
Perché la guerra in Ucraina può essere un’opportunità per l’America latina

Quando il 7 marzo scorso il regime russo ha pubblicato la lista di “paesi ostili” citando le nazioni che avevano imposto sanzioni alla Russia per la sua invasione dell’Ucraina, non ha incluso nessun paese latinoamericano. Inoltre, ad oggi, nessuna nazione di questa parte di mondo ha imposto sanzioni alla Russia né a nessuna intenzione di farlo, nonostante le pressioni statunitensi.
Lo scorso 7 di aprile, infine, non solo Cuba, Bolivia e Nicaragua hanno votato contro l’espulsione della Russia dal Consiglio dei diritti umani dell’ONU. Anche i due dei pesi massimi della regione, ovvero il Messico del sinistrorso Andrés Manuel López Obrador (AMLO come lo chiamano tutti qui) ed il Brasile del destrorso Jair Bolsonaro, si sono astenuti perché “contrari ad isolare troppo la Russia”.
«Abbiamo già abbastanza problemi»
Non stupisce l’astensione del Messico, dove il 23 marzo scorso una dozzina di legislatori del partito di AMLO, Morena, hanno addirittura creato un “Gruppo di amicizia Messico-Russia” in Parlamento. Del resto, anche ieri López Obrador ha sottolineato che “sulla guerra la sua posizione è quella della neutralità e della non ingerenza”.
Più sorprendente, invece, la posizione del Brasile, con il presidente Bolsonaro che, come AMLO, sin dall’inizio del conflitto ha dichiarato che quella del suo paese “è e sarà” una posizione di “neutralità”, attirandosi le ire dell’amministrazione Biden. A preoccupare il leader brasiliano soprattutto «l’impatto delle sanzioni sulla Russia sui fertilizzanti», indispensabili per l’agrobusiness verde-oro e che Mosca fornisce in gran quantità al Brasile. «Abbiamo già abbastanza problemi seri qui e non voglio portarne altri», ha chiarito Bolsonaro, escludendo qualsiasi ritorsione commerciale nei confronti di Putin.
L’accordo spaziale tra Russia e Venezuela
In cambio dell’apertura dei loro sistemi finanziari ed economici, settimana scorsa Mosca ha ripreso i voli con i “paesi amici” latinoamericani, tra questi da segnalare l’Argentina kirchnerista di Alberto Fernández, il già citato Brasile, il Costa Rica, il Perù, l’Uruguay e, naturalmente, il Venezuela, con cui Mosca ha addirittura siglato ieri un accordo bilaterale per l’esplorazione spaziale.
E così, mentre tutti parlano di un impoverimento del resto del mondo causato dalla guerra, a cominciare dall’Europa a corto delle risorse cerealicole ed energetiche di un Putin sanzionato dall’occidente, le prospettive di crescita per l’America latina sono buone. Il motivo è semplice: le sanzioni europee e anglosassoni all’invasione russa ha limitato l’offerta di grano, oltre che di petrolio, gas e carbone, tutti input che invece abbondano in questa parte di mondo.
Opportunità per gli esportatori dell’America latina
Il conflitto apre dunque nuove opportunità per l’America latina anche a detta di Moody’s, che dà un vantaggio comparato a questa parte di mondo rispetto all’Europa. In primis, a causa della distanza geografica dal conflitto e della minore dipendenza energetica della regione da Mosca. Ma soprattutto perché il calo delle esportazioni ucraine, russe e bielorusse di alcune materie prime e beni industriali è destinata a creare vantaggi per le imprese esportatrici latinoamericane, soprattutto in Brasile, Messico, Argentina, Colombia, Cile e Perù, che potrebbero sostituire una parte significativa della produzione dei paesi belligeranti. Principalmente sui mercati degli Stati Uniti, dell’Unione Europea e di alcuni paesi asiatici.
Alexander Schetinin, direttore del Dipartimento per l’America Latina del Ministero degli Affari Esteri russo, sottolinea che «non essendo nessun paese della regione nell’elenco degli stati ostili nuove nicchie di mercato aperte verranno riempite qui dalle società russe». Inoltre, chiarisce che «le sanzioni occidentali contro l’agenzia Rosatom non ostacoleranno i piani di espansione nella regione». Tra i paesi con cui la Russia intende approfondire le relazioni, Schetinin ha citato nello specifico «l’Argentina, visto che Mosca e Buenos Aires hanno un accordo intergovernativo sulla cooperazione nell’uso dell’energia che prevede la costruzione e di nuove centrali nucleari».
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