Quando Umberto Veronesi ci disse: «La sanità lombarda è eccellente»

Di Ubaldo Casotto
02 Maggio 2012
Intervista. «La sanità lombarda eccelle in Italia e si posiziona fra le più avanzate in Europa». Don Verzè? «Uomo di grande visione».
Umberto Veronesi in una immagine del 29 maggio 2000. ANSA/FARINACCI

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È morto ieri a 90 anni il professore Umberto Veronesi. Per le sue posizioni su molte materie etiche, questo settimanale non gli ha mai risparmiato aspre critiche. Su altri temi (gli ogm, ad esempio, ma anche sulla vicenda Stamina) eravamo più vicini. Un aspetto che raramente si mette in rilievo di Veronesi era la sua convinzione che il sistema sanitario lombardo fosse eccellente. Lo disse anche a noi una volta, nell’intervista che di seguito vi riproponiamo.

Il professor Umberto Veronesi non necessita di presentazioni, per i più giovani o gli immemori ricordiamo che attualmente è direttore scientifico dell’Istituto europeo di Oncologia (Ieo), è stato ministro della Sanità del governo Amato dal 2000 al 2001, non è ideologicamente e culturalmente vicino alle posizioni del presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, ma, richiesto di un giudizio sul sistema sanitario lombardo, non si tira indietro: «La coesistenza e l’integrazione di pubblico, privato accreditato e privato no profit è la caratteristica che lo rende eccellente. La sanità lombarda eccelle in Italia per la qualità della ricerca e della cura e si posiziona fra le più avanzate in Europa».

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Professore, quando si parla di sanità lombarda si usa il termine “eccellenze”. E lo si documenta con il fatto che la Lombardia attrae pazienti dalle altre aree del paese. Questa qualità, che pare universalmente riconosciuta, è frutto del modello basato su una concorrenza (nel doppio senso della parola, che competono tra loro e che entrambi concorrono al risultato di una sanità migliore) pubblico-privato, con una possibilità di scelta per il cittadino comunque garantita dalla Regione?
Certamente la competizione fra istituti è un elemento di stimolo e di avanzamento generale della sanità. Non c’è dubbio che gli ospedali pubblici siano il sostegno del sistema sanitario; tuttavia anche i privati accreditati possono offrire un contributo significativo. Entrambi hanno come finalità e interesse comune la tutela della salute della collettività. Per realizzare questo obiettivo, il privato presenta alcuni vantaggi: uno statuto di diritto privato significa minore burocratizzazione, maggiore flessibilità nelle scelte e negli investimenti in nuove tecnologie e in risorse umane, e soprattutto nessuna ingerenza politica dei partiti. D’altro canto, però, è più esposto alla vulnerabilità economica. In realtà, oltre a pubblico e privato, esiste una terza fascia di istituti, a cui appartiene ad esempio l’Istituto europeo di Oncologia, che sono no profit e quindi si basano sul diritto privato, ma per statuto reinvestono gli eventuali utili in ricerca e quindi non seguono una logica di profitto. La coesistenza e l’integrazione di pubblico, privato accreditato, e privato no profit è la caratteristica che rende eccellente il modello di sanità lombarda.

L’accusa mediatica è: si favorisce troppo la sanità privata. Il Rapporto Osservasalute 2011 dice di no. Altre regioni, come la Campania, pur avendo una struttura pubblica enorme, già erogano da qualche anno più del 50 per cento di prestazioni da parte di privati. Lei è d’accordo? Ha senso questa contrapposizione o si dovrebbe lavorare per un sistema sanitario più integrato?
Credo che dobbiamo fare un distinguo fra privato “puro”, cioè a scopo di lucro, e privato no profit. Il privato puro non dovrebbe superare certe dimensioni per non indebolire il sistema sanitario pubblico e andare contro i suoi princìpi fondanti; viceversa il privato no profit andrebbe incoraggiato perché, essendo lontano, come abbiamo detto, da una logica di profitto, rafforza e sviluppa il sistema pubblico puro.

C’è chi dice che il difetto del sistema lombardo è che non interviene abbastanza sul territorio, dove ormai vanno curate le malattie croniche. Si aspetta il paziente in ospedale, per erogare la prestazione, quando andrebbe invece cercato e curato sul territorio. Qual è il suo giudizio?
Sostengo da anni una diversificazione più ampia. La medicina del futuro si dividerà inevitabilmente in medicina diagnostica, che deve essere capillarmente distribuita sul territorio, e medicina terapeutica, che dovrebbe essere concentrata in ospedali molto avanzati tecnologicamente, di numero limitato e in grado di svolgere attività di ricerca. Le malattie croniche vanno curate senza dubbio sul territorio. Certamente bisognerebbe creare per i malati cronici una rete di assistenza domiciliare, che preveda l’intervento di équipe specializzate con competenze multidisciplinari mediche, infermieristiche e tecnico-assistenziali. È ragionevole associare a questa rete le competenze dei medici di famiglia, che, come medici della persona, possono assicurare la continuità dell’assistenza. Oggi effettivamente l’intervento sul territorio è ancora molto debole, ma, ripeto, l’intero sistema assistenziale andrebbe, a mio avviso, reso più moderno.

Quello lombardo è un sistema che spreca o che riesce a controllare la spesa sanitaria, come sostiene la Regione, ottenendo più qualità a costi inferiori? Come esce la Lombardia in confronto con le altre regioni e con gli altri paesi europei?
Premetto che non sono a conoscenza degli aspetti e i dettagli amministrativi del sistema sanitario lombardo. Quando ero ministro della Sanità, il bilancio sanitario della Lombardia era considerato fra i più virtuosi per la corrispondenza fra previsioni e spese reali, e credo che questa situazione non sia cambiata nel tempo. In ogni caso la sanità lombarda eccelle in Italia per la qualità della ricerca e della cura e si posiziona fra le più avanzate in Europa.

Il sistema di controllo della Regione è sotto accusa per le vicende San Raffaele e Fondazione Maugeri. La Regione dice di non c’entrare con gli scandali, ciò che lei eroga è, insomma, dovuto e regolare per prestazioni effettive, e che non può entrare a sindacare nei bilanci dei singoli enti. Concorda? Qual è stato il suo rapporto con la Regione in questo campo?
Come direttore scientifico dello Ieo io mi occupo dell’attività scientifica, che per fortuna è in grande aumento in questo periodo. Gli aspetti amministrativi, come ho già detto, non sono di mia competenza. Ciò che mi sento di dire è che la vicenda del San Raffaele è legata secondo me a programmi molto ambiziosi di don Verzè, che mi risulta essere stato uomo di grande visione. Tuttavia il San Raffaele rimane un importantissimo centro di clinica e di ricerca, e non è giusto dimenticare la grande opera di bene, in termini di vite umane salvate, di qualità di vita dei malati e di avanzamento del pensiero scientifico, che negli anni ha svolto a favore non solo della Lombardia ma di tutto il paese.

Foto Ansa

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