Un’etica per gli ambienti digitali: tra necessità e velleità

Di Adriano Fabris
15 Settembre 2024
Adriano Fabris (Università di Pisa) tira le fila di quanto dibattuto su "Lisander", il substack nato dalla collaborazione tra Tempi e Ibl
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social networkDesidero anzitutto ringraziare la rivista Lisander per aver ospitato un così ampio dibattito sulla mia riflessione relativa agli ambienti digitali. E ringrazio davvero di cuore la collega e i colleghi che sono voluti intervenire in maniera così puntuale e impegnata. I loro interventi offrono approfondimenti essenziali riguardo alla situazione in cui ci troviamo a vivere e prospettive per affrontarla nella maniera migliore.

Due, mi sembra, sono i nuclei tematici su cui soprattutto si concentrano gli interventi, reagendo a ciò che ho cercato di dire nel mio testo. Il primo riguarda l’idea che ho presentato di ambiente digitale – cioè del digitale come un ambiente, o come molteplici ambienti che si affiancano e possono sostituirsi all’ambiente fisico –, nonché, collegato a essa, il problema del rapporto che si può stabilire fra le due dimensioni, digitale e fisica. Il secondo nucleo riguarda la mia proposta di gestione etica di questa distinzione e di questo rapporto. Dal modo in cui si affrontano tali questioni di fondo discendono poi conseguenze importanti sia sul piano teorico che sul piano pratico, sia su un versante politico che all’interno di un contesto educativo.

Riguardo al primo nucleo tematico, non tutti gli interventi concordano sul fatto che, nel caso del digitale, si possa parlare di veri e propri ambienti e che questi ambienti possano o debbano, per una loro gestione su di un piano etico, venire distinti dall’ambiente fisico in cui ci muoviamo con il nostro corpo. Ormai viviamo di fatto in contesti ibridi, nei quali si mescolano online e offline. La nostra esperienza è ormai trasformata da questa situazione: e forse, per alcuni, non è neppure un male. […]

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