«All’Europa stanca serve un Leone fiero»

Di Giuseppe Beltrame
26 Maggio 2025
«Il Papa dovrà aiutare l'Occidente a capire che eliminando il cristianesimo si cancella l'identità dell'Europa». Intervista al vescovo di Pavia, Corrado Sanguineti
Papa Leone XIV benedice i fedeli durante la Messa di intronizzazione in Piazza San Pietro, 18 maggio 2025 (foto Ansa)
Papa Leone XIV benedice i fedeli durante la Messa di intronizzazione in Piazza San Pietro, 18 maggio 2025 (foto Ansa)

Era dall’estate del 1903, all’epoca del Conclave che elesse alla guida della Chiesa il trevigiano Giuseppe Sarto, futuro san Pio X, che non entrava nella Cappella Sistina con diritto di voto un cardinale agostiniano. L’ultimo fu Sebastiano Martinelli, anch’egli per un lungo periodo priore generale, lo stesso ruolo ricoperto per 12 anni da Robert Francis Prevost. Più di cento anni dopo i porporati chiamati a decidere il successore di Francesco hanno eletto il primo papa agostiniano della storia, un «figlio di sant’Agostino», come si è definito lui stesso nel primo discorso in Piazza San Pietro. Ha festeggiato particolarmente la notizia la diocesi di Pavia, custode da più di 1300 anni dei resti del santo filosofo, autore della regola dell’Ordine. «Ho provato una gioia doppia, per l’elezione del nuovo pontefice e per il suo profondo legame con la nostra città», racconta a Tempi il vescovo Corrado Sanguineti.

Eccellenza, papa Leone XIV veniva spesso in visita alla Basilica di San Pietro in Ciel d’oro, dove sono custodite in un’arca medievale le ossa di sant’Agostino?
Sì, certamente. Negli anni di priorato generale Prevost è venuto molte volte, anche semplicemente per pregare le reliquie del santo. Fu lui ad accogliere papa Benedetto XVI nella sua storica visita pastorale del 2007 alla tomba di Agostino.

Benedetto XVI riceve in dono il Volume sull'"Arca di Sant'Agostino" dall'allora Priore generale dell'Ordine Robert Francis Prevost, durante una visita pastorale a Pavia, 21 aprile 2007 (foto Ansa)
Benedetto XVI viene accolto a Pavia il 21 aprile 2007 dall’allora priore generale degli agostiniani Robert Francis Prevost (foto Ansa)

Come hanno reagito i fedeli della diocesi all’elezione?
In tanti con un messaggio o negli incontri di questi giorni mi hanno reso partecipe della loro gioia. I frati mi hanno detto che c’è stato un boom di visite e di partecipanti alla Messa nella Basilica di San Pietro in Ciel d’oro e ho saputo che diversi pavesi hanno scoperto solo ora che il Santo è sepolto nella loro città.

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Cosa ricorda dei suoi incontri con Prevost?
Sono rimasto molto impressionato dalla sua amabilità, associata alla sua estrema semplicità e capacità di ascolto. Questo tratto di mitezza tuttavia si unisce a una certa forza, caratteristica di un uomo che ha guidato una grande realtà come quella della famiglia agostiniana e di una persona che non si nasconde dietro le difficoltà o sottace l’originalità della fede cristiana. Sarà fondamentale la sua appartenenza all’Ordine: sant’Agostino ha interessato moltissimi “lontani” dalla Chiesa. Essersi nutrito della sua spiritualità permetterà al Papa di affrontare sfide molto attuali: il tema dell’inquietudine e della ricerca, il valore dell’interiorità e dell’incontro col Mistero di Dio, l’esperienza forte di Chiesa come «corpo di Cristo».

