Scuole paritarie: nel sistema, ma non del sistema

Di Raffaela Paggi
12 Febbraio 2020
Perché l’esistenza di realtà con la pretesa di offrire agli studenti addirittura il senso della vita può essere un vantaggio per tutti. Anche per le scuole statali

Articolo tratto dal numero di febbraio 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

Una scuola che sia nel sistema, ma non del sistema è fondamentale per l’educazione dei giovani, che sono il presente e il futuro di un’intera società. 

Una scuola libera in un sistema che sia realmente pluralista, che non abbia timore del pensiero autonomo, di diverse visioni del mondo con cui confrontarsi. 

Una scuola identitaria, perché la conoscenza è possibile se alla persona in crescita viene consegnata dagli adulti un’ipotesi di senso esplicativa della realtà. Vi è in molti la convinzione che l’educazione dei giovani debba avvenire in un contesto neutro, che non proponga una visione del mondo esplicita, o che le presenti tutte, affinché vi sia libertà di scelta. Eppure l’esperienza di conoscenza che ciascuno di noi fa dice proprio l’opposto: come è più proficuo, ad esempio, leggere un libro o vedere un film se un amico ce lo ha presentato proponendoci una sua ipotesi di senso. O ancora quanto è più godibile l’osservazione di un’opera d’arte, la visita di una città, la comprensione di un fenomeno sociale, politico, economico, se qualcuno ci introduce in essi con una sua proposta esplicativa. 

Non ci sentiamo certo plagiati quando questo accade: per quale ragione? Perché il bambino, il ragazzo, l’uomo si introduce nella realtà, la osserva incuriosito, si affeziona ad essa, la studia con passione, solo se coglie in essa un senso, la possibilità cioè di comprendere i nessi tra i dati e tra la realtà e sé stesso, le sue istanze, le sue esigenze fondamentali. Il senso è un rapporto tra sé e la res: senza la certezza di poterlo incontrare nel percorso conoscitivo, la persona si disinteressa della realtà perché essa perde la sua naturale attrattiva. Ecco perché è fondamentale che nella scuola i docenti siano adulti autorevoli, testimoni di un senso per cui valga la pena vivere, affrontare la fatica dello studio e del lavoro, disposti a coinvolgersi in un cammino di ricerca con i loro studenti, sacrificando il proprio tempo e le proprie energie affinché i giovani possano sviluppare ragione, libertà, affezione.

Apertura e unità

Certo, vi sono alcune condizioni affinché una scuola si possa definire libera: non è detto che una scuola per il fatto di essere paritaria sia di default anche libera! Innanzitutto occorre che lo studente sia messo nelle condizioni per effettuare la sua personale verifica dell’ipotesi esplicativa del reale offerta dai docenti, testandola in tutti gli aspetti della vita: studio, amicizie, sport… Una scuola libera valorizza e ama la mossa argomentativa dello studente, stima i suoi tentativi di ricerca e di azione, anche quando impacciati o acerbi, non teme di affrontare apertamente questioni scottanti, anzi offre gli strumenti delle diverse discipline, contenuti, metodi e linguaggi, al fine di comprendere e conoscere meglio i termini del problema e giudicare con consapevolezza le proposte risolutive. È stato per me illuminante nell’impostazione dell’anno scolastico un passaggio del romanzo Vita e destino di Vassilij Grossman, cui è intitolata la mia scuola: un fisico nucleare, Victor Strum, ha l’intuizione che sblocca le sue ricerche, da tempo incagliate, incontrando e ascoltando i discorsi di un uomo libero. «E che strana coincidenza, pensò all’improvviso, che quell’idea gli fosse venuta proprio quando la sua mente era lontana dalla scienza, quando la discussione – appassionante – era nata dalle parole di uomo libero». Solo la compagnia di uomini liberi può liberare le menti e favorire reali percorsi di conoscenza. 

Un’altra condizione affinché la scuola sia libera è che non si lasci tarpare le ali da forme precostituite e indiscutibili, da inutili e soffocanti burocrazie, ma che sia disposta a sperimentare, a cercare nuove soluzioni quando si accorge di nuove istanze. E in tal senso la scuola identitaria ha nell’unità del corpo docente, che si forma per scelta e non per caso, le condizioni più favorevoli alla ricerca e alla sperimentazione. Ne consegue un vantaggio anche per l’intero sistema scolastico, che può godere dei frutti di tentativi di scuole magari piccole nelle dimensioni, ma efficaci nel trovare nuove strade: è capitato spesso che sperimentazioni di singole scuole venissero poi esportate a tutte le scuole del sistema nazionale, con beneficio di tutti gli studenti italiani.

Favorire l’esistenza e la sopravvivenza di scuole libere e identitarie è un investimento, che giustifica l’impegno di tutta la società adulta e l’assunzione di rischi da parte di adulti che ne comprendono l’urgenza.

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Raffaela Paggi, autrice di questo articolo, è rettore delle scuole della Fondazione Vasilij Grossman, Milano

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