo violare apertamente la Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, (CEDU, 4 novembre 1950), che prevede: «Non può esser inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso» e la Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo (DUDU, 10 dicembre 1948) che due anni prima stabilì: «Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso».
Alla luce della successiva e copiosa giurisprudenza formatasi sulle fonti citate è interessante notare come la stessa Corte Costituzionale italiana ha affermato la diretta applicazione anche nel sistema giudiziario italiano delle norme convenzionali o sovranazionali, che ove non siano in conflitto hanno rango infra-costituzionale.
È ancora il caso di notare come i legislatori degli anni 1947-1950, nei fondamentali testi normativi richiamati, avessero in mente un tessuto sanzionatorio non evoluto, essenziale, che si articolava su sanzioni tipiche nel rispetto della nomenclatura classica del diritto penale del XIX secolo (detenzione o sanzione monetaria). Adatto ai tempi. Nel corso dei decenni il concetto di pena si è variamente evoluto, generando delle sanzioni atipiche, a forte connotazione afflittiva penale, e dunque indubbiamente punitiva latu sensu. Si pensi alle sanzioni amministrative, per società e dirigenti, alle confische per equivalente, alle misure reali e patrimoniali ed infine alle misure interdittive, di cui si discute. Tutte pene introdotte successivamente alla Costituzione e unanimemente ormai riconosciute nel catalogo delle sanzioni “penali”.
Sempre la Consulta nel giugno 2012, aderendo ad una interpretazione della Corte di Strasburgo, ha di fatto sdoganato le garanzie proprie del processo penale, estendendole ad ogni sorta di norma che di fatto preveda una sanzione afflittiva, e ciò indipendentemente dalla presenza di una titolazione “penale”. La Corte nel ritenere la garanzia della difesa interesse superiore rispetto al superato criterio di tipicità della pena, ha stabilito che bisogna andare «behind the appearances» (citando letteralmente Strasburgo) al fine di evitare la cosiddetta “truffa delle etichette”, attraverso cui era consentito “contrabbandare” come norma non penale una qualunque sanzione a forte contenuto punitivo.
È infine pure agevole sostenere, e comprendere, come ipotizzare l’esproprio e la confisca di un diritto (che deriva direttamente dalla volontà del popolo) sulla base di una norma successiva alla commissione del fatto, rientri a pieno titolo nella ipotesi di tentata truffa delle etichette stigmatizzata dalla Corte di Strasburgo perché lesiva dei diritti dell’individuo e del processo penale moderno.
Dunque, in conclusione, restando fedele al proposito di non entrare nel merito delle diverse questioni giuridiche prospettate dalle opposte fazioni (tra le più importanti: la violazione delle prerogative costituzionali delle Camere e la mancanza di delega sul regime transitorio della normativa Severino, che caso vuole sia proprio una norma adottata dal Governo sulla base degli obblighi di appartenenza dell’Italia all’Onu) ritengo non valga assolutamente la pena sacrificare un paio di secoli di storia e sviluppo giuridico, per ottenere un qualunque scopo di parte, per quanto nobile e condivisibile possa essere. Cui prodest scelus!
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12 commenti
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Nella prima foto ha la stessa espressione della D’Urso…e questo e’ tutto dire…
Evidentemente, Pannella ha imposto a B. il “pacchetto” completo. Do ut des. A questo punto, se tutti i quesiti venissero ammessi a referendum, elettori SVEGLI potrebbero non ritirare le schede relative ai temi “non negoziabili”, o sui quali comunque non fossero d’accordo. Personalmente, anche se proposti dai Radicali (che aborro!), mi auguro che i referendum c.d. sulla giustizia possano farcela. Non ne posso piu’!
Un grande ringraziamento ad Alessandro, Monica e Valeria per le loro parole pacate, assai rare negli interventi su Tempi, dove si ricorre troppo spesso ad offese grevi ed accuse reciproche. Si può esprimere il proprio parere con buona ducazione.
