
A Obama conviene essere il “primo presidente gay”?
“Nel discorso alla più grande università evangelica del mondo, la liberty University, Mitt Romney non poteva evitare di ribadire che il «matrimonio è soltanto fra un uomo e una donna», ma allo stesso tempo il candidato repubblicano ha cercato di mettere l’accento sul valore culturale ed economico del matrimonio, senza farsi trascinare nella disputa strettamente morale. Si è aiutato con uno studio della Brookings Institution che Rick Santorum gli ha consigliato di compulsare – un colpo al cerchio dei democratici moderati, un colpo alla botte del conservatorismo sociale – dove si sostiene che gli americani che si sposano prima di avere figli tendono ad avere situazioni economiche migliori di chi non ha una stabilità affettiva” (Foglio, p. 3).
“I conservatori, però, temono che la breccia aperta da Barack Obama con il suo endorsement ‘personale’ al matrimonio gay diventi un tema dominante della campagna elettorale, negli ultimi giorni gli spin doctor di Romney hanno cercato di riportare il dibattito sul terreno in cui il candidato si sente più forte, l’economia, lo stesso in cui il presidente è esposto alle critiche più ficcanti. (…) Valutare i rischi politici del dibattito sul matrimonio gay nei giorni in cui il New Yorker mette in copertina la Casa Bianbca con un colonnato arcobaleno e Newsweek piazza un’aureola multicolore al «primo presidente gay» è una faccenda bipartisan, ma i conservatori si distinguono per circospezione” (Foglio, p. 3).
“Il consigliere di Romney Ed Gillespie è uno dei pochi ad aver dichiarato pubblicamente che «il matrimonio omosessuale diventerà un tema fondamentale della campagna elettorale»; per il resto si naviga a vista su una ‘issue’ sulla quale il Gop è spaccato. (…) Ispirato dal principio della prudenza, il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, ha cercato di ribaltare la narrazione, rappresentando i repubblicani come la fazione interessata a usare il matrimonio gay come una clava politica, mentre «Obama non intende continuare a parlare della questione». (…) A Obama intanto l’uscita è fruttata una buona copertura mediatica e fondi freschi da parte del rinvigorito comparto liberal, mentre le mezze parole e i silenzi del Gop complicano i calcoli politici dello sfidante” (Foglio. 3).
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