La preghiera del mattino (2011-2017)
Vescovi Pordenone, Udine e Trieste contro trascrizioni nozze gay
Dopo il sinodo, i vescovi Giuseppe Pellegrini (Concordia-Pordenone), Andrea Bruno Mazzocato (Udine) e Giampaolo Crepaldi (Trieste) hanno inviato ai fedeli delle loro diocesi il seguente messaggio.
Cari fratelli e sorelle,
Si è appena concluso il Sinodo dei Vescovi dedicato a “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto della nuova evangelizzazione”. I Vescovi, riuniti attorno a Papa Francesco, hanno dato testimonianza a tutti dell’amore preferenziale della Chiesa per la famiglia. Essi iniziano sia il Messaggio e che la Relazione conclusiva, rivolgendo il loro pensiero “a tutte le famiglie dei diversi continenti e in particolare a quelle che seguono Cristo Via, Verità e Vita”. Verso queste ultime, formate da battezzati, i Pastori della Chiesa così si esprimono: “manifestiamo la nostra ammirazione e gratitudine per la testimonianza quotidiana che offrite a noi e al mondo con la vostra fedeltà, la vostra fede, speranza e amore”. Noi vescovi di Pordenone Udine e Trieste desideriamo unirci alla voce di Papa Francesco e del Sinodo ed esprimere stima e sostegno alle tante famiglie delle nostre Diocesi che danno testimonianza di un amore fedele e aperto alla vita. Esse sono un esempio da indicare ai giovani che hanno bisogno di ideali grandi per la loro esistenza.
La Chiesa ha ricevuto dal suo Signore il “Vangelo della famiglia” e desidera farlo risuonare anche in questo tempo perché “ è gioia che riempie il cuore e la vita intera”. I primi annunciatori sono proprio i coniugi e le famiglie cristiane perché “senza la loro testimonianza l’annunzio, anche se corretto, rischia di essere incompreso o di affogare nel mare di parole che caratterizza la nostra società” (Relatio Synodi, 2.30.31). Anche nelle nostre Diocesi abbiamo splendide famiglie cristiane che hanno fondato il loro amore sulla grazia del sacramento e, confidando in Dio, si conservano indissolubilmente fedeli e aperte a generare nuove creature. Esse sono un Vangelo vivente che diffonde la speranza che è possibile superare la diffusa fragilità affettiva e maturare la forza di donarsi reciprocamente per tutta la vita (Relatio Synodi, 10). Queste famiglie ci impegneremo ad amare e a sostenere in ogni modo perché sono, da tutti i punti di vista, un patrimonio per la Chiesa e per tutta la società.
In questo contesto non possiamo nascondere la sofferenza per certi travisamenti della realtà della famiglia e del matrimonio recentemente sostenuti da rappresentanti di istituzioni pubbliche. Ci riferiamo, in particolare, ai sindaci di alcuni comuni italiani che hanno dato vita ad iniziative non rispettose degli ambiti del loro potere, finalizzate alla trascrizione nel registro dello stato civile di un matrimonio tra persone dello stesso sesso celebrato all’estero. Tali iniziative hanno lo scopo di forzare la legislazione nazionale sui temi relativi ai cosiddetti “nuovi diritti” e l’intento di condizionare l’opinione pubblica. Nei giorni scorsi un simile orientamento è stato concordato anche dai comuni di Pordenone, Udine e Trieste. Da più parti è già stato messo in luce che i provvedimenti di un’amministrazione comunale non possono debordare l’ambito loro proprio e porsi in contrasto con le leggi vigenti.
Come Vescovi delle Diocesi in cui sono presenti i comuni sopra citati, più che per gli aspetti tecnici che lasciamo valutare prudentemente ad altri, siamo preoccupati per le questioni di sostanza. La legalità, di cui una comunità ordinata vive, ha molti aspetti che riguardano il bene comune. La pace è sempre tranquillitas ordinis, la tranquillità dell’ordine. Nel disordine non c’è pace e non c’è bene comune. Chi ha dei ruoli pubblici, come è il caso dei sindaci, ha in ciò una responsabilità maggiore di altri, proprio in quanto investito di un potere pubblico in ordine al bene comune. Il potere deve essere sempre responsabile se vuole essere autorevole e non arbitrario. Non si può, poi, in nome della difesa dei diritti di qualche cittadino snaturare il concetto di famiglia accolto nella Costituzione italiana. I diritti fondamentali della persona vanno indubbiamente rispettati, ma senza estendere la legislazione familiare e matrimoniale a relazioni affettive e sessuali che, per natura loro, famiglia e matrimonio non sono. Su un tema tanto delicato e decisivo per il futuro della società, ci sembra che le argomentazioni addotte dai responsabili delle amministrazioni comunali interessate, siano superficiali e ambigue.