Ti ringrazio. Credo fermamente che per far comprendere agli altri le proprie ragioni, posizioni e convinzioni, il primo punto saldo è l’educazione e la pacatezza. Solo così si comunica all’interlocutore che si crede talmente tanto in ciò che si sta esprimendo che non c’è bisogno di insultare o prevaricare sugli altri. Il risultato altrimenti sarebbe l’opposto. Purtroppo la classe politica ( e ora faccio di tutta l’erba, quella apparsa sui grandi media ovviamente, un fascio) non è di grande esempio recentemente, così come in altri comportamenti. Ha prolungato il sentimento di distruzione dell’avversario della fase elettorale, continuando a ripetere le stesse cose e scherendo gli avversari politici. E’ una cosa che ho notato anche a scuola, durante dibattiti politici o religiosi (per chi non l’avesse capito ho 20 anni): coloro che riescono ad esprimere nella maniera più pacata le proprie considerazioni, sono quelle che credono maggiormente in quello che affermano. Ovviamente sottolineo “CREDONO”, poichè non sempre sono quelli ad avere la verità dalla propria parte e allo stesso tempo non vorrei avere l’arroganza in questa sede di affermare di essere il depositario di una verità assoluta. Credo solo in quello che affermo. Fortunatamente ho avuto una famiglia che, insieme alla tradizione cristiana, è riuscita a trasmettermi anche l’empatia e la facoltà di ascoltare, comprendere (senza per forza fare proprie) e rispettare le idee altrui.
Concordo pienamente con Alessandro e Monica; segnalo, inoltre, che tra i referendum firmati da B. vi è anche quello per il divorzio breve e per la riduzione dell’Otto per mille, che taglia i fondi a disposizione della Chiesa italiana per le opere di carità; e tutto con il voto (anche alle ultime elezioni) di tanti cattolici che sbandieravano la difesa da parte di B. dei valori non negoziabili!
Ricordo le discussioni su questo sito nelle quali tanti lettori sostenevano che non era importante la vita privata (ed accusavano di ipocrisia e moralismo) ma quel che poi un politico avrebbe fatto: ecco, ora vediamo cosa fa!
Ti ringrazio! E ti ringrazio nuovamente anche per la puntualizzazione sugli altri due referendum, me li ero dimenticati 🙂
Gente, c’e’ un popolo che ama la liberta’ ma non nella sua deriva piu’ radicale dove la liberta’ diviene schiavitu’ (del sesso, della droga, dei sentimentalismi, dei propri diritti in genere senza doveri, del proprio ego ecc.) che non sa piu’ chi votare! Aiuto! Urgono persone preparate e con sale in zucca che difendano il vero bene comune! Ce ne saranno? Se non ce ne fossero probabilmente molte,come me, non andranno a votare perche’ non saprebbero per CHI votare!
Berlusconi ha trasformato (o forse confermato) che quello che rappresenta non è il Popolo DELLA Libertà, ma il “Popolo” DELLE Libertà: in una vocale cambia tutto il significato politico e ideale di un movimento politico.
Ma la disputa – da quello che ho letto finora sui giornali – e’ proprio sul fatto che la decadenza della legge Severino sia di natura penale o amministrativa: e non mi pare siano molti quelli che la considerano di natura penale, al limite di natura amministrativa sebbene di tipo afflittivo. Berlusconi paga la mancata riforma della giustizia.
