Sindrome di Down. Sperare in una cura non è più così assurdo

Di Caterina Giojelli
17 Marzo 2021
Progetto Genoma 21. Le intuizioni e le scoperte del team di scienziati di Bologna che sviluppa le intuizioni (giuste) di Lejeune sulla trisomia 21
Jerome Lejeune
Jérôme Lejeune (foto fondationlejeune.org)

La trisomia 21 è l’anomalia cromosomica più frequente, la ritroviamo in 1 su 400 concepimenti e 1 su 700 nati vivi. Eppure è la meno indagata, tutti i fondi vengono diretti alla diagnostica prenatale che sfocia quasi sempre nell’aborto, estirpare la sindrome eliminando i malati. Ma se ci fosse una cura? È la domanda che ha animato Progetto Genoma 21, il più approfondito e rigoroso studio mai tentato sul rapporto tra aspetti genetici e clinici nella trisomia 21, realizzato da Pierluigi Strippoli, professore associato di Biologia applicata all’Università di Bologna e responsabile del laboratorio di Genomica. 

Strippoli ha seguito le tracce lasciate in 50 anni di lavoro da Jérôme Lejeune, il venerabile genetista che nel 1959 scoprì per primo l’esistenza di una copia aggiuntiva del cromosoma 21 e che sosteneva che solo pochi fra i molti innocenti geni di tale cromosoma fossero “colpevoli” della Sindrome di Down. Aveva ragione: grazie all’analisi di casi molto rari di trisomia parziale (persone con solo una parte del cromosoma in più), Strippoli è riuscito a individuare una specifica regione critica strettamente associata alla diagnosi: solo chi possiede questo specifico segmento del cromosoma in tre copie manifesta la sindrome e disabilità intellettiva, gli altri no. Una regione che si estende per meno di un millesimo della lunghezza del cromosoma. Di più: Lejeune sosteneva che alla base del rallentamento dei neuroni, causa di disabilità intellettiva delle persone Down, vi fosse una “intossicazione cronica” data da un accumulo di sostanze causato da un’alterazione metabolica. Ebbene, analizzando plasma e urine dei bimbi del Sant’Orsola e dei loro fratelli che non presentavano la sindrome, l’équipe di Strippoli ha verificato anche questa intuizione, ottenendo risultati pubblicati sulle più importanti riviste scientifiche internazionali. 

Il team di scienziati del Progetto Genoma 21 sulla Trisomia 21 e sindrome di Down
Il team del Progetto Genoma 21: da sinistra a destra, Maria Chiara Pelleri, Lorenza Vitale, Pierluigi Strippoli, Maria Caracausi, Allison Piovesan

Ora il gruppo sta lavorando a chiudere il cerchio, correlando regione critica e alterazioni metaboliche, trovare una terapia mirata a correggere lo squilibrio metabolico, nonché tentare in vitro con tecnica Crispr la rimozione del segmento critico. Il team bolognese si avvale della collaborazione dell’unità di Genetica medica del Sant’Orsola guidata da Marco Seri e delle università di Firenze (analisi di metabolomica), Cork (ingeneria genetica con tecnica Crispr), Padova (test neurocognitivi dettagliati sulla popolazione con la Sindrome di Down). 

Esisterà quindi una cura, mirata alla disabilità intellettiva: è questo a muovere Genoma 21 e la partecipazione di madri, padri, associazioni, disposti a sostenere una ricerca controcorrente rispetto all’andazzo di un mondo che grazie ai fondi pubblici scommette su un futuro “Down free”. Il 90 per cento dei fondi alla ricerca di Strippoli arriva dai privati.

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