
Lo Stato islamico vuole entrare in Libano per «conquistare Tripoli e avere uno sbocco sul Mediterraneo»

Uno sbocco sul Mediterraneo per alimentare il proprio traffico illegale di greggio. È questo uno degli obiettivi dello Stato islamico, che vorrebbe realizzare il piano conquistando il porto di Tripoli, nel nord del Libano.
La strategia sarebbe stata rivelata da Ahmed Mikati, «uno degli uomini più importanti dell’Isis in Libano», arrestato in ottobre dall’esercito libanese. Come riportato ieri dalla Stampa, l’uomo avrebbe rivelato che lo scopo del leader dell’Isis, Abu Bakr al-Baghdadi, è quello di «penetrare nel nord del Libano e creare un emirato nella città di Tripoli». Lo scopo, sempre secondo Mikati, è avere «un porto nel Mediterraneo».
PETROLIO, ARMI E TERRORISMO. Se il Califfo vuole uno sbocco sul Mediterraneo è per «esportare il greggio estratto soprattutto in Iraq ma anche in Siria, senza dover dipendere più dai trafficanti che operano in Turchia e altrove». Il secondo motivo riguarda «il traffico di armi»: al porto potrebbero infatti attraccare navi che trasportano carri armati e blindati. Conquistare il porto di Tripoli, ha aggiunto infine Mikati, permetterebbe di «usare il Mediterraneo per operazioni contro gli infedeli».
HEZBOLLAH. Per aprire la strada verso le aree settentrionali del Libano, lo Stato islamico ha bisogno di vincere la guerra che si sta combattendo sui monti di Qalamoun. Qui, per fronteggiare una coalizione composta da ribelli, Isis e Al-Nusra (la fazione siriana di Al-Qaeda), si è formato un esercito costituito dalle truppe regolari di Bashar al-Assad più gli uomini delle milizie sciite libanesi di Hezbollah.
Foto Ansa
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La geopolitica di questo processo di destabilizzazione ha una vasta portata. La Turchia è impegnata nel sostenere i ribelli. Il governo turco ha sancito i gruppi di opposizione siriana in esilio, che sostengono l’insurrezione armata. Inoltre, la Turchia fa pressione su Damasco, per conformarsi alle richieste di Washington di cambio di regime. La Turchia è un membro della NATO, con una potente forza militare. Inoltre, Israele e Turchia hanno da tempo un comune accordo militare e d’intelligence, che è esplicitamente diretto contro la Siria.
Un protocollo d’intesa del 1993 ha portato alla creazione di “comitati congiunti” (turco-israeliani) per gestire le cosiddette minacce regionali. Secondo i termini del Memorandum, la Turchia e Israele hanno accettato “di collaborare nella raccolta d’intelligence su Siria, Iran e Iraq, e di riunirsi regolarmente per la condivisione delle valutazioni riguardo al terrorismo e le capacità militari di questi paesi.”
“La Turchia ha accettato di permettere alle IDF e alle forze di sicurezza israeliane lo spionaggio elettronico su Siria e Iran dalla Turchia. In cambio, Israele collaborava all’equipaggiamento e all’addestramento delle truppe turche nell’anti-terrorismo lungo i confini siriani, iracheni e iraniani.”
Insomma, i contrasti fra Paesi e confessioni islamiche soino qualcosa di reale che determina convergenze d’interesse reversibili, alleanze temporanee, ostilità circoscritte o più durature, rapidi voltafaccia… E il complottista sbevazzone alla salute di Maometto ha riferito, a suo tempo, della rottura o crisi delle relazioni fra Turchia e Israele, pressappoco negli stessi termini in cui salutava in al Sisi il nuovo Nasser per normali rapporti diplomatici e commerciali con la Russia: mentre, ora, l’infamia di “amico dell’Occidente” che gravava sull’Egitto di Mubarak “il Faraone”, tremendo dittatore odiato dagli islamofili, si abbatte sull’Egitto di al Sisi. Così fa dire agli islamofili la testa… Piena dei fumi dell’alcol halal-lah.
