Ancora scontri in Egitto: otto morti. Premier: «Controrivoluzionari»

Di Redazione
19 Dicembre 2011
Ieri sono avvenuti gli scontri più sanguinosi da novembre davanti alla sede del governo. I manifestanti chiedevano le dimissioni del governo e l'abbandono del potere da parte delle forze armate. I soldati li hanno attaccati: otto morti e 300 feriti. Il premier Ganzuri: «L'Egitto ha bisogno dell'unità, siete dei controrivoluzionari»

È di otto morti e 299 feriti il bilancio ufficiale degli scontri tra polizia e manifestanti scoppiati venerdì davanti alla sede del governo egiziano, al Cairo. Altre fonti parlano invece di almeno 10 morti e 500 feriti. Per il governo ha parlato un collaboratore del ministro della Sanità. Sono gli scontri più sanguinosi dopo le violenze di piazza dei cinque giorni di novembre in cui caddero 40 persone. Fonti della sicurezza hanno riferito che i soldati sono intervenuti questa mattina per sgombrare il sit-in di protesta davanti alla sede del governo e hanno arrestato diversi manifestanti.

Il premier egiziano, Kamal al-Ganzuri, ha attaccato i manifestanti coinvolti negli scontri di venerdì al Cairo, definendoli «controrivoluzionari». «Quella che si trova a piazza Tahrir» ha affermato alludendo ai giovani che contestano la sua nomina e chiedono un passo indietro del Consiglio supremo delle forze armate, «non è la gioventù della rivoluzione» del 25 gennaio. «Questa non è una rivoluzione ma una controrivoluzione» ha dichiarato in una conferenza stampa Ganzuri, che era stato premier sotto Mubarak dal 1996 al 1999.
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Il capo del governo insediatosi il 7 dicembre ha incolpato i manifestanti per la degenerazione degli scontri di venerdì. «Un giovane è stato colpito e ha ricevuto un trattamento illegale e i giovani hanno diritto di chiedere giustizia per questo» ha affermato. «Però dopo sono usciti giovani che hanno incendiato auto, edifici annessi al Parlamento e la sede del Consiglio dei ministri. Senza l’intervento delle forze armate». Ganzuri ha poi lanciato un appello: «L’Egitto vive una fase che ha bisogno dell’unità di tutte le forze politiche e dei gruppi sociali».

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