Al voto al voto, altrimenti sarà tammurriata nera nera

Di Luigi Amicone
24 Agosto 2019
Se Renzi e Salvini sono arrivati a litigarsi Di Maio, siamo mesi male. Allora meglio chiedere agli italiani cosa vogliono

Tra manfrine e minchiate, non si saprebbe proprio cosa scegliere. Mi spiego.

1) Siamo nel bel mezzo di una manfrina: da parte 5 Stelle c’era l’accordo col Pd un nano secondo dopo l’annuncio della sfiducia salviniana (ricordare l’urlo della Lombardi, era l’11 agosto, «pronti a governare con il Pd»). Per non parlare del terrore poltronista di Grillo, sempre dell’11 agosto, «altro che voto, fermiamo i barbari, governo col Pd». D’altra parte, pur di non tornare a vendere birra annacquata al San Paolo di Napoli Giggino si farebbe turco e musulmano. Quanto al Pd, li avete visti, no? A parte le solite bugie renziane – pure l’opposizione di Gentiloni si è inventato per proteggere il deretano politico a se stesso e ai suoi 30 accoliti di una prossima neo Margherita guidata da Mr Pinocchio – di Calenda di là ce ne è uno, tutti gli altri, se non sono Cirinnà, l’esorcismo lo fanno ad ogni anche lontanissima possibilità che si torni al voto.

2) Di qua, invece, sull’altro fronte che tiene in ostaggio gli italiani, c’è una bella minchiata, scusate la parola, ma questo bisogna dirlo di Salvini: fai la cosa giusta, dopo di che, siccome anche tutti quelli che ti chiedevano di staccare la spina poi ti hanno dato dell’irresponsabile e del cretino, allora tu rialzi la palla a Di Maio, fino a vederlo addirittura primo ministro? Ma allora non sei a posto proprio. O hai preso troppo sole a Milano Marittima. O gli amori estivi ti hanno rincitrullito fino al suicidio politico.

3) Fatto sta che, tra manfrine e minchiate, in questo penultimo weekend di agosto, altro che la chiarezza, la rapidità e la consistenza politica richiesta dal presidente Mattarella, non si vede da che parte si possa risalire a rivedere, non diciamo le stelle, ma un raggio di purgatorio. Tanto per dirne una: il 6 settembre l’Ilva di Taranto riapre o chiude per sempre. Riapre – questa è la condizione posta dai nuovi proprietari indiani dopo che la procura di Taranto in un decennio l’ha fatta letteralmente a pezzi – se il governo rispetta lo scudo penale previsto per contratto, cioè impedisce l’aggredibilità giudiziaria sempre in agguato ai suoi amministratori. Di Maio ad oggi esclude lo scudo e, anzi, sostiene la necessità del capestro giudiziario. E il Pd e/o Salvini fanno a gara per filarsi uno così? E di controversie come l’Ilva è pieno il dossier di chiunque intenda trattare con i 5 Stelle. Di cosa vivrebbe il prossimo governo, di Consigli dei ministri che tirano da una parte e mozioni grillanti in parlamento, come sulla Tav, che tirano dall’altra? Non sembra una buona idea.

Perciò, Presidente, faccia la cosa giusta visto che non esiste al mondo un parlamento tanto squinternato come quello italiano, dove il gruppo più numeroso di poltronari gioca al gioco delle tre tavolette. Se proprio dobbiamo vedere Napoli e poi morire, ok, è bene passare almeno dal giudizio degli italiani. Al voto Presidente, o sarà tammurriata nera nera.

Foto Ansa

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