Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
È pensiero comune quello per cui occorre affidare il potere alla generazione dei quarantenni se si vuole cambiare il mondo. Ho scoperto che sono due i leader quarantenni più importanti del pianeta. Uno è Matteo Renzi (40 anni). L’altro è il califfo Ibrahim, al secolo Abu Bakr al Baghdadi (44). L’accostamento non vuole essere malizioso, anche se entrambi hanno metodi spicci. Mi domando però se non si debbano avere criteri previ un po’ più seri rispetto all’età per definire nel bene e nel male un leader politico. Il criterio migliore penso sia avere un’anima grande, capace di difendere l’espressività del senso religioso di ognuno, e del bisogno di ognuno di obbedire a quello che lo costituisce più profondamente: cioè radunarsi per rispondere al bisogno degli altri. Una grandissima personalità religiosa di cui non faccio il nome indicò un uomo così: il Mahatma Gandhi. Per non ferire la libertà nemmeno dei microbi, cercava di respirare piano per non uccidere i moscerini (non scherzo).
Oggi in Italia c’è un leader politico – Renzi appunto – che occupa ogni spazio decisionale possibile e immaginabile. A me, fatta salva la sua buona fede, appare come il contrario di Gandhi. Ha un disegno sul mondo, che non so quale sia, ma lo applica. Si sta costruendo leggi elettorali e Costituzione che rafforzeranno ancor più il suo dominio. Non è tutta colpa sua, questo strapotere, ma ce l’ha. A me ricorda un po’ la situazione dell’impero romano, quando si tolleravano i cristiani, ma non esisteva la possibilità di costruire un’alternativa. Allora si influiva entrando a corte, facendo il possibile. Qualcosa di simile capitò sotto i sultani, quando i gran visir (turchizzati e islamizzati, ma fino a che punto non si sa) venivano da famiglie cristiane.
Ora la scelta è per forza identica? O si entra alla corte di Renzi oppure niente? Io ritengo si debba mettersi insieme per costruire qualcosa di diverso, di meno cloroformizzato dal potere unico, che ad esempio si è esercitato annullando spazi alle associazioni intermedie. Renzi, non so quanto coscientemente, afferma l’idea che ci debbano essere solo il governo e i singoli cittadini, senza rappresentanze, comunità, corpi sociali organizzati o spontanei. La strada di essergli vicino, di lottare con Renzi per il bene comune piantandogli un gomito nel costato, è quella che hanno scelto i miei amici del Nuovo centrodestra, ad esempio.
Il problema è che però, parlandone con il rispetto che si deve a quarantenni come lui e il Califfo, Renzi è un cannibale. Lupi è stato tranquillamente mangiato in tre giorni, poi elogiato, dopo che era stato digerito dall’immenso apparato renziano di politica, magistratura e mass media. Mi chiedo: vale la pena stare a fianco di Renzi, per strappargli concessioni? Oppure in tal modo si finisce per consolidare un simpatico mostro?
A Boris Godunov, come a tutti i russi, l’amicizia è sacra. Ci fa spaccare i bicchieri a terra. Nel senso che costringe a frantumare sul pavimento un giudizio che sembrava acquisito: cristallizzato appunto. Gabriele Toccafondi, sottosegretario all’Istruzione del governo Renzi, mi ha costretto a ripensare un paio di mie idee. La coppa si è scheggiata nell’impatto ma la raccolgo, quasi intatta, e la porgo all’amico. Gabriele sostiene: il risparmio consentito dal disegno di legge sulla “buona scuola” alle famiglie che mandano il figlio in un istituto non statale, è forse poco concretamente, ma ha una fortissima valenza, apre una breccia a Porta Pia da cui entreranno i bersaglieri della libertà di educazione. È il massimo nelle condizioni date. Il discorso è molto interessante, realistico. Ma non è troppo realistico, troppo simbolico? Non si finisce così con il trasformare le “condizioni date” in un tempo di devastazione della democrazia? Esagero? Ovvio. I russi sono esagerati.
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