Takashi Nagai, profeta della resurrezione nella landa atomica

Di Leone Grotti
25 Agosto 2023
Mauro-Giuseppe Lepori spiega al Meeting la grandezza del medico giapponese nella Nagasaki devastata dalla bomba: «Ha percepito che tutto può essere distrutto ma non la potenza dell’amicizia di Cristo»
Due uomini camminano nella città di Takashi Nagai, Nagasaki, distrutta dalla bomba atomica

Due uomini camminano nella città di Takashi Nagai, Nagasaki, distrutta dalla bomba atomica

«Takashi Paolo Nagai non è “sopravvissuto” alla bomba, è vissuto e con un’intensità straordinaria attirando tutti a sé: dai poveri all’imperatore, fino al Papa». Così, parlando al Meeting di Rimini, Mauro-Giuseppe Lepori, abate generale dell’Ordine cistercense, ha riletto la vita «profetica» del medico giapponese di cui è in corso la causa di beatificazione.

La vita profetica di Takashi Nagai

Il radiologo residente a Urakami, quartiere settentrionale di Nagasaki, epicentro dell’atomica che il 9 agosto 1945 trasformò la città in una landa desolata uccidendo 40 mila persone sul colpo e ponendo fine alla seconda guerra mondiale, è stato il profeta della resurrezione, materiale e spirituale, dopo l’orrore della guerra, «testimone della verità delle parole di Gesù: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”».

La storia di Nagai, introdotta da Paola Marenco, vicepresidente del Comitato amici di Takashi e Midori Nagai, non è più sconosciuta come qualche anno fa: cresciuto nella tradizione scintoista, dopo aver abbracciato il positivismo, incontrò i cristiani di Urakami, eredi dei “kakure kirishitan”, i cristiani nascosti che tramandarono la fede nonostante le persecuzioni. Convertitosi grazie alla donna che diventerà sua moglie, Midori, vittima dell’atomica, ebbe quattro figli. Specializzato in radiologia, furono le mura in cemento armato del suo laboratorio a salvarlo dagli effetti della bomba americana.

Infermo a causa della leucemia, prima di morire l’1 maggio 1951 a 43 anni, dedicò la sua vita alla preghiera, alla scrittura (pubblicò oltre 20 libri) e alla cura di un popolo prostrato dalla guerra. Visse i suoi ultimi anni in una piccola capanna di quattro metri quadri costruita coi pezzi della sua vecchia casa distrutta. La denominò “Nyoko-do”, amate gli altri come voi stessi, e da lì, pur immobile, raggiunse e cambiò la vita a migliaia di persone.

«Dio ha scelto Urakami per la bomba atomica»

Profetiche sono state le parole che Nagai pronunciò il 23 novembre 1945, durante una messa celebrata davanti alle rovine della cattedrale di Urakami per le vittime dell’atomica, che decretò la fine della guerra, annunciata il 15 agosto, festa dell’Assunzione:

«Ci chiediamo: il convergere di simili eventi, fine della guerra e celebrazione della festa di Maria Assunta in Cielo, è stato un puro caso o un segno provvidenziale? Ho sentito dire che la bomba atomica era destinata a un’altra città. Le fitte nubi resero quel bersaglio troppo difficile e i piloti puntarono sul bersaglio alternativo, Nagasaki. Ci fu anche un problema tecnico, per cui la bomba fu lanciata molto più a nord di quanto era stato stabilito e scoppiò così proprio sulla cattedrale. Non fu certo l’equipaggio dell’aereo americano che scelse proprio il nostro quartiere. Io credo che fu Dio, la sua provvidenza, a scegliere Urakami e a portare la bomba esattamente sulle nostre case. Non c’è forse un profondo rapporto tra l’annientamento di Nagasaki e la fine della guerra? Non fu forse Nagasaki la vittima scelta, l’Agnello del sacrificio ucciso, per essere offerta perfetta sull’altare, dopo tutti i peccati commessi dalle nazioni della seconda guerra mondiale?».

«L’amicizia di Cristo non viene distrutta»

La vita di Nagai è stata profetica perché, spiega Lepori, «al culmine abissale della sua vita, in mezzo alla macerie, ha percepito che tutto può essere distrutto ma non la potenza rigeneratrice dell’amicizia di Cristo risorto dai morti. Ha scelto allora di lasciarsi attrarre al Signore dalla forza della sua amicizia per il resto della vita, ricostruendo così tutto dalle ceneri».

Ma è impossibile, conclude l’abate generale dei cistercensi, «parlare di lui e della sua vocazione, della sua missione, della sua santità, senza parlare della fede della moglie Midori e dell’amicizia con lei, che lo ha introdotto a quella con Cristo».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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