
Domani inizia il secondo “vertice nucleare” tra Kim e Trump. Tutto quello che c’è da sapere

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il dittatore nordcoreano Kim Jong-un si incontreranno il 27 e 28 febbraio per un vertice ad Hanoi, in Vietnam. Si tratta del secondo incontro dopo il primo storico del giugno 2018 a Singapore. Gli obiettivi dei due leader non sono cambiati rispetto all’anno scorso: il primo vuole la «completa, verificabile e irreversibile» denuclearizzazione della penisola coreana, il secondo chiede la fine delle sanzioni che mettono in ginocchio l’economia locale e la garanzia che la comunità internazionale non cercherà di rovesciare il regime.
Al termine del primo vertice Trump disse che l’incontro era «andato meglio di quanto chiunque avesse potuto aspettarsi». Ma il documento firmato dai due leader era estremamente vago e, promesse a parte, non ha portato nei mesi successivi a passi avanti concreti verso la denuclearizzazione.
IL REGIME COSTRUISCE NUOVE BOMBE ATOMICHE
Secondo un rapporto della Stanford University negli ultimi sette mesi Pyongyang potrebbe avere costruito tra le cinque e le sette testate nucleari. Il regime potrebbe disporre dunque di circa 30-60 ordigni atomici. Nonostante questo, anche grazie al congelamento delle esercitazioni militari tra Stati Uniti e Corea del Sud, considerate un’aggressione da Pyongyang, è dalla fine del 2017 che il regime comunista non realizza test missilistici o nucleari.
LA FINE DELLA GUERRA COREANA
Secondo quanto dichiarato dal portavoce del presidente sudcoreano Moon Jae-in, al termine del vertice Kim e Trump potrebbero firmare un documento che ponga fine anche formalmente alla Guerra coreana (1950-1953), che si era conclusa con un armistizio. Questo passo, per quanto simbolico, seguirebbe la dichiarazione di settembre tra Nord e Sud Corea, che si sono impegnate a «cessare ogni atto ostile» e ogni provocazione al confine tra i due paesi.
DENUCLEARIZZARE: COME E QUANDO?
Per quanto riguarda il nocciolo della questione, la denuclearizzazione e le sanzioni, il problema resta sempre lo stesso: chi deve fare il primo passo? È dal 1985, infatti, che gli Stati Uniti cercano di ottenere in ogni modo lo smantellamento o almeno l’interruzione del programma nucleare e missilistico nordcoreano in cambio di ingenti e generosi aiuti alimentari ed economici. Prima di Trump, ci hanno già provato Clinton, Bush e Obama: tutti e tre hanno fallito, vedendosi sul più bello sbattere la porta in faccia dal dittatore di turno. Anche a causa delle trattative recenti, Washington prima di concedere qualcosa vuole avere prove tangibili della denuclearizzazione, mentre Pyongyang non vuole muovere un dito senza prima ottenere qualcosa in cambio.
L’unica possibilità per fare passi avanti, a meno che Trump non ceda su tutta la linea ai desiderata di Kim e viceversa, è convergere su un compromesso rischioso che ruota attorno al centro di ricerca nucleare di Yongbyon. La Corea del Nord dispone di tre reattori nucleari e si trovano tutti in questo sito, che è anche l’unica fonte di plutonio per realizzare armi nucleari. Kim ha più volte parlato della possibilità di chiudere il centro di Yongbyon e potrebbe acconsentire a farlo sotto la supervisione di ispettori internazionali.
IL CENTRO DI YONGBYON E IL TURISMO
Chiudere il centro non intaccherebbe l’arsenale atomico nordcoreano e rimarrebbero molte domande aperte: Kim smantellerà il centro «in modo irreversibile»? E gli altri siti dove arricchisce l’uranio? Permetterà davvero agli ispettori di controllare il processo? Lo farà in tempi rapidi (potrebbero volerci anni)? È possibile verificare che mantenga davvero le promesse? Accetterà poi di smantellare anche il suo arsenale in futuro? Queste e altre domande rimarrebbero aperte, anche perché il centro è un intricato complesso di 390 strutture, ma l’iniziativa costituirebbe senza dubbio un primo passo verso la denuclearizzazione reale.
In cambio della chiusura del centro nucleare Kim vuole «adeguate misure corrispondenti». Difficile che gli Stati Uniti cancellino tutte le sanzioni: potrebbero però dare il via libera a importanti progetti economici intercoreani, come l’apertura di una zona turistica in Corea del Nord, allentare almeno in parte il divieto di investire in progetti infrastrutturali nordcoreani da parte di paesi esteri (Singapore e Vietnam sarebbero già pronti a investire miliardi) e permettere l’entrata di maggiori aiuti per scongiurare crisi alimentari e carestie.
Non è un segreto per nessuno che Kim vorrebbe anche il ritiro delle truppe americane dalla Corea del Sud (28.500 effettivi), obiettivo che condivide con la Cina e, secondo l’Associated Press, anche con lo stesso Trump. Difficile che il 27 e 28 venga raggiunta un’intesa su questo punto ma i due leader potrebbero parlarne.
NOBEL PER LA PACE
Se questo è lo schema su cui hanno lavorato le diplomazie alla vigilia del vertice, è impossibile prevedere l’esito dell’incontro. Soprattutto è impossibile sapere a priori se eventuali promesse da parte dei leader saranno mantenute. Secondo il New York Times, il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha dichiarato a porte chiuse: se Kim accetterà anche solo il 60 per cento delle nostre proposte sarà più di quanto ogni altra amministrazione abbia mai raggiunto. Un altro alto funzionario americano ha dichiarato anonimamente: «Non so se Kim deciderà davvero di denuclearizzare. Ma la ragione per cui ci stiamo impegnando così è perché abbiamo buone ragioni per credere che potrebbe farlo».
I punti interrogativi dunque restano ma se il dialogo fosse seguito da passi concreti, la richiesta fatta a Oslo dal premier giapponese Shinzo Abe di assegnare il Nobel per la pace a Trump non sarebbe affatto campata in aria.
Foto Ansa
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