Sono cattolico convinto ed è per questo che leggo Tempi continuamente. Mi aggiorno su tutte le pagine di guerra, ingiustizie religiose, libertà religiosa, diritto alla vita. Ma le pagine di politica proprio non le riesco a sopportare. Continuano in una estenuante difesa di una causa persa. Forse B. è stato realmente ingiustamente accusato e consecutivamente condannato. Senza dubbio nei suoi confronti c’è un accanimento da parte di alcuni magistrati faziosi politicamente. Vorrei però soffermarmi su altri particolari della sua persona. Di tutti i processi a cui ha partecipato, e non mi riferisco solo a quelli Mediaset, ce ne sarà pure qualcuno nel quale è veramente coinvolto. Inoltre ritengo la sua posizione indifendibile, poichè anche il SUO accanimento è politico. B. non risponde dimostrando la sua innocenza, ma utilizza la politica per farsi da scudo. Sinceramente dubito che tutti i magistrati e giudici dei suoi processi fossero TUTTI comunisti e che soprattutto, da giuristi, abbiano messo da parte tutte quelle leggi che hanno abbracciato e studiato per tutto quel tempo per arrivare fin lì, per avere una vendetta politica, fregandosene di quello in cui credono, TUTTI. Inoltre, processi a parte, non capisco come, da cistiani, possiamo continuare a difendere l’arroganza di come B. esprime le proprie idee, da qi a qualche anno. Forse qualcuno ha paura che con questi processi perda l’elettorato. Io, invece, credo che rafforzi quel suo elettorato -ista. (Mettete voi l’aggettivo, uno qualsiasi va bene, tanto come insegnano alle elementari: qualsiasi -ismo è sbagliato). L’elettorato vero, l’ha perso già da tempo, quell’elettorato non privo di pensiero e di logica, ha perso fiducia in lui, quando ha iniziato a perdere credibilità come persona. Perchè qualunque cosa diciate su: “Sono affari suoi personali ciò che fa nella sua vita”, quando uno fa poitica la prima cosa che fa alle elezioni è vendere la propria immagine. E, sinceramente, votare una persona arrogante, venale, maliziosa, supponente, non è da cristiani; accetteremmo il fatto e daremmo il segnale all’intero paese che ci va bene così. Io abbraccio completamente gli ideali di quella destra “storica”, quella un pò conservatrice, quella un pò da DC, non quella che accetta e stimola alla maleducazione il proprio popolo. Ed è per questo che alle ultime elezioni non ho votato B. Semplicemente per il fatto che questa mia destra non ha più senso di esistere e non esisterà fino a che gran parte dei parlamentari di destra che hanno rilevanza mediatica continueranno a difendere posizioni indifedibili. Ma a pochi di questi importa veramente il paese, pensano sono alle future elezioni e a come vincerle senza il loro leader. Intanto quella destra che dovrei votare propone leggi, vedi quella sull’omofobia, lontane del mio pensiero. Oppure ancora si veda lasottoscrizione di B. alla proposta di referendum dei RADICALI. Solo per avere appoggio da loro, ha accettato di firmare anche quelli sulla legalizzazione delle droghe e sull’immigrazione. E, anche se l’ha fatto “pur non essendo d’accordo li firmo, per dare la possibilità agli italiani di scegliere”, si sa già che non finirà bene; vedi come sono finite altr referendum nei quali si sperava nel buon senso e nel senso civico e umao dei cittadini, come aborto. Senza contare le continue “minacce” velate di far saltare il govero, un governo imperfetto, ma che sta CERCANDO di fare qualcosa per il paese. Morale della lunga digressione e immagino anche molto criticata, figuriamoci se appoggiata: personalmente se non ci fosse B. a capo del PdL e senza altri esponenti ipocriti, sarebbe un partito migliore e degno di rappresentare gli italiani.
Ma se anche per fare il bidello non devi avere non solo una condanna passata in giudicato ma addirittura nessun processo penale in corso perchè non dovrebbe valere anche per le alte cariche dello stato? Le sentenze si rispettano. Altrimenti perchè i cittadini comuni dovrebbero rispettarle? Valgono meno? Scendo giù al bar, faccio una rapina e poi chissenefrega! I problemi e il futuro dell’Italia legati ormai ad un politico finito. Basta, è ora di cambiare per il bene di tutti!