Benzina, armi, potere e massacri. Così lo Stato islamico si è conquistato il favore delle tribù di Iraq e Siria

Di Redazione
28 Novembre 2014
I governi iracheno e siriano insieme agli americani non sono in grado di offrire di meglio. Ecco perché «una rivolta su larga scala contro lo Stato islamico resta pura fantasia»

Lo Stato islamico non avrebbe mai potuto conquistare oltre 130 mila chilometri quadrati di territorio tra Iraq e Siria, un impero più esteso della Gran Bretagna, se non fosse stato in grado di guadagnarsi con le buone o le cattive il favore delle tribù locali.

DIVIDE ET IMPERA. Molte tribù della parte orientale della Siria e di quella settentrionale dell’Iraq rappresentano le istituzioni sociali più potenti dei due Paesi. Queste a loro volta sono divise in clan e lo Stato islamico, come riportato dall’Associated Press, è stato abile a dividere i clan tra di loro per meglio controllarli.

«POTREMMO COMBATTERE INSIEME». Nella provincia di Deir Ezzor, ad esempio, una delle tribù più importanti è quella di Ogeidat. Uno dei suoi clan principali, Bu Jamel, si è sempre opposto ai terroristi, mentre i Bakir si sono fatti convincere ad allearsi. «Sanno come fare», spiega Abu Ali al-Badie, leader tribale della provincia di Homs. «Loro vengono da te e ti dicono: “Perché combattete contro altri musulmani? Noi possiamo offrirvi armi, macchine, fucili e potremo combattere insieme”. Poi ti regalano carburante e diesel. Portano il necessario per nutrire il bestiame e costruiscono pozzi a loro spese per le tribù, dicendo: “Altri non si sono occupati dei vostri bisogni”».

hit-anbar-iraq-stato-islamicoSTERMINI. In questo modo i terroristi si sono conquistati il favore della maggior parte delle tribù siriane e irachene. Altri leader sono stati convinti dopo aver ricevuto posti di rilievo e di potere nel Califfato, pur mantenendo il controllo delle proprie aree per conto dell’Isil. Allo stesso tempo, le tribù che si sono rifiutate di allearsi sono state sterminate.
È il caso della tribù Shueitat nella Siria orientale: tra i 200 e i 700 membri sono stati giustiziati in massa. Stessa sorte è toccata alla tribù Al Bu Nimr della provincia irachena di Anbar. «Tutti scappano o si nascondono», ha testimoniato Abu Ali al-Badie, un leader di Al Bu Nimr. «Ci hanno detto che ci lasceranno in pace solo quando ci uniremo alla loro battaglia contro il governo iracheno».

«RIVOLTA? PURA FANTASIA». Poiché né il governo iracheno e gli americani in Iraq, né il regime di Bashar Al Assad in Siria, sono in grado o intenzionati a offrire qualcosa di meglio, alla maggior parte delle tribù non resta che unirsi allo Stato islamico. «Per il momento», afferma Haian Dukhan, ricercatore del Centro di studi siriani dell’Università di St. Andrews, «se le cose resteranno così, penso che una rivolta su larga scala contro lo Stato islamico resti solo una pura fantasia».

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