Cari amici di Tempi, prima di tutto voglio dire che non m’intendo di finanza, di borsa e affini, ma il can can dietro l’operazione Colaninno Telecom mi fa fare alcune riflessioni e mi fa porre delle domande. Partiamo dalle domande: cos’è il mercato? Quale mercato ha giudicato le operazioni di Colaninno prima e adesso? Chi comanda il mercato e chi comanda le aziende? I piccoli investitori che ruolo hanno? E i grandi investitori? A cosa servono i quattrini? A cosa le aziende? E a cosa serve il lavoro dell’uomo? Molti giornali sono intervenuti con commenti deterministici e categorici rispetto al giudizio inoppugnabile del mercato, attribuendo ad esso valore assoluto, assoluto e insidacabile, senza possibilità di giudizio alcuno. Anche questo è regime, regime come quello del Superenalotto, dove ci si abitua a tutto in funzione di facili guadagni. Naturalmente questa è la logica del “piove sul bagnato”, cioè è inevitabile che l’investimento sia sicuro, garantito e di qui la garanzia è il potere sotto forma di fatturato e concentrazioni. Non so perché la City ha dato del ladro a Colaninno, ma i casi sono due: o è vero – e mi chiedo allora perché in Italia si stia sempre a guardare – o non è vero – e mi chiedo perché in Italia si stia comunque sempre a guardare e cavalcare la groppa del più forte. Il perché è proprio in quella parola che può dire tutto o nulla: potere. Secondo me è necessario che chi per grazia ricevuta ha capito che la vita è molto, molto di più (anche se lì per lì sembra solo qualcosa di più), rifletta anche sui grandi schemi per sfidarli con sistemi fondati sulla persona, che non sono schemi, ma possibilità nuove per l’uomo moderno di costruire una civiltà fondata sulla libertà. Non si può non riconoscere come novità il nostro/vostro tentativo, quindi affidiamoci l’un l’altro e gustiamo la novità accadutaci sfidando noi stessi e il mondo.
Grazie a tutti.
Ciro Pica, Milano L’ineffabile Lafayette – le cui vere generalità resteranno chiuse nelle nostre casseforti – ci offre proprio in questo numero qualche spunto per orientarci nel Risiko della nuova stagione. Stagione in cui, come sapeva Ungaretti, che siano in trincea, sul bordo di una piscina (come accadde in quel del ’92 – vigilia del repulisti di Mani Pulite e avvisi di mafia per Andreotti – quando dal bordo di una piscina, il finanziere George Soros – uno degli attuali grandi amici americani di mister D’Alema – diede ordine ai suoi di speculare contro la lira, fece bruciare 40mila miliardi all’allora presidente di Bakitalia Carlo Azeglio Ciampi e traballare la poltrona dell’allora presidente del Consiglio Giuliano Amato), in una lista dell’archivio Mitrokhin o primi tra pari in un governo, gli uomini stanno “come d’autunno, sugli alberi le foglie”.
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Gentile direttore, vorrei raccontarle quello che è successo a mia madre riguardo la terapia Di Bella. La scorsa estate ebbe delle perdite sanguigne e dolori al ventre: a settembre si fece visitare e si decise per l’asportazione di utero e ovaie. Successive analisi hanno evidenziato la presenza all’interno dell’utero di un leiomiosarcoma. E qui il buon Dio ci diede una mano, mettendoci nelle mani di medici che pensarono bene di non spiegarci la gravità della situazione, soprattutto la pericolosità di un tumore come il leiomiosarcoma. Una radiografia di controllo, questo è tutto quello che chiesero a mia madre. Poi scoprimmo che in questi casi è d’obbligo un ciclo di radioterapia: ma Qualcuno aveva in mente altri progetti. Nel mese di aprile di quest’anno ci furono nuove perdite e dolori; un immediato ricovero in ospedale evidenziò una recidiva forma di leiomiosarcoma (ovviamente!) che interessava la parte alta della vagina, la vescica e il retto: una massa tumorale del diametro di ben 9 centimetri. Con una operazione la massa tumorale veniva asportata (12 aprile). Per i non addetti ai lavori c’è da dire che questo tipo di tumori si infiltrano nei tessuti, quindi le operazioni di asportazione sono solo palliative e vengono eseguite laddove la massa tumorale è abbastanza localizzata e concentrata, altrimenti nemmeno si opera. A questo si può aggiungere che il leiomiosarcoma è un tumore che si diffonde per via ematica (cioè non si può sapere dove rinasce) e che il suo sviluppo è particolarmente rapido e violento. Un bel quadretto, non c’è che dire. E se ne è accorta anche mia madre. Un mese dopo l’asportazione, nuovi dolori e perdite ematiche; la Tac evidenziò (13 maggio) una nuova passa tumorale del diametro di 12 centimetri: in solo un mese! Uscì dall’ospedale con un elenco di antidolorifici e la certezza che la medicina ufficiale aveva dato il suo verdetto: nella situazione attuale non si potevano fare né chemio, né radio-terapia. Così, nonostante il consiglio di alcuni esperti contattati, provammo con la cura Di Bella. Mi ricordo che mia madre cominciò di sabato. Già allora prendeva antidolorifici per coprire con essi l’intero arco delle 24 ore (Toradol 10, per gli esperti). Ogni tanto era costretta ad aumentare la dose (Toradol 30). Il mercoledì successivo cominciò a sentirsi meglio. Nei giorni seguenti migliorò a vista d’occhio. Anche i dolori cominciarono a diminuire, fino a scomparire. Ora sono circa due mesi che non prende più antidolorifici. La Tac fatta due settimane fa ha evidenziato una massa tumorale di 6 centimetri di diametro. E mia madre conduce una vita pressoché normale. Il dottore che ci segue per la terapia Di Bella ha affermato che la maggior fortuna è stata proprio il fatto di non poter fare né chemio né radio-terapie. Il mio commento a margine della vicenda è il seguente: in Italia l’unica libertà attualmente esistente è quella dei medici degli ospedali pubblici di poter portare avanti le cure “ufficialmente” riconosciute. In quanto alla terapia Di Bella, il fatto che il Ministero della Sanità sia contrario è per me già un serio motivo di credibilità per il prof. Di Bella. Senza contare i riconoscimenti internazionali che la sua terapia comincia ad avere.
Cordiali saluti, Grazie a tutti.
Giovanni Passali, lettera pervenuta via Internet L’utilità della cura Di Bella ha trovato più smentite che conferme. Sul caso specifico non abbiamo opinioni, semplicemente ci limitiamo a registrare un fatto, che parrebbe una smentita alle smentite. Quanto alla Ministra, sottoscriviamo la sua considerazione: e per educazione, e per partito preso (il Ppi), Rosy Bindi ha una bigotta fobia della libertà e una visione del bene comune che si identifica tout- court con il “bene dello Stato”, cioé “Cosa loro”.