Zemmour fascista? «Sono l’unico a difendere il libero pensiero in Francia»

Di Mauro Zanon
06 Dicembre 2021
La postura ideologica che impedisce ai giornalisti di capire chi è il candidato "di destra" all'Eliseo che promette di squassare la politica francese (e non solo)
Eric Zemmour durante il comizio con cui ha lanciato la sua campagna elettorale per l'Eliseo (foto Ansa)

Parigi. Zemmour fascista? «Sono l’unico a difendere il libero pensiero, la libertà d’espressione, la libertà di dibattere, la libertà di descrivere la realtà così com’è, mentre altri sognano di vietare tutti i nostri meeting e di farmi condannare».

Né misogino né razzista

Misogino? «Da bambino, in mezzo alle grandi famiglie arrivate dall’Algeria, ero circondato da donne, mia madre, le mie sorelle, le mie nonne. Le donne della mia infanzia, più degli uomini, hanno forgiato il mio carattere. È mia madre che mi ha inculcato il culto del sacrificio e dell’eccellenza. È sempre lei ad avermi trasmesso l’amore immoderato per la Francia. È grazie alla sua esperienza e ai suoi ricordi raccontati al bambino che ero, che ho potuto capire prima degli altri l’inaudita regressione che le donne subiscono oggi in alcuni quartieri dove l’immigrazione di massa ha importato una civiltà islamica che è crudele con le donne».

Razzista? «Sono l’unico a non confondere la difesa della nostra gente con l’odio nei confronti degli altri. Il razzismo è ritenere inferiori quelli che sono diversi da noi proprio perché sono diversi, e considerare che solo i discendenti di Clodoveo possono essere francesi. Come potrei mai pensare una cosa del genere, io, il piccolo ebreo berbero venuto dall’altra sponda del Mediterraneo?».

La reductio ad hitlerum di Zemmour

Con queste parole, ieri, nel quadro del primo meeting di campagna al Palazzo delle Esposizioni di Villepinte, il candidato outsider alle presidenziali francesi, Éric Zemmour, si è difeso dalle accuse dei plotoni di esecuzione mediatici, impegnati in una reductio ad hitlerum quotidiana da quando ha deciso di lanciarsi nella corsa per l’Eliseo, nella demonizzazione della sua immagine e delle sue idee troppo scorrette e ostili alla narrazione progressista sui presunti splendori del multiculturalismo e dell’islamizzazione.

In Francia, come in Italia, ci si rifiuta per postura ideologica di capire chi è veramente questo scrittore e giornalista del Figaro di 63 anni che in pochi mesi ha costruito una candidatura che rischia di sparigliare le carte in vista delle presidenziali del prossimo anno, che ieri ha riempito un palazzetto di 15mila persone, molti dei quali erano giovani, mentre il Partito socialista oggi a malapena riempirebbe un bistrot, e che ha una storia e un percorso ben lontani dall’etichetta infamante populista-fascista che il giornalista collettivo gli ha affibbiato.

Zemmour, anzitutto, non è sempre stato “di destra”. Alle presidenziali del 1981 e del 1988, ha votato per François Mitterrand, il grande leader del Partito socialista, prima di divorziare con la gauche in occasione dell’affaire del velo islamico di Créil (tre studentesse musulmane si rifiutarono di togliere l’hijab a scuola, nonostante il divieto per legge, e la sinistra si schierò con loro).

Zemmour, «gollista-bonapartista»

Nei salotti televisivi viene spesso rimproverato allo scrittore di criticare le derive di certe banlieue, dove l’islam ha sostituto la République e gli ebrei non possono più vivere, senza conoscerle. Peccato che, a differenza di alcuni giornalisti-intervistatori che arricciano il naso quando se lo trovano davanti, nella banlieue Zemmour ci sia nato. Figlio di un autista di ambulanze e di una casalinga, Zemmour è infatti cresciuto a Montreuil, periferia operaia di Parigi, prima di spostarsi a Drancy, nel dipartimento della Seine-Saint-Denis, e in seguito nel quartiere di Château Rouge, a Parigi, oggi tra i più degradati della capitale. Si è fatto da solo, checché ne dica la gauche intellettuale, sfruttando l’ascensore sociale di un modello assimilazionista che funzionava, e che oggi, invece, non funziona più, sostituito dal modello multiculturale, e multiconflittuale, di matrice anglo-sassone.

Il giornale d’inchiesta Mediapart lo ha paragonato a Édouard Drumont, il libellista antisemita, salvo che Zemmour è ebreo. Sull’islam la pensa allo stesso modo di Boualem Sansal, scrittore algerino non certo tacciabile di “estremismo di destra”, minacciato di morte dagli islamisti per il suo libero pensiero. E quando gli danno del fascista, Zemmour ricorda a tutti di essere semplicemente “gollista-bonapartista”, di avere il mito di Napoleone e le stesse posizioni di De Gaulle in materia di identità francese e di islam, sottolineando che oggi il generale della Francia libera, che fondò la Quinta Repubblica, verrebbe trascinato in tribunale dai benpensanti.  «Zemmour è il nemico del genere umano», ha detto ieri Jean-Luc Mélenchon, leader della France insoumise e simbolo di una sinistra che ha smesso di pensare.

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