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Per la sinistra woke Churchill non è un eroe, ma un razzista colonialista

Una ricerca svela che solo un quinto dei giovani inglesi ha un'opinione positiva dello statista che sconfisse il nazismo, considerato "racist". I danni della cancel culture e di chi non conosce la storia ma vuole giudicarla

Daniele Meloni
09/11/2022 - 6:23
Società
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Winston Churchill proteste
Un’attivista del movimento Brack Trans Lives Matter protesta sotto la statua di Winston Churchill a Londra, durante il Pride del 2020 (foto Ansa)

L’ultima volta che i giovani contestatori del capitalismo e del cosiddetto «razzismo insito nella società britannica» scesero in Parliament Square a Londra, giusto di fronte a Westminster, imbrattarono la statua di Winston Churchill disegnandogli una cresta moicana sulla fronte e scrissero con lo spray la parola “racist”, razzista, ai piedi del monumento. La veemenza e la follia iconoclasta che stava arrivando da Bristol a Londra non risparmiò nemmeno il simbolo dell’«ora più buia» degli inglesi, nonché uno dei padri dell’Europa post-nazismo.

Non è più il Churchill di una volta

Oggi, a tre anni di distanza da quelle proteste – che coincisero con l’omicidio di George Floyd in America – un nuovo sondaggio fa discutere l’Inghilterra: ai giovani Churchill non piace più come una volta. Secondo quanto rivelato dal think tank Policy Exchange, un quinto dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni non gradirebbe lo statista britannico reputandolo “razzista” e “colonialista”. Anche se tra gli over 65 la percentuale di gradimento sale al 58 per cento, c’è da chiedersi quale sconvolgimento si sia verificato nella società britannica per arrivare a sminuire la figura dell’inglese più famoso di tutti i tempi, colui che ha incarnato al meglio lo spirito di resistenza del Regno Unito ai tempi del blitz e delle bombe della Luftwaffe.

Winston Churchill, discendente e rampollo scapestrato della celebre e nobile famiglia aristocratica dei Marlborough, era un personaggio discusso anche ai suoi tempi. Quando il fallimento della politica di appeasement di Neville Chamberlain portò alle dimissioni il governo presieduto da quest’ultimo, molti Tory non volevano affidare il governo di un paese in guerra all’uomo responsabile del disastro di Gallipoli nel primo conflitto mondiale e a un voltagabbana, che aveva più volte cambiato partito tra i Liberali e i Conservatori.

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Un Churchill decontestualizzato

Conservatori che, presi dalle divisioni al loro interno sull’Imperial Preference, non gradivano un liberoscambista come Churchill a capo del partito e del gabinetto di guerra. Tuttavia, lo preferirono ad Halifax proprio per il suo carattere indomito, e perché apparì come il più convinto nella lotta tra la vita o la morte che attendeva la nazione albionica. Pochi all’epoca si curavano del sostegno di Churchill per l’imperialismo britannico o per il razzismo che questo suo sostegno sottolineava.

Ecco perché guardare Churchill con gli occhi di oggi – e del contesto politico e sociale attuale – destoricizzando la sua figura fa emergere, a sorpresa, come nelle università britanniche attuali il leader che liberò l’Occidente dal nazismo sia visto con gli occhi della imperante cancel culture del momento. La storia dell’Impero britannico è ridotta alle sue presunte nefandezze e non vista complessivamente come il prodotto di un’epoca storica che il Regno Unito ha superato, ma che si ripropone come un fantasma ogniqualvolta il paese cerca di fare i conti con il suo presente attraverso il suo passato.

«Chi vuole cancellare la storia non conosce la storia»

Non è un caso, peraltro, che se tra i Conservatori Churchill sia ancora ampiamente apprezzato, tra i simpatizzanti Laburisti – più vicini all’iconoclastia delle piazze e a movimenti come Black Lives Matter e alla cancel culture – lo statista britannico abbia riscontri positivi solo per il 22 per cento degli intervistati da Policy Exchange. D’altronde, il Labour già nel 1945 non aveva espresso gratitudine nei confronti del leader Tory, proponendo Clement Attlee come Premier al suo posto e ottenendo una clamorosa vittoria elettorale che mandò Sir Winston e i Tories all’opposizione fino al grande ritorno dello statista nel 1951.

Come ha detto l’anchor-man di colore di Sky News Trevor Phillips a Tempi in una passata intervista, il problema non è la visione della storia di questi ragazzi o dei laburisti (di cui lui faceva parte): «Il problema di chi vuole cancellare la storia – sostiene Phillips – è che la storia non la conosce. Churchill si battè contro il fascismo ed è popolarissimo tra i neri caraibici che combatterono accanto agli inglesi nella secondo guerra mondiale». Basterà per frenare il revisionismo dei giovani inglesi?

Tags: black lives mattercancel cultureInghilterrastoriaWinston Churchillwoke
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