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L’insurrezione in Siria è iniziata nella città di confine di Daraa, che si trova a 10 km dal confine giordano. Il “movimento di protesta” di Daraa aveva tutte le apparenze di un evento organizzato che coinvolge, con ogni probabilità, il sostegno segreto ai terroristi islamici dal Mossad e/o delle intelligence occidentali. Fonti governative indicano il ruolo dei gruppi salafiti radicali (sostenuti da Israele). Altre relazioni hanno sottolineato il ruolo dell’Arabia Saudita nel finanziamento del movimento di protesta. Quello che è si è svolto a Daraa, nelle settimane successive agli scontri violenti iniziati il 17-18 marzo 2011, è il confronto tra la polizia e le forze armate da un lato, e unità armate di terroristi e cecchini dall’altra, che hanno infiltrato il movimento di protesta.
Ciò che è chiaro da questi rapporti iniziali, è che molti dei manifestanti non erano manifestanti, ma terroristi coinvolti in atti premeditati di assassinio e di incendi dolosi.
(Si veda Michel Chossudovsky, SYRIA: Who is Behind The Protest Movement? Fabricating a Pretext for a US-NATO “Humanitarian Intervention“, Global Research, 3 maggio 2011)
Il gioco a nascondino del multinick allo specchio continua. L’opposizione in Siria non esisteva! Non nel senso che era vietata e perseguitata dal regime degli Assad, no: non c’era proprio: e Assad non era un fior di dittatore, non aveva, per anni, il regime a lunga conservazione del Baas, tentato di mettere le mani sul Libano, di costruire la “Grande Siria”, entrando in conflitto con la Turchia e con il tentativo iraniano di un’egemonia sui Paesi sciiti o a forte presenza sciita, in urto con il ruolo dei Sauditi pro-sunniti e rivali dell’Iran in tutta l’area.
Quindi, dopo aver lasciato nel non detto dati di realtà, ecco le traveggole di quello che dal paranoico è dato per scontato con tutta “probabilità” – eh, viva la modestia!
– Coinvolgimento del Mossad – ti pareva! Isis, Hamas, Abu Mazen, Lega Mondiale Islamica, Sauditi: sono tutti cripto-ebrei o agenti doppi al soldo del Mossad:
– le proteste iniziali erano, guarda po’, organizzate, non improvvisate, ma il movimento di protesta, ancorché virgolettato, era autoctono, dicono obtorta lingua gli stessi complottisti:
– tutti i movimenti di protesta non supportati dall’esterno sono stati repressi sanguinosamente dal regime siriano: e come avviene in questo casi, i governi occidentali erano accusati di aver lasciato fare al dittatore di fiducia e a secondo di come giravano le rotelle agli islamofoli, stabilizzatore o destabilizzatore, ove convenisse agli anti-occidentali prendersela sempre con l’Occidente:
– l’appoggio occidentale agli oppositori del regime sirano lo aveva dichiarato in anticipo mr. Obama: gli arabi e i musulmani, evidentemente, i dittatori li lasciano, comunque, al posto in cui, evidentemente, li ha messi Allah:
– quando, speriamo al più presto, l’Isis sarà debellato – grazie agli Occidentali: da chi, se no? Dai Brics? -, la Siria tornerà alla democrazia, Assad comanderà come e più di prima, il Partito al potere sarà sempe unico e solo, a i partiti dell’opposizione saranno legittimati, la libertà e i diritti politici garantiti a tutti e l’area stabilizzata…. Cose mai viste!
E pensare che tutto si risolverebbe con una operazione militare seria, non come le pagliacciate fatte finora.
Un corpo di spedizione di almeno 20000 soldati con tutto l’apparato logistico, e con un massiccio piano di aiuti militari ai Curdi con l’intenzione di creare uno stato curdo a fine guerra, sui loro confini naturali.
Gli hezbollah all’epoca della guerra civile libanese avevano le basi nella valle della Bequaa e lì avevano impiantato immense piantagioni di cannabis.
Praticamente erano i più grandi produttori di hascish del mondo, all’epoca.