L'Arca di Sant'Agostino risalente al XIV secolo, che custodisce le reliquie del filosofo e Padre della Chiesa, Basilica di San Pietro in Ciel d'oro (foto Ansa)
L’Arca di sant’Agostino risalente al XIV secolo, che custodisce le reliquie del filosofo e padre della Chiesa, Basilica di San Pietro in Ciel d’oro (foto Ansa)

Prevost condivide con Agostino, per usare un’espressione amata da papa Francesco, un periodo storico che è un «cambiamento d’epoca». Al tempo del vescovo africano a collassare fu l’Impero romano, il filosofo vide per la prima volta Roma saccheggiata dai barbari, ma anche oggi Leone XIV si trova ad affrontare una grande crisi dell’Occidente in cui è coinvolta anche la Chiesa.
Indubbiamente. Soprattutto nel nostro mondo europeo avvertiamo una fatica, una stanchezza nell’esperienza di fede. È in atto un processo di secolarizzazione molto forte, accentuato da correnti di pensiero che cercano di cancellare o recidere l’eredità cristiana della nostra cultura. Papa Leone dovrà in qualche modo rilanciare un’opera già cominciata da Benedetto XVI, richiamando l’Occidente a comprendere che eliminando il cristianesimo si cancella l’identità dell’Europa. Senza la Chiesa i valori della libertà, del soggetto e della persona e la nostra stessa struttura sociale sarebbero impensabili. Ci deve essere un cuore che vive e testimonia questo messaggio, la vita delle comunità cristiane e della Chiesa rappresentano un’anima interiore che aiuta tutti. Del resto, anche i movimenti più polemici e dialettici nei confronti della fede cristiana non sarebbero stati possibili senza la libertà del cristianesimo stesso. Non è un caso che l’ateismo o certe forme di pensiero laico siano maturate in Europa.

Papa Leone XIII
Papa Leone XIII, al secolo Gioacchino Pecci

Anche la scelta del nome di Prevost si lega alla storia del suo Ordine.
Sì, certamente. Leone XIII, oltre a essere l’autore della prima enciclica sociale, la Rerum novarum, era legatissimo agli agostiniani. Dopo la ricostruzione e la riapertura della Basilica di San Pietro in Ciel d’oro fu lui a farvi riportare le reliquie del Santo che erano custodite in Duomo da oltre un secolo. Era legato all’Ordine fin da bambino, veniva infatti da un piccolo paese laziale, Carpineto Romano, dove c’era un convento di agostiniani a cui il padre era molto devoto.

È un nome che trasmette fierezza.
Sì, però nel libro dell’Apocalisse si annuncia la vittoria del Leone di Giuda, immagine del Messia, e dopo questo annuncio appare un agnello sgozzato che è vivo, diritto in piedi. Si tratta di una rappresentazione del Signore Gesù, crocifisso e risorto. Questa compresenza di fortezza e mitezza, presenti nel mistero della Pasqua di Cristo, permettono di leggere il papato e il servizio che svolgerà papa Leone.

Il vescovo di Pavia Corrado Sanguineti (foto Diocesi di Pavia)
Il vescovo di Pavia Corrado Sanguineti (foto diocesi di Pavia)

La gioia palpabile di Piazza San Pietro di questi giorni è stata di per sé una testimonianza viva. Cosa significa questo per la Chiesa?
Dovremmo lasciarci interrogare da questa bellezza, oltre che dalla commozione di Leone e dalle sue prime parole sulla gioia e la pace del Risorto. Il tema della «pace disarmata e disarmante» non è semplicemente un accordo tra potenti, che rimarrà sempre molto fragile, si tratta di un messaggio più profondo che Prevost testimonia con la sua persona. Si pone come una presenza carica di umanità che riaccende una speranza e che non riguarda solo i credenti.

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Quali sono le sfide della Chiesa di oggi?
Non è tempo né di conquiste né di crociate, ma di una testimonianza di Cristo lieta e allo stesso tempo fiera. Le sfide dei nostri giorni sono molte: il dramma della guerra, l’economia che crea sempre più divario tra ricchi e poveri, le questioni antropologiche a cui ci richiama l’avvento dell’intelligenza artificiale e a cui Leone XIV ha già fatto più volte riferimento. È uno strumento che non dobbiamo demonizzare, ma da governare e che ci interroga: che cos’è l’intelligenza umana? Cos’è l’uomo?

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