Un coro yodel svizzero e femminista libera i canti tradizionali dal patriarcato, qualcuno qui punta a inno e bandiera. A quando l'addio all'alpino?
Immagine generata dall'intelligenza artificiale di OpenAi
«Noi non siamo dolci, piccole e indifese!». Quando cantano le “ovaie” (sic), così si definiscono le componenti dell’“Eco dell’ovaio” (ri-sic), le canzoni non finiscono mai con una ragazza che si sposa, se due giovani si mettono insieme non ringraziano certo Dio, ma “la vita”, e non ci sono bambine che chiedono alla mamma se possono ballare con Franz promettendole «non mi farò suora; guarda i miei capelli ricci! Ho visto quanto sono carina allo specchio oggi», ma bambine che riflettono: «Il mondo ha bisogno di più bambini? Dovremmo ancora essere madri al giorno d’oggi?».
Altro che Concertone spottone, tutto marketing, sermoni, selfie e bacio a stampo tra Noemi e BigMama. Benvenuti in Svizzera, dove le cose si fanno seriamente tutto l’anno, le donne non si fanno mettere i piedi in testa dal patriarcato, e se vogliono cantare lo jodel si fondano un coro tutto loro, in barba all’Associazione federale che ne custodisce la tradizione e i cori fin dalla nascita, nel 1910, per contribuire alla “difesa spirituale” del Paese.
Il coro jodel femminista. E la risposta gay
Dal 2022 è attivissimo infatti l’Echo vom Eierstock (“eco dell’ovaio”, appunto), composto da donne tra i 25 e i 70 anni stomacate dai testi «completamente superati» delle canzoni dello jodel, unite nella missione di riscrivere i canti tradizionali e «trascinare della musica popolare alpina nel XXI secolo».
Basta con i gorgheggi e le celebrazioni di una vita idilliaca circondata da natura incontaminata e supervisionata da un Dio benevolo, gli uomini al comando e le donne presentate come ragazze ingenue, madri altruiste o mogli assillanti: «Puoi fare lo jodel senza essere conservatore», assicuravano il mese scorso intervistate dalGuardian. Non sono sole ad aver cambiato la musica fra le Alpi svizzere: per esempio l’anno scorso al grido “Where gays jodeln” è nato anche lo Jodlerklub Männertreu, il primo coro di jodel per uomini gay ma aperto a tutti, anche se il fondatore Franz Markus Stadelmann sa che «se qualcuno è bisessuale, non vorrà partecipare, perché apparirebbe come gay».
Il logo dell’Echo vom Eierstock
Cambiamo l’Inno di Mameli. E anche la bandiera italiana
Mannaggia ai conservatori. Tuttavia non è un’idea bellissima? Noi qui a coltivare il genere letterario delle molestie dell’alpino quando si può fare di più. Francamente, artista queer di X Factor, si è recentemente scagliata contro l’Inno di Mameli che le è toccato cantare alla finale di Coppa Italia di volley femminile perché «non è inclusivo». Secondo l’artista, l’incipit “Fratelli d’Italia” sarebbe in contrasto con le diverse identità di genere, d’altra parte cambiare il testo sarebbe stato vilipendio alla bandiera, e così Francamente si è limitata al messaggio alla nazione via social:
«Esiste un’Italia che resiste e che disprezza omofobia e razzismo. Le persone queen esistono, le persone transessuali esistono, le persone non binarie esistono e tutte queste persone non sono cittadini, cittadine, cittadinx di serie B, ma hanno pari doveri e soprattutto diritti di ogni italiano e italiana […] Le persone nere esistono all’interno della comunità italiana e anche loro non sono cittadine di serie B […] L’Italia si riconosce in un tricolore anacronistico, quando viene scritto l’Inno di Mameli si pensa ad unificare diversi stati sotto un’unica bandiera. Bene, noi questa bandiera ce l’abbiamo da tantissimo tempo e penso che oggi l’obiettivo dovrebbe essere quello di unificarsi sotto una bandiera di pace e inclusività […]».
Un gruppo di tradizionalissimi jodeler si esercita per riscaldare la voce durante la cerimonia di apertura della 30a Jodlerfest (foto Ansa)
La bandiera nella notte nera, il canto partigiano delle donne che dicono no
Pace, sorellx. Fiorella Mannoia ha deciso di cambiare il testo della canzone-manifesto Quello che le donne non dicono (scritta da Schiavone e Ruggeri) sostituendo il celebre verso “Ti diremo ancora un altro sì” con “ti diremo ancora un altro… no”: «Perché danno per scontato che dobbiamo dire un sì? Potrebbe essere un forse, o un no – ha spiegato a Repubblica -. E quando una donna dice no, con qualsiasi vestito, in qualsiasi circostanza e condizione, è no». «Non pensavo diventasse quasi un manifesto», ha detto invece al quotidiano Giulia Mei a proposito della sua Bandiera («Della mia fica farò una bandiera / Che brillerà nella notte nera»), da mesi «il canto partigiano» delle donne, secondo il padre della patria Jake La Furia.
E quindi attenti, alpini, e non solo perché fare cose come onorare le 62 Medaglie d’oro al valore concesse alle penne nere che si batterono nella Resistenza, dormire nelle buche di neve, dare la caccia a Bin Laden, liberare i terremotati dalle macerie, calarsi dagli elicotteri, andare in guerra o salvare la pelle al prossimo è diventato oggi non diciamo meno importante ma almeno “diversamente notiziabile” dall’aver deciso, due anni fa, di andare a lezione contro le molestie. Ma perché in attesa dei vostri raduni (“Biella è pronta per la grande invasione”; titola la Stampa a proposito della 96a Adunata nazionale degli alpini, che la città ospiterà dal 9 all’11 maggio), prima o poi verranno a prendere anche i vostri canti.
Attente, ragazzine, che il Quarto sta arrivando. Ah no!
Niente più “stansett con trì o quater mas’cett” che vi “ciàmen papà!”; niente Celestina in cameretta a ricamare rose e fiori; niente bacin sul Ponte di Bassano. Addio bella la va al fosso, Joska la rossa, ragazzine che vogliono frementi il Quarto reggimento del battaglion d’Aosta, veglie con la morosa e la mamma nel cuor. Forse, tra qualche anno, anche il coro alpino verrà ripulito da patriarcato e vino rosso con penne arcobaleno e coca zero.
Dopo di che, siccome la natura non fa nulla di inutile, a furia di sfidare l’eco a restituire la propria voce, dallo jodel delle ovaie delle vette alpine ai talent delle partigiane nelle piazze di città, non risuonerà che un solo canto, un solo inno, una sola bandiera: la solita solfa. Prevedibile certo, come, l’arrivo del tradizionale “bel bambino che sputa il latte, beve il vino”, ma anche come la molto più progressivamente aggiornata menopausx.
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