Erano produttori e trafficanti di droga; nel mercato internazionale dell’haschisch avevano spiazzato tutti gli altri.
l’Isis non deve faticare per avere uno sbocco nel mediterraneo, lo ha già, fornito bello e pronto dai delinquenti di sinistra italiani che hanno aperto loro gratuitamente la via del mare
È molto difficile mantenere una pace in Medio Oriente tra le varie comunità etnico-religiose. Tuttavia è bene ricordare come l’intromissione in Iraq dell’occidente in Iraq, Libia e Siria non ha certo contribuito alla stabilità. Se nell’Iraq invaso nel 2003 era chiaro l’obbiettivo di “state building” o “regime change” visti gli sforzi oggettivi fatti per instaurare un regime democratico ad anni di distanza sfugge l’obbiettivo dell’operazione di detronizzazione di Gheddafi in Libia e il tentativo di estromettere Asad in Siria.
Credo che possiamo avanzare delle ipotesi:
-l’Iraq ha dimostrato il mastodontico costo finanziario, umano e politico di investire seriamente in un’operazione di occupazione militare e successivo state building. L’invasione dell’Iraq avvenne ben prima dello scoppio della grave crisi americana e successivamente europea del 2007/8: nella situazione attuale e visti gli esiti incerti del precedente iracheno è assolutamente impossibile pensare di ripetere imprese del genere in quanto semplicemente mancano i mezzi finanziari e il sostegno delle opinioni pubbliche (contrasto che si è spostato dalla piazza al parlamento in occasione della sconfitta del disegno britannico di attacco alla Siria). Questo spiega chiaramente perché la Libia sia stata letteralmente abbandonata all’anarchia più totale dopo il crollo dell’apparato statale libico
-l’occidente sta iniziando a “delegare” il compito militare di combattere “il nemico”( a seconda dei casi Gheddafi, Asad, gli Huthi, lo Stato Islamico..) a forze locali come milizie ribelli della più variegata specie (Esercito Siriano Libero, Fronte Islamico, Curdi ecc) o ai governi arabi alleati come i paesi del Golfo. Questo è segno di debolezza dovuta al ripiegarsi su se stesso del l’occidente dopo lo scoppio della crisi e l’amaro constatazione dell’oggettiva impossibilità di incidere sulle aspirazioni politiche medio orientali (democrazia islamica realizzata dai fratelli musulmani, progetti respinti in Tunisia e in Egitto) e dagli enormi problemi economici posti dal perdurare della crisi (terminale?) dell’euro e infine dall’emergere di nuove tensioni più o meno provocate in Europa e in Asia Orientale
-ma l’assenza dei poteri occidentali non ha affatto apportato pace al medio oriente in cui invece è in corso una vera e propria guerra di tutti contro tutti per l’egemonia nella zona. In questo contesto si muove lo stato islamico cui va riconosciuta l’inquietante capacità che al-qaida non ha mai avuto né cercato di strutturasi in progetto politico così forte da creare un vero e proprio stato sovrano nel cuore del medio oriente con la prospettiva di unificare il mondo islamico sotto un unico vessillo per ricreare una potenza islamica (il califfato) in gradi di competere per risorse demografiche ma anche economico-militari con le altre superpotenze regionali. L’occidente ha le mani legate in medio oriente per il fatto di essere alleato di alcuni paesi e non poter quindi assumere una veste conciliante e neutrale per pacificare sunniti e sciiti, Arabia Saudita e Iran.
Manco a dirlo a perder di più dalla deflagrazione in corso del mondo arabo è l’Europa in generale e Italia, Grecia e Ungheria in particolare sommerse da un esodo biblico ed esposte in seconda linea dopo il mondo arabo e la Turchia all’offensiva dello Stato Islamico, senza contare i rischi per l’approvvigionamento energetico e per gli interessi italiani in Libia.
Che fare? Primo stabilizzare la Libia appoggiando e sostenendo il governo di Tobruk nel suo riprendere il controllo dell’intero paese. Questo permetterebbe di entrare nelle grazie di Egitto e Tunisia stabilizzando sotto governi militarizzati il Nord Africa e proteggendosi così dall’avanzata del califfato e dell’invasione migratoria e ripristinando le linee di rifornimento in Libia e l’interscambio economico: già questo risultato sarebbe molto positivo. In Libano è presente una missione di peace-keeping: va aggiunta una missione analoga al confine con la Siria per impedire le infiltrazioni dello stato islamico e di altri gruppi jihadisti e per controllare l’ordine pubblico nei campi profughi siriani. Queste azioni sono alla nostra portata e di primaria importanza per tutelare l’Italia nel medio/breve periodo.
