L’attentatore del Bataclan: «L’islam trionferà con o senza di noi»
Parigi. Ha detto di non aver fatto male a nessuno, «nemmeno un graffio», e che se lo liberassero domani non sarebbe «un pericolo per la società». Mercoledì, il superimputato del processo sugli attentati jihadisti del 13 novembre 2015, Salah Abdeslam, si è presentato davanti ai giudici in camicia bianca e barba lunga, ribadendo nuovamente la sua fedeltà allo Stato islamico e attaccando gli inquirenti citando Voltaire: «Dall’inizio di questo processo, sono stato continuamente calunniato. “Calunniate, calunniate – consigliava Voltaire – Qualcosa alla fine resterà”».
Dall’alcol alla paura di Allah: «Mi sentivo in colpa»
A quattro mesi dalla prima audizione, l’unico sopravvissuto del commando dell’orrore, che provocò 130 morti tra il Bataclan, lo Stade de France e alcuni bistrot di Parigi, è stato più loquace dinanzi ai giudici e agli avvocati delle parti civili che cercavano di metterlo di fronte alle sue contraddizioni, alla sua ambivalenza, provando a capire perché un ragazzo come lui, che amava le discoteche e le serate a base di alcol, hashish e ragazze in abiti succinti, è scivolato bruscamente verso l’islam radicale.
«La paura. Il timore. Ho paura di Allah, dell’inferno, delle punizioni. Non ero un frequentatore assiduo della preghiera, mi piaceva fare la festa, non prestavo attenzione al mio signore. La guerra mi ha avvicinato a lui», ha dichiarato Abdeslam, prima di aggiungere: «È la mia umanità che ha orientato il mio sguardo verso l’Oriente, in Siria. All’inizio, non era una cosa religiosa. Vedevo queste persone soffrire, mentre io mi trovavo in una situazione di comfort, occupato a godermi la vita. Mi sentivo in colpa. Continuavo la vita di tutti i giorni, non riuscivo ad andare in Siria a causa dei miei legami in Belgio, della mia ragazza… La sera, mi capitava di piangere pensando ai miei fratelli in Siria. Sapevo di essere dalla parte del torto».
«Ci aggrappiamo alla sharia come voi alla democrazia»
Quando i giudici gli hanno chiesto di fornire maggiori informazioni sul suo ruolo nell’organizzazione degli attentati, Abdeslam ha risposto che lo farà «più tardi», tagliando corto sul viaggio organizzato nell’estate del 2015 in Grecia, dove potrebbe aver incontrato i leader del commando jihadista. «È stato un road trip. Ci siamo fermati in Italia, abbiamo mangiato la pasta, avevamo bisogno di respirare. Poi siamo andati in Grecia, abbiamo visto diverse isole e questo è tutto», ha affermato.
Nato a Molenbeek, periferia multietnica di Bruxelles, nel 1989, Abdeslam è apparso come un uomo tormentato dall’incapacità di adempiere ai suoi «doveri» di musulmano, di rispettare i princìpi della sharia, pur difendendola come l’unica legge senza difetti, al di sopra di tutte le altre. «La legislazione di Allah è perfetta. Se si applica un’altra legge, ciò vorrebbe dire che un’altra persona è più idonea a legiferare rispetto ad Allah. È un’offesa. Dunque, ci aggrappiamo alla sharia così come voi vi aggrappate alla vostra democrazia. Non molleremo mai», ha dichiarato il terrorista di origini marocchine.
«L’islam trionferà con o senza di noi»
Rispetto al fratello Brahim, non si è fatto saltare in aria la sera del 13 novembre 2015: ha rinunciato all’ultimo momento. «Ho fatto marcia indietro», ha confessato Abdeslam ai giudici, scartando dunque definitivamente la pista della cintura esplosiva difettosa. Oggi, è rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Fleury-Mérogis, a nord di Parigi, ed è consapevole del rischio di doverci passare tutta la vita. Tuttavia, ha tenuto a spiegare in aula la sua curiosa idea di giustizia: «Capisco che la giustizia voglia dare un esempio con me e le altre persone, ma si manda anche un altro messaggio. In futuro, quando ci sarà un individuo che si ritroverà in una metropolitana o in un autobus con una valigia piena di 50 chili di esplosivo e che all’ultimo momento dirà “In verità non voglio farlo”, questo individuo non avrà il diritto di pensarci, altrimenti sarà rinchiuso o ucciso», ha detto Abdeslam, prima di esplodere il suo odio verso l’Occidente.
«Ha imposto la sua ideologia e i suoi valori al resto del mondo. Molti musulmani vengono uccisi a partire dalle basi militari occidentali nel mondo arabo. Per noi musulmani, è un’umiliazione». Il terrorista di Molenbeek ne è sicuro: «L’islam trionferà con le buone o con le cattive, con o senza di noi».
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