Ci permettiamo, inoltre, di farci interpreti di tante famiglie che continuano a lottare contro una pesante precarietà economica e lavorativa. Grazie alla loro forza di coesione e di solidarietà esse stanno dando a tutta la società un decisivo contributo per reggere in questa prolungata crisi. Aggiungiamo, poi, che “i fattori di ordine economico esercitano un peso talvolta determinante contribuendo al forte calo della natalità che indebolisce il tessuto sociale, compromette il rapporto tra generazioni e rende incerto lo sguardo sul futuro” (Relatio Synodi, 57). E’ sotto gli occhi di tutti quanto la denatalità sia una delle più preoccupanti emergenze anche dei nostri territori. Per questi motivi le esigenze delle famiglie dovrebbero essere collocate tra i primi posti dell’agenda dei nostri amministratori nei quali vorremmo vedere maggiore convinzione nel promuovere politiche più incisive a favore della famiglia.
Siamo coscienti che i punti toccati esigerebbero più approfondite argomentazioni, non compatibili con questo breve messaggio. Tuttavia, li offriamo come stimolo a promuovere una pastorale familiare sempre più convinta e ricca nelle nostre Chiese diocesane. Con questo Messaggio intendiamo, inoltre, rinnovare la nostra piena disponibilità a confrontarci con tutti sulla base dell’onestà intellettuale e del principio intangibile del rispetto della persona nella sua identità naturale. Non possiamo rassegnarci perché troppo decisivi e preziosi sono la famiglia e il matrimonio anche nei nostri contesti umani, culturali e sociali e vivi restano nelle autentiche aspirazioni dei giovani.
Mentre vi assicuriamo la nostra preghiera, a tutti vogliamo far giungere la nostra benedizione.
+ Giuseppe Pellegrini, Vescovo di Concordia-Pordenone
+ Andrea Bruno Mazzocato, Arcivescovo di Udine
+ Giampaolo Crepaldi, Arcivescovo-Vescovo di Trieste
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8 commenti
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Sentiti ringraziamenti ai vescovi coraggiosi, che ci aiutano a resistere alla nefasta ideologia del gender e ai suoi miasmi di putrefazione.
ma se il papa non fa più differenza tra omo o etero perché preoccuparsene ancora?
Non mettere in bocca al Papa cose che non ha detto
Ma soprattutto chi se ne frega di cosa dica o meno.
Soprattutto, si capisce, dalla reazione di un Io a misura di modestia o superbia senza pari, che, per tutti gli Io che si fermano a se stessi, il problema che siano i vescovi o la religione a dire “no” a gay e a non gay, è un falso problema.
Il problema vero, loro, vostro, suo, Io o non Io, è che chiunque non sia d’accordo con loro, voi, l’Io e solo Io, lo considerano come non piace essere considerati a loro, voi, Io e poi Io.
Infatti, vescovi o no, religione o no, Scalfar8 o no, c’è chi dirà sempre NO a matrimoni gay, adozioni gay e genderismo assortito.
E i vescovi, nel caso, hanno ragione anche per conto di chi non crede e dei gay che non vogliono farsi irreggimentare nelle schiere del Pensiero Unico, come chi commisura all’Io tutto il resto, come se fra le due cose vi fosse proporzione e nessuna differenza. Quella differenza che non vedono mai. E contro cui vanno a battere la testa.
“La pace è sempre tranquillitas ordinis, la tranquillità dell’ordine. Nel disordine non c’è pace e non c’è bene comune”
Sostanzialmente la ragione per cui i romani crucifiggevano e mandavano alle fiere i cristiani.
Ma non c’entra niente, Lucillo! I cristiani davano e danno a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio e già nella lettera a Diogneto dei primi secoli si dice che non differiscono in nulla dagli altri cittadini se non nel fatto che si vogliono bene tra loro e vogliono bene al prossimo. Li ammazzavano allora è lì perseguitano ancor oggi perché testimoniano l’amore al prossimo e a Dio e con questo, non soltanto con i propri desideri e la propria volonta’, costringe a fare i conti. Un mondo senza Cristo è un mondo condannato alla barbarie.
In linea generale potrei anche concordare, ma io commentavo dal punto di vista del potere, quello adottato dai tre vescovi… o che vorrebbero ma non possono più adottare.
I cristiani erano ammazzati in quanto sentiti pericolosi per la tranquillità dell’ordine costituito, indipendentemente dai dettagli che costituivano il pericolo. In una società guerriera è pericoloso e barbaro avere una dedizione che prescinde dai doveri collettivi nei confronti dello stato. Non sto dicendo che sono per le società guerriere, sto dicendo che le argomentazioni dei tre vescovi sono del tutto analoghe.