«A me piace mantenere le promesse, noi siamo qui perché nella famiglia ci crediamo davvero». Lo rivendica con soddisfazione Roberto Maroni. Il 17 gennaio, al convegno organizzato a Palazzo Lombardia con Tempi, il governatore della Regione aveva detto: «Organizziamo un altro incontro anche durante Expo». E così, nove mesi dopo, «tempo di gestazione non casuale» quando si tratta di famiglia, sottolinea l’assessore Cristina Cappellini, ecco l’incontro sponsorizzato dall’Expo “Nutrire la famiglia per nutrire il futuro”.
«CONOSCENZA, NON PROPAGANDA». Al Pirellone, i 300 posti dell’Auditorium Gaber sono stati riempiti dal pubblico e alcuni si sono seduti per terra per seguire un dibattito durato oltre due ore. Un tempo non breve ma necessario, perché, come sottolineato dal direttore di Tempi Luigi Amicone, che ha fatto gli onori di casa, «questa non è l’ora della propaganda», delle contrapposte ideologie, «ma della conoscenza. E la conoscenza costa sempre un po’ di fatica».
UNA FORZA TRANQUILLA. L’evento è stato costruito «senza opporsi a nessuno», ricorda ancora Maroni, ma valorizzando quella «forza tranquilla» citata dal presidente del Consiglio regionale Raffaele Cattaneo, «che chiede il rispetto della Costituzione italiana, che ha assegnato alla famiglia un articolo apposito (29), prevedendo agevolazioni economiche. Ma quante ne abbiamo viste di agevolazioni? Questo noi vogliamo rivendicare e non ci faremo certo spaventare dagli intolleranti che imbrattano i muri».
CRISI DEMOGRAFICA. La riflessione sulla famiglia è partita da un desolante dato di fatto, illustrato da Gian Carlo Blangiardo, ordinario di demografia e statistica dei flussi migratori alla Statale di Milano: oggi in Lombardia, più della metà della popolazione maschile arriva ai 35 anni che ancora non si è sposata, cresce l’instabilità del matrimonio e diminuiscono i figli, tanto che «non viene più garantito il ricambio generazionale. Solo nel primo quadrimestre del 2015, il saldo naturale è negativo di ben 10 mila unità: un tracollo rispetto agli anni scorsi». La famiglia costituzionale, quella società naturale fondata sul matrimonio, è oggi «abbandonata e lasciata sola, nonostante svolga un lavoro che interessa a tutti», crescendo i figli e curando gli anziani. Senza, ricordano i responsabili politici lombardi, «il Welfare sarebbe assolutamente insostenibile».
IL LAVORO DELLA REGIONE. Ma la famiglia non va valorizzata solo per la sua funzione di «ammortizzatore sociale» perché è a tutti gli effetti un «soggetto sociale con diritti e funzioni propri». È inutile generalizzare, afferma Giovanna Rossi, ordinario di sociologia della famiglia e direttore del Centro studi e ricerche sulla famiglia dell’Università Cattolica, c’è qualcuno che per la famiglia fa più degli altri. E questo qualcuno è Regione Lombardia, a partire dall’apposita legge del 1999. «Con il fondo di sostegno, il fondo Nasko, il fondo Cresco e le misure per la conciliazione famiglia-lavoro, la Regione ha dimostrato di prendersi cura della famiglia e di porla come fondamento del suo welfare». È con i fatti, e non con le parole insomma, «che si riconosce il suo valore sociale».
«FAMIGLIA EDUCA ALL’ALTERITÀ». Ma c’è un altro motivo per cui, al di là di tutto, una società dovrebbe difendere la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna: «Solo nella cellula fondamentale della società si educa davvero alla diversità», fa notare in un passaggio del suo ricco intervento Claudio Risé, docente universitario, giornalista e scrittore. Ribaltando lo stereotipo della famiglia che opprime e chiude, lo psicoterapeuta rilancia: «La famiglia educa all’alterità» non per meriti dei singoli genitori, ma perché «il suo nucleo è l’incontro tra i diversi: maschio e femmina, adulti, vecchi e bambini. Se una società vuole essere aperta, inclusiva, tollerante e creativa deve proteggere la famiglia».
LE MANIFESTAZIONI. Purtroppo questo spesso non avviene e leggi come aborto e divorzio, insieme alla nuova diffusione capillare della teoria del gender, «che si sconfigge solo con la conoscenza», ricorda bene il capogruppo della Lega Nord in Consiglio regionale Massimiliano Romeo, cercano di minare la famiglia nelle sue fondamenta. Ecco perché è importante impegnarsi sotto ogni aspetto, come testimoniato da Massimo Gandolfini, presidente del comitato Difendiamo i nostri figli, e Ludovine de la Rochère, presidente e co-fondatrice della Manif pour tous francese. «La manifestazione a Roma del 20 giugno è stata un evento storico», ricorda il primo, «perché è nata dal basso e ha mobilitato un milione di persone, che hanno fatto sacrifici per essere lì. E anche se è una lotta che ricorda quella di Davide contro Golia, senza la manifestazione il ddl Cirinnà sulle unioni civili sarebbe già stato approvato da tempo, mentre vediamo che continuano a rimandare e vacillare».
«SOLO 12 ANNI». Dopo aver annunciato una «nuova manifestazione in primavera», ha ceduto la parola alla collega francese, che ha ricordato come «non si può legalizzare il matrimonio gay senza, come obbligatoria conseguenza, riconoscere l’utero in affitto». Ed è per opporsi a queste pratiche, e per «ricostruire il vero senso della famiglia», che i francesi «continueranno a resistere». Anche perché, conclude Amicone ricordando un esempio di Risé, «il corso della storia non è ineluttabile. Nel 1789, la rivoluzione giacobina ha approvato una serie di leggi per distruggere la famiglia. Nel 1801 queste leggi sono state abrogate e sono state ripristinate quelle a difesa del nucleo fondamentale della società. Quanto sono durati? Solo 12 anni. Anche oggi può andare così, se ognuno fa la sua parte».
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