L’americano Time promuove la famiglia “childfree”. Maioli Sanese: «È la vita in-significante»

Di Elisabetta Longo
07 Agosto 2013
Il settimanale americano racconta amanti «felici» che «per avere tutto» rifiutano i figli. La psicologa: «Sono coppie strumentali a un benessere individualista. Per questo censurano fatica e sofferenza»

“The childfree life: when having it all means not having children” (una vita senza bambini: quando avere tutto significa non avere bambini) strilla la copertina del settimanale Time di questa settimana. La foto che accompagna il titolo è quella di una coppia giovane, sdraiata sulla sabbia, con l’aria felice, intenta solo a godersi le vacanze. Nessun marmocchio urlante nei paraggi. È questa la felicità? L’abbiamo chiesto alla psicologa della coppia e della famiglia Vittoria Maioli Sanese.

Le coppie che descritte nell’articolo del settimanale americano sono benestanti, di mezza età e non vogliono bambini. Secondo lei possono funzionare?
Questo è un tipo di coppia “strumentale”, nel senso che il percorso che i due intraprendono è puramente incentrato al benessere reciproco. Si va avanti nel tempo negoziando i propri bisogni, facendo in modo che l’altro vi risponda. È una coppia precaria, a termine, che rischia di franare nel momento in cui, per circostanze variabili, il benessere viene meno.

Qual è la differenza tra una coppia che non vuole figli e una che invece non li ha perché non li può avere?
La differenza sta nella sofferenza. Che in una coppia che non vuole figli viene censurata, non si rischia nemmeno di doversi trovare di fronte alla sofferenza di non poterne avere. La censura è all’origine, perché conta di più il benessere. Manca l’indagine che potrebbe far soffrire. Ma d’altronde il mondo di oggi censura la sofferenza, che può portare un significato. È una vita in-significante, in cui la realtà viene manipolata al fine di non soffrire.

Una donna intervistata si chiede: «Ma se fare la mamma è un lavoro, perché mai dovrei volerlo fare?».
Oggi “fare la mamma” viene percepito così, come un lavoro. Anche la donna che decide di fare figli e intraprende quella strada si trova spesso a combattere con lo stesso pensiero: la maternità a volte rischia di perdere il suo significato più profondo, smette di essere compimento o proseguimento della propria identità, e diventa appunto un “lavoro”. La routine delle cose ne fa perdere il significato più alto, ed è colpa della società. Il figlio diventa un dato oggettivo il cui significato profondo non interessa, diventa quasi uno status symbol. Respiriamo aria inquinata dalla società, le madri si ritrovano a vedere solo la catena delle cose da fare senza rendersene conto.

Il Time cita anche uno studio psicologico che dimostrerebbe che le donne con i figli siano meno intelligenti. Come se a cambiare pannolini si perdesse la ragione.
Mi viene da ridere. Mia madre ha cresciuto me e i miei 7 fratelli ed era una donna intelligentissima, conosceva Pascoli e Carducci a memoria. Eppure passava le sue giornate tra marmellate e bucato a mano. Il lavoro della casalinga viene percepito come un’occupazione “minore”. È qui che affondano le radici del femminismo, che ha sminuito il valore sociale di una cosa così importante. Perché anche mentre stai fissando un pannolino e stai cambiando tuo figlio, stai crescendo quella persona. Il modo in cui guardi tuo figlio e lo cambi, è il modo in cui lo cresci. Contempli un pannolino, e crei una persona.

Un’altra donna nel servizio del settimanale si domanda: «Se non avrò figli, chi mi curerà quando sarò vecchia?».
Con questa affermazione viene eliminato il mistero della vita, e così anche il figlio diventa strumentale, esattamente al pari della coppia intesa come un luogo in cui l’uno serve all’altro in funzione dello stare tranquilli. Viene esaltata ancora una volta la scelta individuale: decido tutto io, e solo per il mio benessere. Ripeto, viene eliminata la problematica della sofferenza. Quando metti al mondo un figlio, quello ha già in sé il mistero della sua morte: lo consegni al suo destino e su di lui non avrai alcun potere. Vedere il proprio figlio crescere è un percorso in cui si accetta la propria impotenza e al tempo stesso ci si riconsegna alle radici più profonde. Un figlio è memoria di questo, ecco il motivo per cui molte coppie lo rifiutano volontariamente.

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14 commenti

  1. Katia Romeo

    E’ davvero sconcertante che esistano dei professionisti laureati in psicologia cosi’ bigotti e ignoranti.
    Ma come si permette di definire in-significanti le coppie che non vogliono avere figli?!
    Tanto accanimento mi darebbe da pensare che sotto sotto ci sia un po’ di invidia… ma psicologa è lei…

  2. Paolo

    Bellissimo articolo. Pur ritenendo insindacabile la scelta d chi non vuole figli, ritengo l’analisi della psicologa perfetta sotto tutti i punti di vista.
    Purtroppo a dire la verità ci si fanno dei nemici e le “childfree” più ossessionate da questo ruolo ritengono giusto sproloquiare anche su questo senza mai interrogarsi sul perchè delle loro scelte. Un modo molto triste per evitare qualsiasi analisi introspettiva su se stessi.

