«Andare in piazza a difendere l’articolo 18 non serve a nulla. È un feticcio del passato che non porta lavoro a nessuno»

Di Matteo Rigamonti
19 Settembre 2014
«Non servono riforme "pasticciate", calate dall'alto. Meglio fare da sé, con la contrattazione decentrata, che attendere i tempi da anni 70 della politica e i sindacati italiani». Intervista a Luigi Recupero (Ugl)

Il dibattito sull’articolo 18 è un «feticcio», fumo gettato negli occhi dei cittadini, secondo il segretario regionale dell’Unione generale del lavoro (Ugl) in Lombardia Luigi Recupero. Perché i problemi reali della gente, così come pure degli imprenditori, sono ben altri. Si tratta, più che di discutere se “licenziamento sì” o “licenziamento no”, di come portare un’azienda fuori dalla crisi. Ecco perché, come spiega Recupero a tempi.it è «importante che i sindacati non vadano in piazza per questo». Sarebbe un errore strategico e, molto probabilmente, rimarrebbero «inascoltati».

Recupero, l’articolo 18 è da cancellare?
A quanto mi risulta, l’articolo 18 è già stato quasi completamente depotenziato dalla riforma Fornero. Perciò, non dovrebbero esserci troppe difficoltà a spazzarlo via del tutto… io credo, piuttosto, che il dibattito sull’articolo 18 sia utilizzato strumentalmente, come un feticcio, per spostare la discussione dal vero problema che ha l’Italia: e cioè che non basta cambiare le regole per creare nuovi posti di lavoro. Del resto, sfido chiunque a dimostrarmi tecnicamente come ciò sia possibile, semplicemente cancellando l’articolo 18. È impossibile.

E allora come si riporta il lavoro in Italia?
Al governo dobbiamo chiedere l’unica cosa che ha il potere di fare, e cioè di ridurre le tasse e il costo del lavoro. Ma per farlo occorre che lavoratori e datori di lavoro, sindacati e associazioni di categoria, scendano in piazza uniti. Altrimenti non li ascolterà nessuno. Anche perché, mi scusi, è inutile che si mettano gli uni contro gli altri sull’articolo 18. Sarebbe un errore colossale lasciare che il governo si intrometta su questo punto tra di loro. Molto meglio cominciare a cambiare da soli, senza chiedere a nessuno di modificare le regole.

Le istituzioni vi seguiranno?
Il punto è che il tradizionale sistema delle rappresentanze, dalla politica ai sindacati, alle associazioni di categoria, è bloccato da logiche un po’ troppo “anni ’70”. E io ripongo in esse la stessa scarsa fiducia che ho nei confronti dello Stato perché cambino sul serio qualcosa. Fortunatamente, però, esse non rappresentano più la maggioranza delle pmi e del ricco tessuto produttivo italiano. È con queste aziende che noi dobbiamo ripensare gli impianti contrattuali, innovando in base a quelle che sono le loro reali esigenze, senza ricorrere ai soliti filtri del passato.

Cosa chiedono le aziende?
Contratti nazionali innovativi e minimali, coerenti alle esigenze produttive delle aziende e ai parametri del mercato; contratti che, però, deleghino l’attuazione dei singoli contenuti dell’accordo coi lavoratori alla contrattazione di secondo livello, ispirandosi a principi di maggiore flessibilità e autonomia. Ed è per questo che non c’è affatto bisogno di riforme “pasticciate” e calate dall’alto. Noi ne abbiamo già stipulati tanti di contratti di questo tipo e sappiamo come si fa. Sono soluzioni che gli accordi interconfederali vigenti tra i sindacati, che pure colgono che è proprio questo il punto rivoluzionario di oggi, non riuscirebbero mai a concludere. Perché, così facendo, correrebbero il rischio di andare incontro a una situazione che non sarebbero in grado di gestire.

In concreto cosa vuol dire?
Le faccio un esempio: se una cooperativa vince un appalto sottocosto, come, purtroppo, accade sempre più spesso in Italia, è possibile che, per portare a termine la commessa, essa sia costretta a frodare la normativa vigente sui contratti; perché, se la seguisse per filo e per segno, molto probabilmente, non starebbe sul mercato. Ciò che noi stiamo già facendo da un po’ di tempo è trovare soluzioni condivise tra i datori di lavoro e i lavoratori che, in cambio di qualche sacrificio, possano partecipare alla gestione dell’azienda, attraverso le modalità che la legge prevede per loro. Perché, va bene fare i sacrifici, ma a fronte anche di risultati. Un altro esempio è la possibilità di trasformare la quattordicesima in un premio di produzione, così che non si spalmino a pioggia risorse, ma le si utilizzino come incentivo al merito.

