Lettere al direttore

Un questionario per aiutarci a essere ancora più belli

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Pubblichiamo la rubrica delle “lettere al direttore” contenuta in Tempi n. 15 (vai alla pagina degli abbonamenti). Per scrivere ad Alessandro Giuli: [email protected]

Le scrivo per sottoporle alcune mie considerazioni sul Bilancio di previsione della giunta Appendino, che governa la città di Torino. Il presupposto di questo primo Bilancio a firma Cinque Stelle è la sovrastima delle entrate, alla quale corrisponde un taglio delle spese. Ma a emergere sono soprattutto le insanabili contraddizioni tra promesse (in campagna elettorale) e fatti (dimostrati nelle ultime scelte strategiche). Dodici mesi fa, i Cinque Stelle non si stancavano di promettere attenzione alle periferie, alle fasce a basso reddito della popolazione e alle scuole: oggi tagliano i fondi alle Circoscrizioni, alle scuole materne Fism e al welfare, peraltro aumentando per tutti tariffe e tasse. Ieri parlavano di sostenibilità, ambiente e mobilità alternativa: oggi intendono finanziare la manutenzione del verde pubblico, quella delle strade e la costruzione di piste ciclabili con i proventi delle multe, cioè tramite un’entrata assolutamente incerta oltre che sovrastimata. Nel 2016 il mantra era “no ai centri commerciali”: in questo 2017 si vuole basare gran parte del bilancio sugli oneri di urbanizzazione (per cifre che definire ottimistiche è un eufemismo, 42 milioni in totale, come neanche negli anni Sessanta o in occasione delle Olimpiadi invernali). Questo è un bilancio iniquo (perché tartassa la classe media senza fare redistribuzione a favore di chi sta peggio) ed è un bilancio che non può stare in piedi. La cosa è inquietante, dal momento che sul bilancio si regge, o dovrebbe reggersi, la tenuta dell’intera città. Non nascondo la mia preoccupazione.
Silvio Magliano, capogruppo Moderati, Consiglio comunale di Torino

Tasse, multe, cemento, bugie e imperizia. Si dicono Cinque stelle, sono Cinque buchi neri.

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Caro direttore, bravi, continuate così: Tempi è sempre più bello e desiderabile.
Gino Martelli Roma

Grazie, gentile signor Martelli. E voi lettori aiutateci a essere ancora più belli, compilando il questionario che vi abbiamo inviato per posta elettronica. Fatelo qui: tempi.it/questionario-lettori

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Gentile direttore, ma due paroline due sulle tasse in arrivo nella nuova manovrina, nel Def, nella manovrona autunnale, vogliamo spenderle o no? Grazie.
Marcello Pompili Latina

Gentile signor Pompili, per adesso si sanno poche cose e antipatiche. Anzitutto che il governo si prepara a fare cassa con sigarette e giochi vari. Ora, essendo lo Stato monopolista della violenza, dei tabacchi, dell’alcol e del sistema gioco, ci mancherebbe che non possa fare quel che ritiene più adeguato alle sue, cioè alle nostre necessità. Ma il punto è proprio questo: a chi giova aumentare le tasse sui vizi nazionali? E in che modo aumenteranno queste imposte? Sull’ultimo quesito ancora non è detta l’ultima parola. Sul primo possiamo già concludere così: non ci guadagnerà nessuno. Le sigarette continueranno a essere fumate, magari di contrabbando; i giocatori continueranno a giocare (magari tornando a rivolgersi al mercato dell’illegalità, se il costo di gratta e vinci e affini dovesse crescere oltre misura). Il gettito complessivo, tempo pochi mesi, ne risentirà. Rimarrà l’ipocrisia di uno Stato che criminalizza le fonti auree dei propri introiti, per giunta spremendo le sue concessionarie che si occupano anche di preziosi servizi civici (pagamento bollette ecc). Un capolavoro. E con una domanda ancora inevasa: davvero sono queste le misure previste per rilanciare la crescita, altre tasse? Boh.
Ps. Il direttore di Tempi fuma e beve e gioca responsabile.

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Il nostro non è più un paese per i giovani (che se ne vanno a cercare lavoro) né per i vecchi (che se ne vanno appena pensionati), non lo è mai stato per le famiglie e le donne in attesa (ammansite con regalini tipo i bonus bebé quando non osteggiate; mentre in Austria, per dire uno Stato che sostiene la famiglia, la mamma può restare a casa fino a due anni dopo il parto, godendo di una parte dello stipendio e di diverse agevolazioni) né per i malati e i disabili, abbandonati e ora mortificati nella loro scelta di vivere, né per i disoccupati di cui assistiamo ai suicidi, né per gli immigrati che “integriamo” lasciandoli a mendicare fuori dai supermercati. In questo bellissimo ma disorientato paese assistiamo a un quadretto bucolico dove due agnellini vengono “salvati” e accolti con tutti i riguardi a Montecitorio (e il mio cagnolino non può entrare nei musei: che discriminazione!). Si dice che il mondo non finirà con uno schianto ma con un lamento. L’Italia, invece, finirà con un belato. A chi votarsi per pretendere una politica che metta al centro l’uomo? 
Silvia F. Perugia

Foto Ansa

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