Trump getta nel panico un’Europa priva di identità
Spaesamento, nervosismo, panico. Sono i sentimenti che serpeggiano tra i capi di stato e di governo dell’Unione Europea a causa del ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump. Questa almeno è l’impressione che ha offerto la riunione a Budapest dei 44 leader della Comunità politica europea e poi dei 27 stati membri dell’Ue.
In Ungheria si sarebbe dovuto parlare di immigrazione e di sicurezza economica, ma il vertice è stato monopolizzato dalla vittoria del tycoon, che ha riportato a galla le vecchie divisioni europee.
L’Unione Europea tifava Kamala Harris
Bruxelles sperava con tutte le sue forze che a vincere le elezioni americane fosse Kamala Harris. Al contrario, considera il trionfo di Trump come un incubo. Non tanto perché il repubblicano ha vagamente promesso di imporre dazi orizzontali del 20 per cento su tutti i prodotti importati dall’Ue. Né perché il 47mo presidente americano pretenderà con forza dagli alleati della Nato di raggiungere l’obiettivo del 2 per cento del Pil per le spese militari (anche se il segretario generale Mark Rutte già afferma che serve «molto di più»). Né tantomeno perché in Europa qualcuno si beva davvero la teoria secondo cui il repubblicano è ostile all’Ue mentre i democratici tengono in ben altra considerazione l’alleato europeo.
Anche se non lo ammetteranno mai a microfoni accesi, infatti, i leader europei si rendono conto che l’Europa è drammaticamente debole di fronte agli Stati Uniti, dai quali dipende per la sicurezza, e che gli Usa, a prescindere dal colore politico del presidente che occupa la Casa Bianca, non sono più interessati a tenere in considerazione né l’opinione né gli interessi dell’Europa. Perché il futuro del mondo si deciderà nell’area dell’Indo-Pacifico e non nel Donbass. Perché il problema degli Usa è la Cina, non la Russia.
No, Biden non ha trattato bene l’Ue
Se i democratici fossero davvero più teneri del tycoon verso gli alleati europei, Joe Biden li avrebbe interpellati prima di decidere di ritirarsi dall’Afghanistan. Se i dem avessero a cuore l’Europa più dei repubblicani, Biden non avrebbe tagliato fuori la Francia dall’alleanza con Australia e Regno Unito nel Pacifico. Se la Casa Bianca in versione liberal fosse realmente interessata al Vecchio Continente, l’amministrazione Biden-Harris non avrebbe mai introdotto l’Inflation Reduction Act, che getta le basi per la deindustralizzazione dell’Europa, senza parlarne con gli alleati.
Dalle parti di Bruxelles ci si rende perfettamente conto che Kamala Harris non sarebbe stata meglio di Donald Trump per l’Europa dal punto di vista della sostanza. Da quello mediatico, però, sì. Con la democratica alla Casa Bianca, l’Ue avrebbe potuto coltivare ancora l’illusione di incidere nello scacchiere internazionale. Pur sapendo che non è più così. E avrebbe potuto seguire ciecamente la politica americana sentendo di fare la cosa giusta.
Trump divide l’Europa
L’elezione di Trump, con la prevedibile serie di irrituali e sgradevoli critiche che il tycoon rivolgerà a Bruxelles, costringe invece l’Unione Europea a guardare in faccia la realtà e ad affrontare i propri problemi: unità strategica, visione geopolitica concordata, sicurezza comune.
Non sapendo come affrontare la vittoria di Trump, l’Ue ha fatto ciò che le riesce meglio: dividersi. Ha iniziato come sempre Emmanuel Macron con il suo vecchio cavallo di battaglia che, per quanto ragionevole, è ormai trito e ritrito. Il presidente francese lo tira fuori ogni volta che reputa conveniente farsi vedere e applaudire dalla comunità europea (e cosa c’è di meglio di un intervento contro gli Usa ora che alla Casa Bianca sta per insediarsi un “nemico”?), salvo poi evitare qualsiasi passo in avanti verso gli alleati.