  3. Paola

    Io sto con il mio compagno da 24 anni, ora ne ho 42, non abbiamo figli perché io non ho l’istinto materno. Secondariamente prima di pianificare di mettere al mondo un figlio bisogna considerare accuratamente che va constantemente e continuamente seguito, educato, guidato. Entrambi I genitori devono assolvere a questo compito senza delegarlo agli altri (I nonni, ad esempio, devono fare I nonni non I baby-sitter, a scuola si va per imparare a leggere, scrivere e tante altre belle cose e non deve essere preso come un parcheggio per lasciare I figli fino a tardi a causa di impegni personali). Un figlio é una enorme responsabilitá e non é un pacco che si restituisce al mittente se il prodotto non corrisponde alle nostre aspettative! Fare figli non è un dovere, ma una scelta. Fatela con consapebolezza!!

  4. LG

    Il pregiudizio della Maioli Sanese verso le coppie senza figli lascia senza parole. Il valore degli esseri umani non può essere calcolato da quanti figli fanno, non siamo mucche da latte. La profondità di un legame di coppia meno che mai.
    Credo sinceramente che la gente dovrebbe smetterla di andare dagli psicologi, che non sono portatori di nessun sapere particolare. Se hai un problema medico vai da un medico, altrimenti stai a casa.
    Gli psicologi non sono medici, è sempre il caso di ricordarlo, visto che in Italia si ricama spesso su questo fraintendimento. La psicologia non è una scienza e non cura niente e nessuno.
    Ciò che uno psicologo racconta ai propri clienti (e non pazienti), altro non è che un parere personale, condizionato dalle sue convinzioni politiche, religiose, morali, sociali.
    Chi sceglie di rivolgersi a queste persone, deve essere sempre consapevole di non trovarsi in un ambiente medico, e del fatto che non riceverà cure di alcun tipo, ma semplici pareri personali e privati.
    Inaccettabile che non ci sia una legge a regolamentare queste cose.

    1. EVK

      Lei si confonde con l’astrologo…

    2. Paolo

      Ah, la psicologia non sarebbe una scienza? Interessante questo assunto apodittico.

      Cosa non si arebbe per darsi sempre ragione e non interrogarsi mai sulle proprie scelte ancorchè pienamente legittime. Mai scalfire le proprie certezze, vero?

  5. Matteo

    Il Time in USA è considerato un giornale da niente che scrive storie assurde per vendere le poche copie che vende da mettere nelle sale d’attesa. Non mi sprecherei a fare elucubrazioni basate su quell’articolo. Tanto più che gli USA sono tra i paesi occidentali con uno dei più alti tassi di natalità.

  6. Gi_GI

    Quindi per la Dott.ra Maioli Sanese: che afferma «È la vita in-significante» , la vita degli uomin ie donne di chiesa è una vita insignificante…

    e comunque si da il fatto che volere figli è una vocazione, non la si deve fare per imposizione sociale; se una coppia nn vuole figli, pur nella possibilità di averne, non deve essere incriminata di egoismi e e cazzate varie; a me pare molto + egoistico chi, magari in tarda età, pretenda di avere figli; figli che ad andar bene avranno i genitori 80enni quando loro saranno adolescenti….

    1. Aldo Cannavò

      GI-GI, L’albero che non fruttifica viene tagliato dal contadino, per far posto ad altri.L’economia della natura è selettiva,come dimostra l’imperfetto od il più debole,che vive poco per lasciar posto ai più forti.La formazione della famiglia è un’istinto naturale,sia animale che umano.La coppia nei figli realizza la continuità della vita ed il frutto del suo amore.Nessuno si deve incriminare se non desidera figli, anche perchè si deve considerare che chi non ha ricevuto amore a sua volta non può darlo.Se l’amore non fruttifica è solo illusione.

      1. PAMELA

        Gentile signore, quindi in base alla sua teoria i childfree andrebbero tutti buttati a mare in favore di chi vuole riprodursi come una catena di montaggio? L’istitno “naturale” ce l’hanno gli animali, noi siamo esseri umani con ragione e possibilità di scelta e nessuno ha stabilito che non ne vogliamo perchè non siamo stati amati; io sono stata amata e sono priva di istinto materno perchè non l’ho scelto, che faccio, vado sradicata dalla società per lasciare il posto solo alle donne che si riproducono? mi pare lo stesso ragionamento che facevano gli antichi greci quando buttavano i disabili dalla rupe.

  7. bah

    “Vi diranno che siete démodé, ma voi non abbiate paura, poiché siete voi che diffondete messaggio di vita”

  8. beppe

    i figli e il bene dei figli deve essere l’unico criterio per cui lo stato si interessa o si impiccia ( A SECONDA DEI MODI DI PENSARE) della famiglia. per il resto ognuno può fare quello che crede senza rompere ma anche senza pretendere nulla. se non dai nulla alla società non pretendere nulla. chi è sterile per definizione ( la fam omosex ) faccia tutti i wedding party che vuole ma non pretenda niente dallo stato. smettiamola di parlare di questi snob ricchi e annoiati. ho la nausea.

    1. aldo

      Ma siete proprio ossessionati dai gay: si parla di coppie che non vogliono figli, e tu parli dei gay (i quali, invece, molte volte li vogliono)

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