«La mafia teme più la Scuola della Giustizia. L’Istruzione toglie erba sotto i piedi della cultura mafiosa». Queste le parole pronunciate da Antonino Caponnetto nel 1994. Dal magistrato, dal collega e dall’amico di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Ma a quale scuola stiamo pensando?
Ascoltiamo la realtà. Sentiremo parlare di:
- Spending review: se un alunno di scuola pubblica statale costa in media 8.000 euro all’anno e uno di scuola pubblica paritaria ne costa 4.000, e se il risultato finale è identico (grosso modo: un cittadino còlto, civile, che va all’università e che in futuro pagherà le tasse), cosa significa? Il lattaio dell’Ohio – di montanelliana memoria – direbbe: cerchiamo i 4.000 che avanzano nelle tasche di qualcuno…
- Precari di scuola pubblica statale: un esercito di senza-diritti. Per loro il contratto a tempo determinato può scadere a giugno e – se va bene – riprendere a settembre. D’estate non mangiano, sono a dieta. Ferie non pagate, stipendi in ritardo di mesi… o condivisi: un po’ per uno, a seconda di quello che arriva nella cassa della scuola, prima chi ha famiglia, ai single quello che resta.
- Retribuzioni nella scuola paritaria, che svolge un servizio pubblico: anche quando sono corrisposte secondo un contratto nazionale, a parità di titoli di docenza, funzioni e obiettivi didattici, risultano inferiori per i suoi docenti rispetto ai colleghi della scuola pubblica statale; una lampante ignominia in ogni caso, e se possibile peggio, se la scuola è anche cattolica e le retribuzioni non sono neppure quelle che dovrebbero essere. Forse il Gesù dei Vangeli oggi direbbe: “Si secchi la mano di chi firma i contratti”. Ma anche la mano di chi non firma l’accreditamento dei contributi statali alle stesse scuole, semplice restituzione di tasse pagate dai genitori… L’Ira di Dio non è un concetto astratto: c’è e ci sarà.
- Libertà di scelta educativa del genitore che paga le tasse in Italia, sia rosso giallo nero non importa: il portinaio cingalese si presenta alla buona scuola pubblica paritaria cattolica con la bimba di 3 anni, visino d’angelo: “Posso iscriverla? Mi piace la scuola, la serietà… siamo buddisti, ma non importa”. La risposta dovrebbe essere automatica: “Lei paga le tasse da 15 anni in Italia, è genitore; come tale, dice la Costituzione italiana, ha diritto di scelta nel Servizio Pubblico di Istruzione, di cui questa scuola fa parte: il posto c’è; si accomodi!”… Allora: la bambina si accomoda o non si accomoda? Si accomoda se la scuola pubblica paritaria fa i salti mortali (amministrazione e gestione oculate e intelligenti, corpo docente compatto e motivato, fund raising dignitoso e puntuale) per dire un sì che lo Stato per primo dovrebbe dire e non dice. Si accomoda anche la bambina diversamente abile? Solo se la famiglia va a rubare per procurarsi i soldi del sostegno; infatti lo Stato concede il beneficio del docente di sostegno solo ai bambini “h” delle scuole pubbliche statali, non a quelli delle scuole pubbliche paritarie, le quali appartengono al Servizio Nazionale di Istruzione, svolgono un servizio pubblico, rispondono a un dettato costituzionale: la libertà di scelta educativa della famiglia… La famiglia è il regno della libertà, a partire dal suo costituirsi (“famiglia per forza” sono termini in contraddizione e… causa di nullità!) e nella luce del suo futuro: i figli, concepiti e fatti crescere, come sarebbe auspicabile, nella piena libertà di formazione ed educazione. Di conseguenza, la scuola riflette e si nutre della libertà insita nella struttura vitale della famiglia. E’ la fonte della libertà di insegnamento e della pluralità di offerta formativa, che sole possono essere degnamente al servizio di persone libere. Non è libera, la famiglia, di “far crescere” i propri giovani secondo la propria legittima visione della realtà, in un ambito di valori civili. Lo Stato la ritiene non in grado di prendere libere decisioni rispetto al futuro dei propri figli. La famiglia è interdetta. Paga le imposte per la scuola pubblica (di tutti), ma non può sceglierla. La Costituzione italiana enuncia una libertà che non è garantita. In Italia lo Stato fornisce l’istruzione senza considerare la libertà di scelta della famiglia, in quanto… evidentemente la ritiene “incapace di intendere e di volere” nella facoltà di scegliere il servizio scolastico pubblico, formato da Scuole pubbliche statali e paritarie. In Italia sceglie solo chi è ricco: paga due volte, le imposte statali e le rette scolastiche delle scuole pubbliche paritarie, inserite nel Servizio Nazionale di Istruzione. Naturalmente chi ha il figlio diversamente abile paga tre volte, poiché deve aggiungere il docente di sostegno… Si è proprio certi che lo Stato – eventualmente citato in giudizio su questi temi – vincerebbe la causa? Chi scrive ritiene di no, se l’avvocato della famiglia è un drago di cultura sui diritti umani e sulla Carta costituzionale italiana…
Il ruolo delle Istituzioni. Il passo decisivo
Intraprendere l’unica battaglia che vale la pena combattere, perché è la sola utile allo scopo… Nello specifico: garantire la libertà di scelta educativa alla famiglia (art. 30 Cost.) in un pluralismo educativo (art. 33 Cost.) è un passaggio di civiltà che, oltre ad essere sostenibile per lo Stato (come dimostra lo studio sul costo standard), restituirebbe giusta armonia e sviluppo al welfare. Se la politica di spending review sembra rendere difficoltoso il passaggio dalle buone idee ai fatti, allora si leva ancor più alta la voce dell’Anello Mancante. Qui si inserisce la proposta di far parlare il costo standard per ogni allievo della scuola pubblica italiana, statale e paritaria. È questo l’“anello mancante” alla possibilità di ristrutturazione del sistema scolastico pubblico.
Individuato il costo standard dell’allievo nelle forme che si riterranno più adatte al sistema italiano, si dia alla famiglia la possibilità di scegliere fra buona scuola pubblica statale e buona scuola pubblica paritaria.
Risultati:
- innalzamento del livello di qualità del sistema scolastico italiano con la naturale fine dei diplomifici e delle scuole che non fanno onore ad un Servizio Nazionale di Istruzione d’eccellenza quale l’Italia deve perseguire per i propri cittadini;
- valorizzazione dei docenti e riconoscimento del merito, come risorsa insostituibile per la scuola e la società;
- abbassamento dei costi e destinazione ad altri scopi di ciò che era sprecato.
Si innesca cosi un circolo virtuoso che rompe il meccanismo dei tagli, conseguenti a sempre minori risorse (perché sprecate) che producono a loro volta altro debito pubblico. Il welfare non può sostenere altri costi; non a caso il principio di Sussidiarietà, oltre ad avere una valenza etica, è anzitutto un principio economico prioritario. A questo punto, liberate le risorse, si potrà investire nella valorizzazione e valutazione, nell’innovazione e ristrutturazione.
I cittadini scalpitano, in attesa di sapere che cosa ne pensano le Istituzioni… che potrebbero sentirsi sulla graticola. Si spiccino, se non vogliono andare arrosto del tutto.