Vicepatriarca copto: «Salafiti, non ci renderete schiavi. Lo Stato religioso ha fallito»

Di Leone Grotti
13 Marzo 2012
Yohanna Qulta, vicepatriarca copto cattolico, intervistato da Al-Hayat, dichiara: «I salafiti vogliono farci pagare una tassa, come nel Medioevo, ma noi ci batteremo fino al martirio. La religione è libertà, deve guidare le coscienze umane, non regolare il traffico o le tasse. Lo Stato religioso ha fallito sempre e dovunque, i musulmani devono capirlo»

«Il tempo della schiavitù è finito, non torneremo al Medioevo. Se in Egitto dovesse essere introdotta la Jizya, ci opporremo fieramente fino al martirio». Risponde così alle domande dell’intervistatore egiziano dell’emittente cristiana Al-Hayat Yohanna Qulta, vicepatriarca copto cattolico dell’Egitto. Quando parla di Jizya, il prelato cattolico si riferisce alla tassa prevista per i non musulmani dal passo 9:29 del Corano: «Combattete coloro che non credono in Allah né nell’Ultimo giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo, e siano soggiogati». Il tributo è appunto la tassa Jizya, il cui pagamento conferiva ai cristiani lo status di “dhimmîy” (protetti), con cui ottenevano il diritto di vivere in pace e in sicurezza nello Stato islamico.

Di recente i salafiti hanno minacciato di introdurre la tassa per i cristiani in Egitto e il leader supremo dei Fratelli Musulmani, Muhammad Badi, ha dichiarato che «il paese dovrà evolvere e diventare un califfato». Alla domanda se i cristiani pensino di andarsene dallo Stato nordafricano, Qulta risponde: «Assolutamente. La paura dei cristiani nasce da quello che vediamo in Tv e leggiamo nei giornali nazionali, ci cui non voglio dire il nome. Anzi, perché no? Al-Ahram, Al-Akhbar fanno grandi titoli di apertura citando i salafiti che dicono che i copti dovrebbero o lasciare l’Egitto o pagare la tassa Jizya in segno di sottomissione».

Poi continua: «Ma il mondo è cambiato, i cristiani non combattono più i musulmani. Perché ci volete espellere? Sono forse i copti una comunità straniera? I salafiti sostengono che in Svizzera i musulmani vengono perseguitati, e così in Francia, io penso che la persecuzione di chiunque sia inaccettabile ma noi non siamo una comunità di immigrati, abbiamo profonde radici in questo paese. Se la Jizya dovesse essere instaurata, noi ci opporremmo in modo fiero, fino al martirio. Non si può ritornare al Medioevo. Se succedesse non andremmo all’Onu né dagli americani, ma ci appelleremmo ad Al-Azhar, ai valori morali islamici e alla maggioranza dei musulmani, che è moderata. I giorni della schiavitù sono finiti, terminati quelli della Jizya».

Continuando l’intervista, il vicepatriarca copto cattolico spiega che «quello che i salafiti e gli altri devono capire è che lo Stato religioso ha fallito sia in Oriente che in Occidente, sia nei paesi cristiani che in quelli musulmani, in ogni era. La Chiesa è stata liberata il giorno in cui la religione è stata separata dallo Stato. In Francia e in Europa nonostante la separazione la religione esiste ancora». «È stato provato – continua – che uno Stato religioso non è compatibile con la natura umana perché il ruolo della religione è educare la coscienza umana, formare la coscienza dell’uomo. La religione non deve regolare il traffico o le tasse o determinare se uno debba vestire l’hijab o il niqab, deve guidare le persone ma lasciarle libere di scegliere. La religione è libertà».

L’intervista è stata realizzata a fine dicembre scorso (ma tradotta solo qualche giorno fa) quando non erano ancora certi i risultati delle elezioni parlamentari in Egitto, vinte dai Fratelli Musulmani e dai salafiti, che occupano il 75% dei seggi.
twitter: @LeoneGrotti

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