«È semplice. Il mondo è fatto di erbivori e carnivori. Se decidiamo di rimanere erbivori, allora i carnivori vinceranno e noi saremo divorati. Penso, come minimo, che dovremmo scegliere di diventare onnivori. Non voglio essere aggressivo, ma dobbiamo sapere come difenderci».
Non si tratta, ha aggiunto, di inseguire «un transatlantismo ingenuo» o «un nazionalismo troppo rigido», ma di porre una domanda: «Vogliamo leggere una storia scritta da altri? Con la guerra di Putin, le elezioni statunitensi, le scelte fatte dai cinesi a livello tecnologico, commerciale? Oppure vogliamo scrivere noi la storia? Se decidiamo di essere consapevoli di quello che rappresentiamo da un punto di vista geopolitico o commerciale, è una potenza enorme». L’Europa deve «svegliarsi» e «difendere i suoi interessi».
L’unità “francese” di Macron
Il presidente francese è sicuramente un animale politico dal buon fiuto e, davanti allo scarso appeal mediatico di cui ora gode l’America, ha ben pensato di riprovare a mettere la Francia alla testa di un fronte europeo.
Il suo discorso, ripetuto almeno un paio di volte all’anno, non ha però entusiasmato gli alleati. Un diplomatico, sotto anonimato, ha dichiarato a Politico: «Macron parla di unità, ma intende sempre “unità francese”».
Sostenere Kiev senza gli Usa?
In un momento in cui tutti temono che Trump potrebbe ritirare il sostegno militare e finanziario degli Stati Uniti all’Ucraina, per spingerla se pur riluttante a congelare il conflitto con la Russia, Volodymyr Zelensky a Budapest ha chiesto agli alleati europei più armi e più soldi per portare avanti la guerra di difesa contro Mosca.
I leader europei, a parte Viktor Orban, hanno ribadito il loro sostegno a Kiev ma nessuno si è apertamente detto disposto ad aiutare l’Ucraina a combattere senza il cruciale apporto degli Stati Uniti. Da oltre due anni Bruxelles procede in modo più o meno riluttante al traino di Washington e non sembra in grado di assumere il ruolo di locomotiva. A mancare, oltre ai mezzi, è l’autonomia strategica e la volontà di costruirla.
Come scrive il Guardian in un commento, Francia e Germania potrebbero rinsaldare il proprio rapporto e guidare una coalizione europea, magari insieme a Polonia e Inghilterra, ma in Germania è caduto il governo, Macron è un generale senza esercito in Parlamento e il socialdemocratico Keir Starmer non sembra così pazzo da separare il suo destino da quello americano per l’Unione Europea a quattro anni dalla Brexit.
L’Ue non ha identità, perciò teme Trump
Mancano ancora due mesi all’insediamento di Trump alla Casa Bianca, ma è bastato l’aleggiare della sua presenza per dividere profondamente i 27 stati membri dell’Unione Europea.
Il panico è comprensibile. Se vorrà tenere testa al tycoon, l’Ue dovrà smettere di dividersi in mille posizioni diverse e dimostrare di essere unita, con obiettivi chiari e condivisi da perseguire con mezzi comuni.
Per trovare questa forza l’Europa dovrebbe però riconoscersi attorno a un’identità. E al momento l’unica idea forte che l’Ue sembra in grado di propagandare è quella del green. Poco, davvero troppo poco per non fare la fine del vaso di coccio tra vasi di ferro.
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1 commento
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Un’analisi molto lucida, che condivido, e alla quale ciascuno di noi deve darsi una risposta.
Cosa vogliamo essere “da grandi”? Un’Europa non più Europa dei valori che ci ha finora guidato, nel bene e nel male, oppure solo un continente di approdo e di conquista da parte di altri popoli e civiltà?
Mi sembriamo come l’Ellenikòn Stratos dopo la battaglia di Cunassa, completamente perso e disorientato dopo la perdita degli Strateghi per mano del perfido generale Tissaferne, ed al momento non si intravede alcun Senofonte all’orizzonte che si alza per arringare e rincuorare la folla….