La guerra in Siria e in Iraq invece è molto ardua da risolvere e durerà ancora a lungo. È possibile che lo stato islamico si stabilizzi o sia sostituito da uno stato integralista sunnita filo-turco o filo-saudita ma non schierato su posizioni anti-occidentali ma è impossibile sapere che ne sarà. È possibile anche un intervento degli USA per cacciare Asad magari dopo un via libera russo in cambio della non-entrata dell’indipendenza del Donbass in Ucraina o invece per liberare l’Iraq ma queste saranno decisioni che prenderà la prossima presidenza americana non Obama.
Sottoscrivo quasi per intero quanto scrive Alessandro13. Qualche punto mi pare discutibile: laddove, per es., azzarda ipotesi sul futuro dell’area o sugli accordi do ut des U.S.A.-Russia. Ma mi sembra un’analisi seria, realistica, non unilaterale: e voglio complimentarmi con lui.
Grazie Raider io stesso riconoscevo come ipotetica un’intesa russo-americana di questo tipo sono soltanto previsioni ma non si può escludere a priori. Le divergenze di opinioni sono normali e positive perché la conoscenza umana si accresce nello scambio dialettico con il prossimo.
Cordiali saluti
“Penso che l’opinione pubblica occidentale sia indifferente alla nostra sorte, al contrario dei governi occidentali, che hanno causato questo dramma. Come per tutte le prove e le difficoltà, chi sa e non denuncia è come minimo un codardo, se non un complice. Bisogna che i giornalisti dicano chiaramente all’opinione pubblica che questi gruppi di terroristi e barbari che sono in Siria sono stati creati, finanziati e addestrati dagli alleati regionali dei vostri paesi. Non basta che i vostri ministri affermino in televisione che sono preoccupati dal ritorno di questi jihadisti in Europa. È necessario che non siano complici dei crimini perpetrati dai jihadisti a casa nostra e che li combattano, collaborando con il governo siriano, che è il primo impegnato in questa lotta.” (Nabil Antaki, direttore di uno degli ultimi due ospedali presenti ad Aleppo e membro laico della congregazione dei Maristi blu.)
Come tutti gli altri Paesi di questo mondo, “gli alleati regionali” fanno i propri interessi, in Medio Oriente come altrove. E’ una regola elementare della politica intenazionale, non c’è nulla di segreto su cui ricamare trame complottistiche. Gli stessi interessi degli alleati – come, per ess, succede fra “partner europei” -, a volte, entrano in conflitto. L’Arabia Saudita ha di fronte la prospettiva di un Iran nucleare: e chiede supporto tecnologico alla Russia. Lo stesso discorso per la politica saudita dei prezzi del petrolio: al ribasso, per stroncare shale gas e shale oil dell’alleato americano e danneggiare il nemico iraniano. Possono sembrare cose strane solo a chi si sbizzarrisce con gli scenari dietrologici, ma la realpolitik e più semplicemente, la realtà vanno al di là, a volte, molto al di là delle logiche complottiste.
E comunque, che paura c’è? Hezbollah è invincibile!, dicono i filo-islamici. Anche se l’Isis, nel Sinai, è alleato di Hamas: e tutt’e due sono organizzazioni-ombra del Mossad. Hezbollah farà di Israele un sol boccone. Vuoi mettere quelle mezze calzette di iraniani, incapaci di battere l’Isis in Iraq e Siria…
Sarei grato alla Redazioe se sbloccasse il post che non è ancora passato.
“[La] campagna quinquennale [include] … un totale di sette paesi, a iniziare dall’Iraq, quindi Siria, Libano, Libia, Iran, Somalia e Sudan” (Un funzionario del Pentagono citato dal generale Wesley Clark)
In “Winning Modern Wars” (pagina 130) il generale Wesley Clark afferma quanto segue:
“Tornando indietro, al Pentagono nel novembre 2001, uno degli alti ufficiali militari ebbe il tempo per una chiacchierata. Sì, eravamo ancora in pista per andare contro l’Iraq, mi disse. Ma c’era di più. Questo era oggetto di discussione nell’ambito di un piano quinquennale, ha detto, in cui c’era un totale di sette paesi, a cominciare dall’Iraq, poi Siria, Libano, Libia, Iran, Somalia e Sudan. … Lo disse con rimprovero – con incredulità, quasi – sull’ampiezza della visione. Ho spostato la conversazione, questo non era qualcosa che volevo sentire. E non neanche era qualcosa che volevo vedere andare avanti. … Ho lasciato il Pentagono quel pomeriggio, profondamente preoccupato“.
