Gli omofobi non esistono solo a destra o tra i bigotti cattolici, ma anche nella sinistra italiana. In particolare nel partito democratico. A Faenza il partito di Renzi si spacca durante il voto per un ordine del giorno presentato dal consigliere comunale Jorick Bernardi di Forza Italia. Sei consiglieri Pd e il sindaco Giovanni Malpezzi votano col centrodestra facendo approvare un odg dove si sostiene la «valorizzazione e il sostegno della famiglia naturale». Eccoci qua: gli “omofobi” compaiono pure nella sinistra. Ma non qualche bigotto frequentatore di parrocchia, bensì un consigliere regionale e il sindaco della città più importante della provincia di Ravenna che andrà al voto in primavera.
L’ODG PASSA. Un semplice odg presentato da un consigliere comunale di opposizione. Niente di più. Cose di ordinaria follia: proporre un odg a favore della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, di questi tempi, vuol dire trovare un dissenso unanime. Nessuno si aspettava niente di più che una battaglia di testimonianza pura, senza alcuna speranza di approvazione, mi confida lo stesso Bernardi. Però la sera del 15 dicembre qualcosa di imprevisto accade: dopo la presentazione dell’odg interviene il sindaco affermando che le premesse e gli impegni erano condivisibili, tranne i “considerato” che era più opportuno eliminare. Preso di sorpresa, Bernardi decide di accettare il compromesso. Tant’è che nell’immediato viene convocato dal capogruppo Pd che gli comunica il voto contrario “a prescindere” del gruppo democratico, anche con la presentazione delle modifiche richieste dal sindaco. Bernardi non rinuncia all’azione e presenta l’odg modificato. E qui accade l’inverosimile: l’odg passa con 14 voti favorevoli e 9 contrari.
«COSE DA MEDIOEVO». Non vi potete immaginare che cosa ha scatenato tutto questo. Interventi sui social network da parte di dirigenti e amministratori del partito democratico e della sinistra in genere che chiedono un passo indietro al sindaco e alla consigliera regionale, definendo «retrograda, da medioevo, da destra retriva» la loro posizione. E soprattutto alcuni minacciano velatamente i “compagni che sbagliano” a non «osare» (usano proprio questa parola) di pensare a una festa regionale a favore della famiglia naturale perché avrebbero tradito le ragioni del partito che li ha fatti eleggere. «Votando odg sulla famiglia naturale, sindaco e consiglieri del Pd di Faenza hanno lacerato malamente i nostri valori», scrive in un tweet il sottosegretario Ivan Scalfatotto, primo firmatario della legge sull’omofobia.
In sintesi: ti abbiamo dato i voti, comandiamo noi. Tu sei un numero, poco più. La cosa ancora più triste risulta poi il post su facebook del segretario provinciale del Pd ravennate che si dichiara sconcertato di quanto accaduto e dissente fortemente dalla posizione assunta da parte del partito faentino. Dichiara che la famiglia naturale è quella che si basa sull’amore e sul rispetto e che aprirà un dibattito interno al partito sul tema. Il tutto in barba all’articolo 29 della Costituzione che parla di «famiglia come società naturale fondata sul matrimonio».
LA RETROMARCIA. Che cosa affermava l’odg? Ecco le testuali parole: «Il consiglio dichiara la propria opposizione a qualunque tentativo di comprimere i diritti e i doveri dei genitori all’educazione dei propri figli e di ignorare l’interesse superiore dei minori a vivere, crescere, e svilupparsi all’interno della propria famiglia naturale». Per certa sinistra no. È omofobo. E porta perfino Giovanna Martelli (consigliera del presidente del consiglio Renzi alle pari opportunità) a dirsi allibita e a dissociarsi fortemente. Ma allibita da cosa?
Ora vi chiederete: e il sindaco e gli altri che hanno votato a favore della famiglia naturale che hanno fatto? Hanno dovuto fare una fortissima retromarcia come l’imprenditore Guido Barilla. Hanno dovuto retrocedere nelle loro posizioni, fino al punto che Malpezzi ha dichiarato su Facebook di volersi impegnare a proporre in consiglio comunale un ordine del giorno «più rispettoso della ricchezza di opinioni all’interno della città e dell’opinione pubblica e che dimostri come, al di là delle parole, in questi anni si sia tramutata in impegni concreti, verso chiunque e senza discriminazione». Insomma, retromarcia su tutta la linea.