
Un «gesto di pace» può cambiare la guerra in Ucraina

Tutti vogliono la pace in Ucraina, ma solo se significa vittoria. E siccome l’unica via d’uscita al conflitto che da oltre tre anni insanguina l’Europa passa da un doloroso compromesso tra Kiev e Mosca, si moltiplicano le schermaglie, le offerte trabocchetto, le azioni dimostrative, le dichiarazioni mediatiche fatte con l’unico scopo di apparire dialoganti e allo stesso tempo mettere in difficoltà il nemico, affossando così i tentativi di mediazione.
Le richieste di Ucraina e Russia
I memorandum che si sono scambiati Ucraina e Russia sembrano scritti apposta per non pervenire a un accordo, dal momento che ignorano sistematicamente le rispettive linee rosse.
Volodymyr Zelensky chiede che il Cremlino lasci aperta la possibilità che l’Ucraina entri nella Nato, vera materia del contendere come più volte ribadito da Mosca.
Vladimir Putin pretende di ottenere territori che non ha conquistato militarmente e di smilitarizzare l’Ucraina per poterla ricattare a oltranza e magari scatenare nuove offensive militari in futuro.
Specchietti per le allodole
Nel frattempo, per farsi bello agli occhi di Donald Trump, Putin propone accordi di cessate il fuoco di pochi giorni, specchietti per le allodole durante i quali continua a martoriare la popolazione ucraina con centinaia di bombe e missili.
Zelensky, dal canto suo, invita direttamente Putin al tavolo delle trattative per mostrare a Trump di non avere alcuna preclusione. Ma lo fa sapendo che il presidente russo non può accettare e organizzando allo stesso tempo attentati molto efficaci dal punto di vista mediatico, meno da quello pratico, allo scopo di umiliare il Cremlino.

Leone XIV indica la strada
In questa situazione complessa e intricata, papa Leone XIV rappresenta un esempio e ha indicato una strada. Una settimana dopo l’elezione, ha offerto il Vaticano «perché i nemici si incontrino e si guardino negli occhi, perché ai popoli sia restituita una speranza e sia ridata la dignità che meritano, la dignità della pace».
Quattro giorni dopo ha incontrato Zelensky, auspicando «una pace autentica, giusta e duratura». E non si è tirato indietro davanti alla possibilità, avanzata dall’Italia, che il presidente ucraino e russo si incontrassero in Vaticano.
Mercoledì, infine, ha accettato la telefonata di Putin, parlando con lo Zar. Ma invece che seguirlo nella sua retorica sulla guerra provocata da Kiev, e lungi dal catechizzarlo come se fosse uno scolaretto, gli ha lanciato un appello semplice e decisivo: «Fai un gesto che favorisca la pace».

La forza di «un gesto di pace»
Mentre Putin accusava l’Ucraina di «cercare l’escalation del conflitto», cercando di dipingersi come un angioletto e di portare il Papa dalla sua parte, Leone XIV gli ha chiesto di porre fine allo stucchevole teatrino che va avanti da ormai un mese e di fare il primo passo.
La richiesta è scaltra, audace e rispettosa della sofferenza dell’Ucraina. Soprattutto, rappresenta un punto di fuga rispetto alla logica del conflitto e delle ritorsioni. Mette in difficoltà Mosca, ma se Putin accettasse costituirebbe un problema anche per Zelensky, che ieri ha dichiarato: «La guerra può finire solo con la forza».
Oltre tre anni di combattimenti hanno dimostrato l’esatto contrario. Un’altra strada c’è, per quanto dolorosa, ma manca ancora la volontà politica di percorrerla. Un «gesto di pace» potrebbe fare la differenza e aprire un orizzonte nuovo.
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