@rigaz1

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7 commenti

  1. Ale

    Legge 564 / 94 . Servizio delle Iene sui sindacati.. Si aumentano gli ultimi stipendi prima di andare in pensione e godono di una pensione maggiorata, che non corrisponde ai contributi realmente versati, mentre noi comuni mortali siamo obbligati a versare tutto per non vedere mai niente. Le Iene svelano il giochetto ovvero fingono assunzioni al sindacato anche per i loro parenti ..per allargare il giochino a tutta la family. Poi si riempiono la bocca che difendono gli interessi dei lavoratori, siedono ai tavoli di contrattazione con i governi..e se perdi il lavoro ti aiutano ad avere il TFR.. ma vogliono il 10% , senza fattura. Confermo l’art.18 e’ un feticcio ed i lavoratori valgono il 10% del loro TFR. Quindi più fine rapporto più guadagno…per i sindacati.

    1. mike

      anche fossero vere le magagne dei sindacati, da ciò non deriva automaticamente che l’art.18 vada abolito. non diciamo cazzate per piacere, i giochi di parole bisogna farli bene. non come in questo caso.

      1. Ale

        Premesso che sono vere, non sono magagne, ma leggi fatte ad hoc per alcune “caste” e che non sono una cosa da poco, visto che tanti prenderanno e prendono pensioni non corrispondenti a quanto versato di contributi, mentre un domani io, come tutti quelli della mia generazione NON L’AVREMO, GRAZIE A QuESTI FURBI!!! Lo sai Mike chi mantiene l’INPS ??? Le aziende private ed i lavoratori di questo settore, e scusa tanto, ma è un dato di fatto che sono meno tutelati dei dipendenti pubblici. Nel privato o vali o altrimenti un’azienda, giustamente, non ti tiene a scaldare una sedia o a sbagliare commesse. Il settore pubblico e’ super sindacalizzato come le grandi aziende. Inoltre mi spieghi perché pur avendo un codice fiscale e da quel che so partita IVA …il 10% sul TFR o su DISOCCUPAZIONE e lo pretendono senza dover emettere fattura?! Hai una vaga idea di quanti soldi prendono e SOPRATTUTTO CHE LI PRENDONO DA GENTE CHE HA PERSO IL LAVORO ED È MESI CHE NON VEDE UN SOLDO!!!!! La gente stupidamente si rivolge loro, in condizioni di bisogno, quando le aziende chiudono e firma fogli su fogli, spesso senza avere niente di quanto firmato . Poi ti chiamano per avere il 10% su un qualche cosa che ti spetta per legge tutto, senza dover dare 10% a nero. Poi un’altra chicca i sindacalisti, non tutti ma tanti, sono riusciti a mettere per primi le manine, a proprio favore, sui fondi destinati all’agricoltura e alla ristrutturazione di fondi e case di campagna… Lo so da gente che lavora nei patronati e sa cosa fanno nei sindacati. Due cosa diverse, anche se la gente non lo sa. Credimi i sindacalisti sono una casta e sono peggio di Renzi, che non ha le mie simpatie.

  2. stefano

    Ma che razza di ragionamento e’ questo? Come dire, siccome il problema dell mancanza di lavoro e’ un’altro, beh allora possono fare tutto quello che vogliono? Signor. Rigamonti ma dove ha lasciato il cervello oggi? Sul comodino? Proprio perche’ la rimozione dell’articolo 18 non crea automaticamente posti di lavoro quale ragione c’e’ di rimuoverlo? Io dico la gente ha perso il senno oramai.

  3. giuliano

    il sindacato, specialmente quello comunista, ha distrutto l’economia di questo sventurato paese. Quindi ora sono passati alla fase 2, ovvero la distruzione della identità del popolo utilizzando la immigrazione islamica di massa (fateci caso nessuno si oppone neanche a regolamentare la spaventosa entrata clandestina di 1000 islamici al giorno), e favorendo la diffusione di teorie sulla identità di genere che distruggono la formazione umana di ragazzi e ragazze. Bastardi

    1. mike

      la prima fase, distruzione dell’economia, è stata raggiunta anche rendendo il lavoro più precario e utilizzando pure i contratti a termine. de facto abolendo l’art. 18. il quale se viene abolito de iure poi sarà peggio (=il caporalato ossia lavori se ad un imprenditore servi, sennò cavoli tuoi per campare).

      sul gender conviene dire la cosa principale che è che più omosessualità c’è meno figli si fanno. in tal senso si spiega meglio l’economia che non va. vogliono pian piano sostituirci coi musulmani o comunque de-cristianizzarci. semplificando, le vie sono due: meno figli noi (in ogni modo possibile) e immigrati che vengono aiutati e che di certo non sono cristiani.

      restando in tema, abolendo l’art.18 si farebbe un grave errore.

  4. Jens

    Ma perché ogni tot tirate fuori ste storie? Pure i deficienti hanno capito che l’articolo 18 serve solo ai sindacati come ragione di esistere e dunque di battere cassa. Se no come fanno a campare? Poverini, avranno anche loro il diritto di guadagnarsi il pane onestamente…

    Potere dei sindacati: prima lo riducono/sopprimono, meglio è (per tutti!)

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