L’obiettivo è quello di destabilizzare lo Stato siriano e implementare il “cambio di regime” attraverso il sostegno occulto all’insurrezione armata delle milizie islamiche. I rapporti sui morti civili sono utilizzati per fornire un pretesto e una giustificazione per l’intervento umanitario, in base al principio della “responsabilità nel proteggere“.
Il multinick si sdoppia, dato che la doppiezza è il suo mestiere e norma di vita internettiana. Nel frullato che ha in testa, non trovano posto le evidenze più immediate:
– le aree destabillizzate lo sono e non certo dalla Prima o Seconda Guerra del Golfo, da tensioni, inanzi tutto, intra-islamiche:
– se le aree sono stabilizzate da dittature “amiche dell’Occidente”, la colpa è dell’Occidente: è accaduto per l’Egitto di Mubarak – amico dell’Occidente: quindi, cattivo – come per la Libia di Gheddafi dopo l’avvicinamento con l’Occidente – e perciò, cattivo pure lui -:
– se le dittature sono abbattute da forze occidentali o sostenute dall’Occidente, le dittature erano una buona e santa cosa:
– le destabilizzazioni e stabilizzazioni, quindi, per i filo-islamici anti-occidentali valgono in funzione sempre e solo anti-occidentale:
– se le destabilizzazioni o le stabilizzazioni rientrano in una stragegia, il controllo delle aree petrolifere non c’entra, visto che il petrolio viene venduto comunqe a prezzi di mercato e a imprese di tutto il mondo:
– i gruppi armati dall’Occidente sono sempre e solo islamici: è un altro fatto e perciò, per i filo-islamici, non conta, non vale, chi se ne frega.
In realtà ciò che si sta svolgendo in Siria è la conseguenza di una insurrezione armata, sostenuta segretamente da potenze straniere tra cui Stati Uniti, Turchia e Israele.
Insorti armati, appartenenti ad organizzazioni islamiste hanno attraversato il confine con la Turchia, Libano e Giordania. Il Dipartimento di Stato statunitense confermò tempo addietro di sostenere l’insurrezione.
Disse la funzionaria del Dipartimento di Stato USA Victoria “FuckEU” Nuland:
“Abbiamo iniziato a espandere i contatti con i siriani che chiedono il cambiamento, sia all’interno che all’esterno del paese“.
“Nuland ha anche ripetuto che Barack Obama aveva già invitato il presidente siriano Bashar Assad ad avviare le riforme o a dimettersi dal potere.” (Voce della Russia, 17 giugno 2011)
Uno di quei famosi inviti “che non si possono rifiutare” evidentemente.
Il paraonoico multinick che, dopo aver definito i siciliani – fra le altre cicche scaturite dallo sbevazzare Islam all’acqua di vite alla salute di Maometto, maestro dell’adulterazione delle fedi altri e in segno di coerenza e lucidità -“africani” e “levantini”, si fregia di nickname siciliani per dominare fantasmaticamente la strizza cui gli basta un solo siciliano, glissa, copia e tracanna – anche da fonti russe, le stesse che avevano saputo in esclusiva da questo mentecatto-islamico che, sì, va bene, al Sisi si poteva considerare l’erede di Nasser per avere sottoscitto accordi commerciali con i Russi – e sdorovije un altro bicchiere di vodka, sempre in onore a Maometto, re della disiniformacjia e di tutti gli islamici che gli stanno dappresso.
Sai che scoperta, gli americani sostengono l’insurrezione – sbagliando. E una volta
– è colpa del petrolio – pagato a prezzi di mercato:
– un’altra, no, la guerra l’O.N.U. l’ha fatta a Saddam perché questo angelo della pace dce che rinunciava al dollaro nelle transazioni internazionali, mente la guerra per il petrolio kuwaiatano l’aveva fatta lui, il dittator cortese:
– la destabilizzazione, come se l’area fosse già bella che stabilizzata grazie alle fiorenti dittature islamiche:
e via delirando, purché contro l’Occidente.
