Per Giuseppe De Rita le elezioni del 24 e 25 febbraio hanno ancora un finale aperto. L’unica cosa certa è che «il gioco politico del passato» questa volta sia davvero «usurato». «È sempre stato così», spiega il presidente del Censis in una lunga intervista concessa ad Antonio Maria Mira di Avvenire. «Per vivere e per governare razionalmente bisogna tenere lontano le estreme». Ma questa volta la sensazione è «che la gente non creda più nella razionalità politica o almeno in coloro che la interpretano. Il “professionalismo” politico ha un po’ stancato, non c’è più fiducia».
BASTA RIGORE, SERVE VIGORE. Ritenuto uno degli osservatori cattolici più importanti in Italia, nell’intervista ad Avvenire De Rita ripropone un suo collaudato cavallo di battaglia per descrivere il mood del nostro paese in vista del voto: «Qui non c’è più nessun vero desiderio. La paura della crisi, la stanchezza, il disprezzo per la “casta” fanno sì che ci siano più desideri distruttivi che di futuro. E una società senza desideri diventa triste oppure resta prigioniera di chi come Grillo illustra sì un desiderio ma, appunto, distruttivo: “Che vadano a casa, che si arrendano!”». Un fenomeno, l’annunciato exploit elettorale del Movimento 5 Stelle, che secondo De Rita è stato facilitato nell’ultimo anno anche da una vicenda (leggi “governo”?) «tutta impregnata dal rigore e invece bisognava suscitare più vigore collettivo che sostituisse il vigore dei desideri individuali. Il rigore frega il vigore. Ciò che di Grillo colpisce le masse è che è vigoroso. Ha perfino attraversato lo stretto di Messina a nuoto…».
LA FORZA DELLA COMUNITÀ. De Rita rifiuta dunque di associarsi al tentativo di esorcizzare Beppe Grillo archiviando il suo movimento nella categoria “populismo”. Al contrario annuncia che «annuserò se qualcosa di vigore e desiderio comincia ad avere effetto. Anche nelle forme più stravaganti. Se, ad esempio, diminuisce la propensione al rigore significa che c’è bisogno di altre adrenaline». Energie che secondo il presidente del Censis, però, devono «crescere dal basso», dalla «comunità», mentre la politica deve imparare a prenderle sul serio: «Rilanciare», «valorizzare», «sostenere». In una parola, sussidiarietà.
FEDERALISMO SALUTARE. Tanto meno De Rita si spaventa davanti alla proposta del Carroccio – divenuta lo slogan di Roberto Maroni nella corsa per la presidenza della Regione Lombardia – di “trattenere il 75 per cento delle tasse al Nord”, troppo spesso tacciata a sua volta di “populismo”. «Non ci dobbiamo scandalizzare di certo linguaggio leghista», dice De Rita. «La verità è che dietro c’è un’ipotesi di responsabilizzazione sul territorio che andrebbe bene anche al Sud. Non basta dire che è egoismo. Tutti, dal presidente di un municipio a Roma a quello di una provincia siciliana devono avere lo stesso spirito di responsabilità». Una svolta federalista che non nega affatto la solidarietà, anzi: «La responsabilità locale comunitaria permette la solidarietà. E la gente accetterebbe anche maggiori restrizioni sulla spesa pubblica se gestite in proprio e non redistribuite».