In tanti (anche noi) erano convinti che la strategia della tensione alla fine si sarebbe rivoltata contro Recep T. Erdogan. Invece il partito del presidente turco islamista ha riportato una schiacciante vittoria alle elezioni parlamentari di ieri, migliorando di quasi il 10 per cento il suo bottino rispetto al voto del 7 giugno.
I RISULTATI. A giugno l’Akp di Erdogan aveva ottenuto il 40,87% dei voti, perdendo dopo 13 anni la maggioranza dei seggi nell’assemblea turca. La scelta del “sultano” è stata quella di far naufragare le trattative per un governo di coalizione e tornare alle urne. Il risultato che nessuno si aspettava è questo: con un’affluenza oltre l’85%, l’Akp ha ottenuto il 49,4% dei voti e ha conquistato 316 seggi su 550. Per cambiare la Costituzione e istituire un presidenzialismo forte, come vorrebbe l’Akp, il partito di Erdogan avrebbe però bisogno di più seggi: per chiedere un referendum, serve il voto favorevole di 331 parlamentari, per approvare direttamente la riforma servono i 2/3 delle preferenze in Aula (cioè 367).
IL TRIONFO IN QUATTRO PUNTI. Secondo il giornale turco vicino all’opposizione Hurriyet, i motivi del nuovo trionfo di Erdogan sono quattro: 1) gli ultranazionalisti del Mhp, che avevano conquistato molti più voti di quanto previsto a giugno, si sono rifiutati in estate di collaborare con l’Akp di Erdogan, nonostante avessero finalmente l’occasione di giocare un ruolo importante nel paese. Per questo, molti loro elettori hanno deciso di votare direttamente l’Akp, facendo crollare il Mhp dal 16,29% di giugno all’11,9% di ieri.
La strategia ha funzionato perfettamente: gli attentati compiuti da Isis e curdi del Pkk, appositamente non contrastati efficacemente dal governo, hanno fatto propendere molti turchi per un partito forte, l’unico in grado di «garantire un governo sicuro e stabile per contrastare gli attacchi terroristici», come affermato in campagna elettorale dal premier Ahmet Davutoglu.
ECONOMIA. Al contrario di quanto fatto a giugno, l’Akp ha concentrato la sua campagna elettorale sui temi dell’economia, facendo molte promesse soprattutto a pensionati e impiegati dal basso salario. L’elettorato ha reputato alta la probabilità che queste promesse vengano mantenute.
Infine, l’Akp ha cambiato i candidati più penalizzati dal voto di giugno, dimostrando di avere imparato la lezione. Erdogan ha deciso di non farsi vedere troppo durante la campagna elettorale, ma con un discorso al Congresso ha confermato di essere l’uomo forte del partito. La maggioranza del popolo turco, che non è mai stato così polarizzato e diviso, e di conseguenza debole, ha apprezzato.
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