«Aiutateci in Siria, così che noi cristiani possiamo rimanere nel nostro paese»

Di Redazione
08 Settembre 2015
«Proprio ieri un’anziana signora cristiana mi ha detto: “Vi prego, aiutate noi cristiani siriani, così che possiamo rimanere nel nostro paese”»

cristiani-siria

Tratto da Acs «La grande accoglienza riservata ai rifugiati siriani in Europa spinge in molti, soprattutto tra i cristiani, ad abbandonare la Siria. Ma il nostro compito è quello di aiutare le comunità cristiane a rimanere». Così afferma padre Andrzej Halemba, responsabile internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre per il Medio Oriente.

Il sacerdote si trova in questi giorni in Siria per visitare alcuni progetti di ACS nel paese ed ha notato come le informazioni giunte dall’Europa, spingano sempre più cristiani a partire. «Proprio ieri un’anziana signora cristiana mi ha detto: “Vi prego, aiutate noi cristiani siriani, così che possiamo rimanere nel nostro paese”».

Padre Halemba riferisce di una situazione in Siria che mai era stata così instabile. «Dall’inizio di quest’anno ho visitato più volte il paese, e ho notato come i successi di Isis terrorizzino sempre più la popolazione e in particolar modo i cristiani. Inoltre il futuro della città di Aleppo, dove vivono molti nostri fratelli nella fede, è quanto mai incerto».

Dall’inizio della crisi in Siria nel 2011, Aiuto alla Chiesa che Soffre ha donato oltre 8milioni di euro a sostegno della popolazione siriana.

A Marmarita, città della cosiddetta Valle dei Cristiani vicino al confine con il Libano, ACS sostiene molti progetti in favore dei numerosissimi sfollati interni trasferitisi qui in questi quattro anni di conflitto. «La città è tanto affollata che sembra esplodere», racconta padre Halemba. Tra i vari progetti, anche un contributo che consente ad oltre 300 famiglie cristiane di pagare l’affitto e la copertura delle spese di viaggio di 140 studenti universitari. Una squadra di volontari – coordinata da ACS – cerca di alleviare le difficoltà dei profughi. «Marmarita è sicura – spiega il coordinatore del team di volontari che per motivi di sicurezza preferisce mantenere l’anonimato – ma il costo della vita è insostenibile e trovare un impiego praticamente impossibile». Le storie di chi è giunto a Marmarita, sono storie strazianti. Una famiglia di Damasco ha lasciato la capitale dopo aver perso il loro primogenito in un’esplosione. Il secondo figlio è malato di cancro ed ha urgente bisogno di cure. Una mamma con due bambini è invece arrivata qui dopo la morte del marito, e nonostante le gravi difficoltà trova il coraggio e la forza di aiutare gli altri profughi.

Nel febbraio 2015, Aiuto alla Chiesa che Soffre ha approvato 22 nuovi progetti (totale di oltre 2 milioni di euro) in Siria, con particolare attenzione alle città maggiormente colpite dalla guerra, come Homs, Aleppo e Damasco. Gli aiuti sono di carattere umanitario – ad Homs ACS sta raccogliendo fondi per distribuire regolarmente pacchi viveri alle famiglie cristiane che non hanno voluto abbandonare la città – ma anche pastorale, come la ricostruzione della Chiesa di Sant’Elia a Qusair, distrutta dai jihadisti nel 2013. «La ricostruzione di una chiesa – scrive ad ACS monsignor Jean-Abdo Arbach, arcivescovo melchita di Homs, Hama e Yabrud – è fondamentale per dare nuova speranza ai cristiani. La ripresa della vita della Chiesa è infatti il modo migliore per rassicurare i fedeli e incoraggiarli a rimanere in Siria».

Foto Acs

Articoli correlati

6 commenti

  1. Flavio

    Non ho capito perchè “distribuire regolarmente pacchi viveri alle famiglie cristiane che non hanno voluto abbandonare la città” quando ci sono anche tantissime famigli musulmane nelle stesse condizioni e sotto le stesse identiche minaccie che le famiglie cristiane.
    Molto brutta questa religione intesa come se fosse un torneo fra squadre avverse.

    1. yoyo

      Ti risponderò con le parole dei discepoli di Emmaus: “Sei tu così straniero in Gerusalemme da non sapere cosa vi è accaduto in questi giorni?”.

      1. Flavio

        Perchè non sai rispondere con le tue parole?

        1. Sebastiano

          E perché non riesci a capire quella cosa semplice semplice che ti si voleva dire?

          1. Raider

            I profughi vogliono stabilire dove andsare, quale accoglienza gli sta bene, se la parrocchia è o.k., ma la villa di Bob Geldoff o Gianni Morandi è meglio, se la Germania è meglio dell’Uruguay, quanti arrivare, che lavoro fare, se, giunti a casa nostra, dobbiamo bandiere il Crocifisso dalle pareti di casa e dalla dieta, salumi e alcolici, voglionoi gli spazi per pregare: e se anche le cose migliorassero nei loro Paesi, non ci tornano.
            Comunque, i diktat delle élite mondialiste, che nulla hano a che spartire col Vangelo, sono che entrO il 2060 250 milioni di immoigrati fdevono rimpoiazzarci: e chi è d’accordo con questa invasione e sostituzione di popolazione sarà messo al bando. Anche dalla Chiesa.
            NO ALL’IMMIGRAZIONE!

  2. Cappelli Nerio

    Migranti: siriani accolti in Uruguay ma se ne vogliono andare

    (AGI) – Montevideo, 8 set. – Mentre i loro ‘cugini’ continuano a scappare dalla Siria c’e’ chi, accolto lo scorso anno in Uruguay, ha protestato ieri sera davanti alla presidenza di Montevideo domandando che sia consentito loro di lasciare il Paese in cerca di un lavoro migliore e al limite di tornare in Medio Oriente. Protagonista di questa singolare protesta cinque famiglie formate da 42 profughi siriani che, dimostrando scarsa riconoscenza, lamentano che il governo di sinistra non e’ riuscito a mantenere la promessa di buoni guadagni.
    In Uruguay uno Stato laico con una popolazione musulmana di sole 300 persone i profughi hanno ricevuto case, assistenza sanitaria e sostegno finanziario dal governo. I profughi siriani lamentano che hanno documenti di identita’ e viaggio riconosciuti internazionalmente ma che altri Stati possono negare loro l’ingresso, come e’ successo loro a Istanbul. Il governo ha fatto presente di aver rispettato le nome per l’accoglienza e che non possono costringere altri Stati ad accogliere i loro malgrado profughi siriani.

I commenti sono chiusi.