Olimpiadi. Tokyo predica il distanziamento regalando agli atleti 150 mila preservativi
Centocinquantamila preservativi, ma vietato usarli. E che se ne faranno gli atleti delle Olimpiadi di Tokyo di 150 mila condom gratis? Li porteranno a casa per “sensibilizzare” su Hiv e Aids, ovviamente.
Un anno e mezzo fa, quando ancora le Olimpiadi 2020 erano da farsi, molti atleti avevano dato conto su Twitter dell’utilizzo dei 41 preservativi a testa ricevuti dal Comitato olimpico di Rio 2016. Dal cestista Andrew Bogut al campione inglese di ping pong Matthew Syed, gli sportivi avevano ironizzato non poco sui letti «ecologici e realizzati con telai di cartone» annunciati per Tokyo 2020. Letti che, ci informava l’Ap, avrebbero potuto sostenere fino a 200 chili di peso (e avvisavano i produttori: «Quando si fa sesso è meglio che si sia solamente in due per volta, altrimenti rischiano di rompersi»).
Le Olimpiadi del distanziamento
Poi è arrivato il coronavirus e la convivenza tra pericolo contagi, accoppiamenti e ansia da “sensibilizzazione” si è fatta complessa. Se è vietato il sesso, come si fa a promuovere il sesso sicuro? Non avendo alcuna intenzione di interrompere la tradizione iniziata a Seoul nel 1988 il Comitato olimpico internazionale ha ordinato di continuare a distribuire profilattici al Villaggio olimpico. E quando la Reuters ha chiesto il senso dell’iniziativa nel contesto di Giochi che verranno ricordati come quelli del distanziamento assoluto, dall’organizzazione hanno risposto che ovviamente «la distribuzione dei preservativi non è destinata all’uso nel villaggio degli atleti, ma a riportarli nei paesi d’origine per sensibilizzare».
Sensibilizzare. A Tokyo dal 23 luglio, quando inizieranno le Olimpiadi, andrà così: vietato cantare, aprire la bocca o esultare sugli spalti. Il tifo dovrà essere espresso solo a mezzo applausi. Mangiare? In mancanza di sale da pranzo da 4.500 posti gli organizzatori chiederanno agli atleti di mangiare da soli, mantenere le distanze e disinfettare tutte le superfici toccate: «Dobbiamo fare il possibile per assicurarci che non si verifichi un’epidemia e abbiamo davvero bisogno della collaborazione di tutti gli atleti e delle delegazioni per farlo funzionare», ha spiegato Nobuhiko Okabe, infettivologo arruolato insieme a tanti altri esperti e consulenti sanitari per presidiare i Giochi.
Multe e squalifiche ai trasgressori
Partendo per il Giappone dall’Australia il vicepresidente del Cio John Coates ha detto all’Australian Financial Review che circa l’84 per cento degli atleti che soggiorneranno al Villaggio olimpico sono già stati completamente vaccinati. Anticipando la pubblicazione del terzo Playbook, 70 pagine corredate di fumetti per spiegare tutte le regole per i Giochi, gli organizzatori hanno poi sottolineato che i trasgressori, compreso chi non si sottoporrà a test antiCovid giornalieri o non indosserà la mascherina, rischieranno richiami, multe, perfino «inammissibilità o esclusione temporanea o permanente dai Giochi».
Meno del 5 per cento della popolazione giapponese ha completato il ciclo vaccinale e 10 mila volontari su 80 mila hanno deciso di non mettere piede nel Sol Levante: «Troppa paura del coronavirus». Per compensare la paura dei contagi che ha portato il Giappone ad estendere fino al 20 giugno lo stato di emergenza e a vietare l’arrivo di spettatori dall’estero i funzionari puntano tutto sulla narrazione della serenità e della sicurezza.
Commissione disciplinare e gps
Tutti o quasi vaccinati, gli atleti non avranno contatti col popolo giapponese. «I playbook – sottolineano dal Cio – sono stati scritti per essere seguiti, nessuna trasgressione». Una commissione disciplinare si occuperà di valutare violazioni e sanzioni. Anche i giornalisti saranno altamente monitorati, i loro movimenti tracciati col gps. «Se raggiungeranno luoghi diversi da quelli in cui sono stati registrati romperanno il patto con l’organizzazione», ha spiegato Toshiro Muto, ad di Tokyo 2020.
Nel secondo libercolo, pubblicato ad aprile, si elencava tra i requisiti per entrare in Giappone: il superamento di due test Covid in patria e uno all’arrivo. Quello di tamponi quotidiani per atleti e i loro prossimi. Monitoraggio, auto dedicate, firma di uno scarico di responsabilità in caso si contragga il virus e di una impegnativa a seguire tutte le regole. Secondo gli organizzatori, inclusi 15.400 atleti olimpici e paralimpici, Tokyo potrebbe ospitare per le Olimpiadi fino a 93 mila persone.
L’atleta trans e il pugno Blm
A fine mese si deciderà sulla presenza o meno di pubblico locale. Quello che conta è che il virus non oscuri “il messaggio”. A Tokyo parteciperà anche Laurel Hubbard, nato Gavin, primo atleta transgender che competerà con le donne nel sollevamento pesi. A Tokyo sarà vietato esprimersi con gesti o forme di protesta sul podio, nelle gare o cerimonie ufficiali. Però, spiegava la Gazzetta, gli atleti potranno
«alzare il pugno o inginocchiarsi alla Kaepernick durante l’inno nazionale o prima della partenza, per dimostrare di essere a favore della giustizia sociale e razziale. Si potrà anche indossare un cappello o una maschera con frasi come “Black Lives Matter”, “Trans Lives Matter” o parole come “uguaglianza” o “giustizia”».
Sensibilizzare a casa propria
Per il resto sono vietate tutte le «forme di contatto fisico non necessarie». Vietato darsi il cinque, baci, abbracci, strette di mano. Gli atleti dovranno sempre mantenere due metri di distanza l’uno dall’altro, «fare sesso così dovrebbe essere una disciplina olimpionica», hanno commentato i lettori dei giornali appreso che la macchina dei produttori di preservativi giapponesi si stava preparando all’evento da almeno tre anni. Morale: i preservativi-manifesto del sesso sicuro nella bolla olimpica dell’inclusione e del distanziamento non mancheranno. Purché gli atleti vadano a sensibilizzare a casa loro.
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