Nel corso della visita al carcere fiorentino di Sollicciano il ministro della Giustizia Paola Severino è tornata a parlare di amnistia: «Serve una maggioranza parlamentare estremamente qualificata. Se questa maggioranza si verificherà e si cimenterà, certamente sarà possibile anche realizzare l’amnistia». Con queste parole il ministro ha ribadito ai giornalisti presenti le condizioni necessarie per poter proseguire sulla strada dell’amnistia e ha aggiunto: «Non si parla in questo caso di un progetto, ma di un accordo tra le forze parlamentari che riesca a raggiungere una maggioranza qualificata».
Ieri il titolare del dicastero di via Arenula ha ascoltato alcuni racconti dei detenuti, degli agenti di polizia e dei volontari che quotidianamente sono chiamati a confrontarsi con situazioni al limite della dignità umana: «Attualmente il carcere è una tortura più di quanto non sia la detenzione stessa, che deve portare invece alla rieducazione. L’uomo al suo interno è un uomo sofferente che deve essere rispettato». Lo scopo rieducativo della pena è stato al centro della conferenza stampa svoltasi nella struttura detentiva di Firenze: «Con i detenuti abbiamo pensato al cammino che stiamo percorrendo, che vorrebbe mettere insieme un insieme di piccole misure che tutte riunite potrebbero dare un sollievo alla situazione carceraria. Quello che si deve fare in una proiezione futura è mettere insieme una serie di forme alternative alla detenzione che rendano effettivo il principio per cui la detenzione deve essere veramente l’ultima spiaggia, da attivare quando le altre strade non si possono più percorrere».
L’attenzione del ministro si è concentrata sulla drammatica condizione delle madri detenute e dei loro bambini, costretti a vivere dietro le sbarre fino al compimento dei tre anni: «Gli ultimi dieci minuti della mia visita li ho passati nel nido e credetemi, è straziante vedere dei bambini che costretti a vivere in carcere con le loro madri. Anche lì la soluzione non è facile ma credo che le case famiglia e l’attivazione di sistemi alternativi al carcere siano la vera soluzione praticabile, perché non si può pensare che al compimento dei tre anni un bambino venga strappato dalla madre e dall’unico luogo familiare e portato via. Oggi si tenta di alleviare questa sofferenza con gli asili nido. Ho avuto modo di incontrare operatori straordinariamente bravi, che aiutano le mamme, ma non è quella la strada principale da percorrere».