«Lunar pedofilo e terrorista»: sostenitori di Maduro attaccano i preti in Venezuela

Di Redazione
02 Marzo 2019
Hector Lunar, sacerdote di Petare, sobborgo di Caracas, è perseguitato dal regime perché denuncia la crisi nel paese: «Il problema del Venezuela è solo uno: Maduro»
epa06638148 Hundreds of people participate in an enactment of the Via Crucis, or Stations of the Cross, in the El Nazareno neighborhood of Petare, Caracas, Venezuela, 30 March 2018. The Stations of the Cross is a reenactment of the events which occurred on the supposed day of the crucifixion of Jesus Christ, traditionally observed on Good Friday. EPA/CRISTIAN HERNANDEZ

«Hector Lunar: pedofilo e terrorista». Sono queste le parole comparse pochi giorni fa sui muri della chiesa cattolica Dolce nome di Gesù a Petare, sobborgo orientale di Caracas, capitale del Venezuela. Hector Lunar è il parroco e da gennaio è sotto attacco dei fedelissimi del dittatore Nicolás Maduro, che lo accusano di criticare il presidente durante le funzioni.

«MADURO È RESPONSABILE DELLA CRISI»

Da fine gennaio, e per 19 giorni consecutivi, i sostenitori del regime si sono riuniti nella piazzetta antistante la chiesa, suonando musica a tutto volume e gridando con gli altoparlanti insulti a padre Hector per disturbare le messe. «Si nasconde dietro il suo abito talare per promuovere per le strade proteste, terrorismo e chiedere l’intervento militare», denuncia all’Associated Press Abraham Aparicio, sostenitore di Maduro. «Quando gli Stati Uniti ci bombarderanno, Dio non voglia, moriremo tutti», grida in un microfono.

«Possono accusarmi di tutto quello che vogliono ma non hanno niente cui aggrapparsi», risponde tranquillamente padre Hector. «Andremo avanti nella nostra battaglia perché questo paese deve cambiare». La Chiesa cattolica del Venezuela è l’istituzione che più si è esposta nel condannare Maduro e le sue politiche scellerate che hanno ridotto il paese alla fame sprofondandolo nella miseria. «La messa è la messa», continua il sacerdote spiegando perché non esita a criticare il regime anche dal pulpito. «Ma ci sono dei momenti in cui bisogna intromettersi anche negli affari sociali del paese. È impossibile non farlo perché il problema del Venezuela è solo uno: e il suo nome è Nicolás Maduro».

SITUAZIONE POLITICA DI STALLO

Da quando il presidente del Parlamento esautorato Juan Guaidó si è autoproclamato presidente ad interim del paese, la situazione del Venezuela è in stallo. Stati Uniti e molti paesi europei e del Sudamerica l’hanno riconosciuto come legittimo presidente, ma l’esercito continua a stare al fianco di Maduro, che non sembra avere alcuna intenzione di dimettersi o di indire libere elezioni. Dopo avere vinto l’ultima consultazione popolare, che si è rivelata una farsa, il 10 gennaio Maduro ha inaugurato il suo secondo mandato come presidente.

Il 23 febbraio l’opposizione ha fatto arrivare al confine con la Colombia e il Brasile tonnellate di aiuti umanitari. Maduro ha impedito che entrassero nel paese, continuando a negare che ci sia una crisi sanitaria e alimentare e sostenendo il tentativo da parte degli Stati Uniti di colonizzare e aggredire Caracas. Il regime ha così dimostrato una volta di più quanto gli interessi di Maduro e del partito socialista divergano da quelli della popolazione.

«A CASA NON ABBIAMO DA MANGIARE»

Proprio in questi giorni è diventato virale in Venezuela sui social media il video di una bambina della scuola elementare che, invece di mangiare una focaccia alla mensa, la mette da parte per portarla a casa. «È per mia mamma», spiega nel filmato. «A casa non abbiamo abbastanza da mangiare».

Anche nel sobborgo di Petare, dove vivono circa 400 mila persone, il cibo è poco, l’acqua scarseggia, la corrente elettrica manca spesso e molte persone muoiono nelle proprie case per la mancanza di medicinali. È per loro che padre Hector continua a denunciare Maduro. E quando gli scrivono sulla facciata della chiesa che è un pedofilo o un terrorista, si limita a cancellare gli insulti con una nuova mano di vernice e a dire: «Dio è grande».

Foto Ansa

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