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Armare l’Ucraina? Parolin torna a invocare una «soluzione negoziata»

La sinistra "guerrafondaia", i missili ipersonici di Putin che hanno rotto l'equilibrio, la posizione del Vaticano che teme «l'escalation». Lettera e risposta

Emanuele Boffi
08/04/2022 - 6:27
Esteri
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Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano
Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano

Gentile direttore, non le sembra paradossale che le stesse anime belle che non ammettevano il possesso di armi per difendersi in casa dalle aggressioni in Italia – per me giustamente perché il rischio di venire ammazzati aumenta più che diminuire – i medesimi ora chiedono a gran voce il riarmo, disobbedendo anche a papa Francesco, per noi stessi e con distribuzione agli ucraini in sofferenza, esponendoli ad una più estesa e cruenta carneficina? Perché è avvenuto nel fronte progressista questo cambiamento che il governo asseconda?
Giovanni Santachiara, Macerata

Caro Giovanni, come sai, e come vedi anche in questi giorni, le sinistre sono due. Una “massimalista”, antiamericana e pacifista “senza se e senza ma” che è contro qualsiasi guerra. Il grado d’indignazione di questa sinistra cambia a seconda di chi sia l’aggressore. Se si tratta di G.W. Bush, organizza manifestazioni oceaniche; altrimenti, come è il caso del conflitto in Ucraina, si limita a esprimere il proprio “no”, ma senza gesti eclatanti e rumorosi. Per non sbagliare e per tenere alto l’umore, canta Imagine.

Poi c’è la cosiddetta sinistra liberal o progressista che, invece, è pacifista (ma dipende) ed è antiamericana (ma dipende). Dipende da cosa? Dipende da chi è il presidente degli Stati Uniti. Quindi, nel caso del repubblicano Bush, s’unisce ai massimalisti, scende in piazza, è tutta peace&love; nel caso di Biden, invece, mette in risalto la cattiveria dell’avversario e i suoi crimini per giustificare l’intervento (e con Putin ha gioco facile). In ogni caso, anche questa sinistra liberal, per non sbagliare e per tenere alto l’umore, canta Imagine.

Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome
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Detto che la destra non è migliore, il punto qual è? Il punto è interrogarsi se valga o meno la pena armare gli ucraini. Come ho già scritto, per chi come noi ritiene innanzitutto urgente raggiungere una pace (o almeno una tregua) il dilemma è: l’invio di altre armi agli ucraini velocizza o rallenta un’intesa? Fare in modo che l’Ucraina disponga di una forza quasi pari a quella russa convincerà Putin a trattare oppure non farà altro che prolungare il conflitto? È la domanda che ho posto anche a monsignor Braschi nel recente incontro a Milano.

È una domanda cui è difficile dare una risposta definitiva. Finora Putin non si è fermato, ha fatto saltare tutti i tavoli negoziali, è determinato ad andare avanti, massacra gli ucraini, sta testando missili ipersonici, punta a determinare un nuovo ordine mondiale (così un lungo e documentato articolo del Wsj tutto da leggere). Quindi, oltre al dovere “morale” di sostenere la resistenza degli aggrediti, ci sarebbe un interesse occidentale a fornire armi agli ucraini per fermare Putin prima che sia troppo tardi.

Dall’altro, al di là delle belle parole e delle rassicurazioni, nessuno si è ancora schierato in modo decisivo accanto all’Ucraina perché il rischio di una guerra nucleare è concreto. E, soprattutto, come abbiamo già spiegato, la Russia ha un’arma che gli altri non hanno (i famosi missili ipersonici, che hanno rotto l’equilibrio tra potenze).

Intanto, però, la guerra va avanti. Allora il punto di partenza deve essere un altro, come ha notato anche il cardinale Pietro Parolin che in un’intervista ad Aci Stampa è tornato a invocare una «soluzione negoziata».

Parolin ha detto che:

a) gli ucraini stanno esercitando il loro legittimo diritto alla difesa.

b) «La comunità internazionale vuole evitare una escalation, e quindi finora nessuno è intervenuto personalmente, ma vedo che ci sono molti che inviano armi. Questo è terribile da pensare, potrebbe provocare una escalation che non si potrà controllare».

c) Il Vaticano ha sempre lavorato, anche prima dell’attuale conflitto, per trovare un accordo tra Russia e Ucraina. «Anzi, proprio perché c’è stato questo dialogo continuo con il presidente Putin, noi gli abbiamo sempre fatto presente la necessità di trovare una soluzione pacifica e di negoziato alla crisi. Per questo, e anche prima che scoppiasse la guerra, abbiamo dato la nostra disponibilità a mediare, soprattutto dopo che il presidente ucraino Volodymir Zelensky aveva indicato il Vaticano come un possibile terreno neutro nel quale avvenisse l’incontro al vertice di Russia e Ucraina».

È ovvio che è tutto terribilmente complesso e che mentre noi guerrafondai (da salotto) e pacifisti (sempre da salotto) discutiamo, là la gente muore. Dico solo che, come è terribile che la gente muoia per l’attacco russo, altrettanto terribile è dare loro le armi per morire in una “guerra per procura”. Proprio per questo, credo, il richiamo vaticano a un cessate il fuoco è l’unica precondizione per trattare una “pace giusta” per gli ucraini.

Diverso, anche se altrettanto complicato, è il discorso sul riarmo. Posto che il Papa ha senz’altro ragione a temere un’altra escalation, vi sono alcuni dati di realtà che, soprattutto noi europei, non possiamo ignorare (a partire dalla decisione tedesca di spendere 100 miliardi di euro nei prossimi cinque anni. Adesso si capisce meglio la delusione che provò De Gasperi per il mancato esercito europeo di difesa). Comunque finirà il conflitto ucraino, stiamo andando verso un nuovo (feroce) ordine mondiale.

Foto Ansa

Tags: guerra ucrainapietro parolinRussiavladimir putin
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