Apparentemente Alexis Tsipras e Jens Weidmann rappresentano due opposti della classe dirigente europea, accomunati solo dal dato biografico di appartenere alla generazione dei quarantenni. Il neo primo ministro greco incarna la rivolta contro le politiche di austerità e le riforme liberiste che Bruxelles ha imposto ai paesi più indebitati o colpiti da crisi bancarie, il governatore della Bundesbank è il baluardo insuperabile del rigore di bilancio e dell’ortodossia finanziaria, basi di un’economia sana e sostenibile.
In realtà l’ellenico e il tedesco hanno in comune molto più che l’età: entrambi agiscono nell’ottica dell’interesse nazionale del loro paese, occultato da elevate dosi di retorica europeista. L’Europa della solidarietà e l’Europa del rigore sono paludamenti ideologici dietro i quali si nasconde il vecchio, immarcescibile interesse nazionale. Detto in termini morali: l’egoismo nazionale. Ha twittato Carl Bildt, ex premier svedese, quando è stato reso noto l’esito del voto ellenico: «Syriza ha vinto le elezioni promettendo che i contribuenti degli altri paesi dell’euro verseranno altri soldi ai greci. Davvero audace».
Non è diverso quello che si può pensare dell’ostruzionismo di Weidmann contro le politiche di Quantitative Easing della Bce, che distrarrebbero i paesi indebitati del sud Europa dalle necessarie riforme sistemiche. In realtà è la prima volta che la Bce fa qualcosa per rispettare uno dei suoi obiettivi statutari, quello di promuovere un’inflazione prossima al 2 per cento nell’Eurozona: alla Germania ha fatto comodo condurre per anni una politica dell’inflazione 0 per guadagnare margini competitivi sugli altri paesi, che si muovevano dentro al parametro del 2 per cento.
Il fatto è che Tsipras e Weidmann, oggetto di opposte critiche in Europa, hanno il pieno sostegno della maggioranza dei loro concittadini. E questo è l’esito logico di un’Europa politica che ha voluto procedere a un’integrazione sempre maggiore strappando semplicemente la sovranità ai cittadini dei vari paesi e consegnandola ai suoi tecnocrati, umiliando sia le comunanze (le radici giudaico-cristiane) che le differenze storico-culturali, imponendo a tutti gli stessi parametri anche quando vanno contro le realtà fattuali. Ovunque si voltino, oggi gli europei hanno l’impressione di non poter decidere nulla, perché nulla di diverso da quanto hanno già deciso tecnocrati, lobby della finanza e Corti europee è possibile.
Come nelle tragedie greche, la hubrys dell’integrazione omologatrice europea oggi incontra la sua nemesi in Ucraina e in Grecia, due regioni di confine fra Oriente e Occidente che la tecnocrazia di Bruxelles ha preteso di assorbire senza capire che ciò non era possibile senza conseguenze nefaste. Mentre sempre più europei si orientano favorevolmente verso forze politiche populiste di destra e di sinistra che danno l’illusione di voler restaurare la sovranità dei popoli. L’illusione, perché il prezzo della libertà è molto più alto di quello che gli Tsipras e i Grillo vogliono far credere.