Ma – niente paura! Ci penseranno gli Hezbollah libanesi a fare fuori i nemici di Assad e di Saddam Hussein. Il formidabile sviluppo economico – da paradiso fiscale -, petrolifero – lo sanno tutti -, tecnologico – i Nobel libanesi sono migliaia -, garantisce al Libano sotto l’ala protettiva degli Hezbollah, protettore del suo affettuoso ex-protettore Assad di pére in fils, di eliminare in breve tempo Isis, Israele, Giordania, Cisgiordania del cripto-ebreo Abu Mazen, Gaza di quei servi dei servi di Israele che sono quelli di Hamas, l’Egitto tornato alleato di Israele e degli Occidentali… Insomma, Hezbollah vuole fare quello che l’Isis vuole fare.
L’intruglio complottista è servito. Prosit!
Ma qualcuno, tra i politici buonisti e gli intellettuali progressisti, si è mai chiesto perchè è solo l’islam a produrre tutta questa violenza? E perchè è solo l’islam a presentare problemi così vasti e profondi?
Mi sembrano domande banali, ma vedo che politici e giornalisti sono più testardamente impegnati a difendere l’ipotetico islam “buono” da quello “cattivo” piuttosto che a rispondere a queste domande.
E dire che basterebbe aprire il Corano: “Uccidete gli infedeli ovunque li incontriate. Questa e’ la ricompensa dei miscredenti.” (Sura 2:191)
Lasciamo perdere tutte le speculazioni complottiste al netto e al sicuro dei fatti perché ne prescindono, ma l’anti-occidentale filo-islamico dal nickname intercambiabile perché la sua ossessione “geo-politica” siciliana personalizzata insiste a dimostrarne la falsità parlando in termini adoranti di Hezbollah: se sono così forti, questi musulmani doc di Hezbollah,
– perché non si fanno sotto?
– Perché non attaccano Isis, Israele e Hamas, che il multinick paranoico dice al soldo del Mossad?
– Ora che Isis nel Sinai trova in Hamas un partner affidabile, che gli offre appoggio logistico, infomazioni e armi, scoppierà la guerra fra Hezbollah e Hamas?
– Ora che l’Olp – al soldo del Mossad anch’essa, a cominciare da Abu Mahzen: parola di complottisti – arresta in Cisgiordania uomini dell’Isis e di Hamas, scoppierà la pace fra Olp e Hezbollah e quindi, per la proprietà transitiva o osmosi di cervelli vuoti da riempire con le teorie paranoico-complottiste, fra Israele e Hezbollah?
– Dato che l’Egitto ha ristabilito le relazioni diplomatiche con Israele e al Sisi ha chiesto alle forze armate israeliane aiuto contro l’Isis nel Sinai, l’Egitto potrà continuare a essere considerato dai paranoici multinick una potenza regionale: o i paranoici filo-islamici devono sapere che ne pensa Putin: e prima, occorrerà vedere se Hezbollah dichiarerà guerra all’Egitto?
Ecco, le teste a perdere dei filo-islamici multnicik vanno indietro per la loro strada: sempre verso La Mecca, bevendo vino a alta gradazione alcolica, che serve alla loro coerenza non più che alla loro lucidità.
La destabilizzazione della Siria e del Libano, come paesi sovrani, è sul tavolo dell’alleanza militare USA-NATO-Israele da molti anni. L’azione contro la Siria è parte di una “roadmap militare“, una sequenza di operazioni militari. Secondo l’ex comandante generale della NATO, Wesley Clark, il Pentagono aveva chiaramente individuato Iraq, Libia, Siria e Libano come paesi bersaglio di un intervento USA-NATO.
Ma i tagliagole “sfuggiti di mano” alla Clinton che si fanno i selfie con i senatori USA si trovano davanti l’osso duro di Hezbollah che già nel 2006 diede una sonora lezione al “glorioso” Tsahal sionista.
Mah, al baghdadi ha mai sentito parlare di blocco navale? Non gli pare il vero a Israele che inizino a far girare navi cariche dei loro rifornimenti!