Una manovra assennata ma con poca fantasia. Ora serve una nuova fase
Una manovra con poca fantasia, assennata e senza prendere troppi rischi. La politica non può fare miracoli sull’economia e il sentiero per l’Italia è molto stretto in questo 2023-2024. D’altronde lo scempio del bonus 110% è già costato oltre 100 miliardi alle casse statali: è stato varato dal governo di centrosinistra di Giuseppe Conte ed è stato avallato come politica green dalla Commissione Europea. Il buco è profondo e non finirà a breve. Un pessimo affare che ha ridotto lo spazio in bilancio per il governo Meloni.
Quadro fosco, manovra parca
Più in generale sono finiti i tempi dei cordoni della borsa larga e dopo due anni di deficit, e dieci anni di quantitative easing, si va verso una correzione importante. La Bce, arrivata in ritardo sull’inflazione, è stata costretta a un rialzo dei tassi d’interesse rapido e senza soste. Il risultato è la riduzione della crescita e l’aumento del costo del debito, ma con una inflazione che resta ancora intorno al 5 per cento a causa delle tensioni sul mercato delle materie prime. Il quadro è dunque fosco e costringe il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti a una legge di bilancio parca: toppa sui danni di Conte, finanziamento del debito pubblico, aiuto ai salari confermando taglio sul cuneo fiscale, mini-riforma dell’Irpef con un accorpamento delle prime due aliquote oggi ristretto soltanto al 2024.
La sinistra ha scassato i conti, la destra sistema
Per non allertare mercati e commissione europea si è dovuta procedere per priorità, con il massimo della razionalizzazione. Molto sacrificato, in termini quantitativi, il ritocco di formule che derogano all’età pensionabile. Dopo che la sinistra, con la complicità di Bruxelles, ha scassato i conti italiani alla destra tocca riportare la serietà: questa è una verità che in pochi saranno disposti ad ammettere. Tutto questo va spiegato agli italiani poiché le condizioni economiche sono cambiate, le riforme procedono a piccoli passi in quanto i fondi sono quello che sono, le promesse elettorali si realizzeranno in modo graduale e quasi certamente parziale.
Oltre la manovra (e il Pnrr?)
Occorrerà poi fare chiarezza infine anche sul Pnrr. Grazie al lavoro di Meloni e Fitto arriva la terza rata e probabilmente anche la quarta, ma il piano è oramai sparito da ogni orizzonte. A che punto siamo? L’Italia riuscirà a godere di tutti i finanziamenti previsti e tramutarli in progetti concreti? Conviene indebitarsi per oltre 120 miliardi come previsto? Nei prossimi mesi il governo deve prendere in mano la questione e governarla. Al tempo stesso se si vuole realizzare il programma di governo bisogna anche iniziare a tagliare qualche spesa statale, sempre che non si vogliano alzare le tasse nel caso di una recessione probabile.
Sulle municipalizzate si potrebbe fare molto così come su sanità e pensioni, dove il calo demografico e l’invecchiamento della popolazione mordono sui costi, andrebbe impostato un modello di partnership tra pubblico e privato che permetta di rendere questi due settori sostenibili per la finanza pubblica nei prossimi decenni. Insomma, è arrivato il momento per il governo di avviare una seconda fase: finita l’era del deficit alto e dei sussidi deve iniziare una fase in cui il pubblico spinga il privato con politica industriale, fisco riformato e investimenti pubblici utili. Con questo scenario non si possono compiere miracoli, ma si può essere ragionevoli e dalla parte di chi produce e lavora anche con pochi soldi nelle casse.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!