Inizia l’anno scolastico e «non si parte bene» scrive in un editoriale sul Sole 24 Ore Fabrizio Forquet. «Dopo le polemiche estive sulla riforma voluta dal governo Renzi, infatti, c’è il rischio concreto che in molti, sul fronte più sindacalizzato dei docenti, siano tentati dal trasformare l’anno scolastico che sta iniziando in un vero e proprio Vietnam, tra scioperi e occupazioni degli istituti». Un’idea miope, scrive il giornalista, che dimostra, purtroppo, come a tanti interessino più le proprie rivendicazioni che non il diritto supremo, che è quello degli studenti di imparare.
BOICOTTAGGIO. I problemi sono tanti: il ricorso massiccio ai supplenti, la carenza di presidi e la «surreale polemica sulle deportazioni». Tutti fattori che rischiano di «essere solo un assaggio dello scontro ideologico che si prospetta, con il rischio di arrecare danni gravi all’attività didattica». La riforma è ormai legge e se l’interessi di tutti è che la scuola sia un servizio pubblico perché battezzare l’anno con iniziative assurde? Come «il boicottaggio più o meno esplicito che una parte dei docenti ha iniziato a condurre durante i primi collegi di docenti chiamati a nominare i membri dei comitati di valutazione. Se è vero, come è vero, che la scuola italiana è ricchissima di merito e di qualità, non si capisce perché qualcuno debba avere paura della valutazione, uno strumento diffuso in tutto il mondo, ad ogni ordine e grado, per migliorare il livello complessivo dell’istruzione».
«Che segnale si dà in questo modo agli studenti – chiede Forquet -, a coloro cioè che vengono valutati ogni giorno proprio da quegli stessi docenti? Che segnale si dà, a tutti, agli studenti e alle loro famiglie, fissando assemblee sindacali proprio lunedì o martedì prossimo, quando la grande maggioranza delle scuole italiane aprirà i propri cancelli?».
TORNIAMO ALLA SCUOLA REALE. La scuola italiana non è solo questo. È composta anche da tanti bravi insegnanti che fanno il loro dovere con passione. La riforma, «per quanto incompleta e insufficiente come disegno complessivo, può sviluppare i suoi effetti. Partendo proprio da quella alternanza scuola-lavoro che è forse l’innovazione più significativa su cui poter scommettere. Questo deve essere l’anno della messa a regime di un sistema di scambio e di interazione, in ogni territorio, tra le scuole italiane e i silos più complessivi di conoscenze e di esperienze produttive di cui l’Italia è ricca. (…) La politica e le rivendicazioni sindacali si sono fatte sentire forte e chiaro in questi mesi. Anche troppo. Ora è tempo di lasciar parlare la scuola. Quella vera. Quella che è fatta per dare un futuro ai nostri ragazzi. Lasciamo lavorare chi dimostra da anni, malgrado le mille difficoltà e le ristrettezze economiche non degne di un Paese avanzato, la capacità di fare buona istruzione, non senza sacrifici personali e familiari. Torniamo alla scuola reale. Torniamo agli studenti».
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