L’amministrazione della giustizia italiana? Spartita fra le correnti dei magistrati

Di Redazione
20 Dicembre 2013
Zanon (Csm): politici diminuiscano magistrati fuori ruolo. E poi accusa: persino i segretari dell'organo di autogoverno vengono «scelti dal Csm in base alla lottizzazione delle correnti»

«Quando si parla di giustizia in Italia, da qualche anno, c’è un divertente modo di eludere la questione. Si parla di efficienza». Per Nicolò Zanon, membro laico del Csm, non è possibile limitarsi a discutere di efficienza, o a rimarcare, anche giustamente, la «lunghezza dei processi civili e del problema delle carceri» senza andare a fondo della questione delle correnti. Altrimenti i tentativi di riforma diventerebbero «modi per eludere del problema centrale, che è il rapporto costituzionale fra i poteri», ha detto Zanon all’incontro “Giustizia? Esperienze per una riforma“, organizzato da Tempi, Panorama e Radio Radicale.

I MAGISTRATI NELL’ESECUTIVO. «La prima cosa che i politici dovrebbero fare è rivendicare l’indipendenza della politica dalla magistratura», ha spiegato Zanon. «È mai possibile che presso il ministero della Giustizia debbano lavorare duecento magistrati fuori ruolo? È mai possibile che il primo atto che compie il ministro della Giustizia quando assume la carica sia quello di circondarsi di magistrati, oltretutto scelti con un attento bilanciamento tra le fazioni dell’Anm?», si è chiesto il consigliere del Csm. «In questo modo è ovvio che le riforme proposte dal governo siano solitamente poco fastidiose per alcuni assetti di potere della magistratura». «Eppure», ha ricordato Zanon, «ci sono professori universitari di diritto, avvocati, avvocati dello stato» che possono svolgere gli stessi compiti svolti dalle toghe fuori ruolo.

LE NOMINE DI CORRENTE. «Una delle questioni da cui dipende l’efficienza del lavoro degli uffici giudiziari è la nomina dei capi», ha spiegato Zanon. «La nomina dei capi la fa il Csm», che decide forte di una maggioranza di due terzi eletta dagli stessi magistrati. Chiaramente, dunque, le nomine avvengono in base agli equilibri all’interno del sindacato delle toghe, l’Anm. «Se si vogliono avere dei capi che vengono selezionati in base a criteri meritocratici, alle esperienze pregresse e non in base all’appartenenza correntizia, bisogna riformare il Csm», ha dedotto Zanon. Questo perché consiglieri laici, avvocati e accademici eletti dal Parlamento, sono in netta minoranza. «Il consigliere sta in carica quattro anni, in un ambiente che non conosce», dove i magistrati fanno ciò che vogliono, ha accusato, «persino facendo circolari che sono contro le leggi».

I MAGISTRATI SEGRETARI. Se non bastasse che la maggior parte dei componenti del Csm, che dovrebbe vigilare sulle azioni dei magistrati, sono eletti dai magistrati, «il componente laico eletto dal Parlamento viene affiancato da altri togati», i magistrati segretari «scelti dal Csm in base alla lottizzazione delle correnti». «Sono bravissimi, peccato che partecipino alle riunioni dei gruppi e delle correnti che settimanalmente si riuniscono alla sera, finiti i lavori delle commissioni, chi con Unicost, chi con Area, chi con Magistratura Indipendente». Su questa assurdità «c’è un’osservazione correttissima che ha fatto Luciano Violante (Pd)»,  ha continuato Zanon: «è come se il personale che lavora in Parlamento, invece di essere assunto per concorso, fosse nominato dai partiti e affiancato, magari, a parlamentari di partiti diversi». Perché non fare una legge perché i consiglieri del Csm siano affiancati da funzionari che hanno vinto un concorso pubblico? «C’è una legge del 1990 che dice questo», ha spiegato Zanon. Lui e gli altri membri laici del Csm hanno tentato di farla applicare, ma la maggioranza del consiglio ha stabilito che quella legge è stata «implicitamente abrogata».

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