Sanità, la situazione (disastrosa) delle otto regioni in rosso. Puglia e Calabria migliorano
Più tagli, ma poche (o zero) azioni di riqualificazione dei servizi per il cittadino: è questo il risultato di quello che si è letto nelle relazioni dello scorso 25 gennaio sulle strategie di contenimento della Sanità delle 8 regioni con maggiori disavanzi. Sono Piemonte, Lazio, Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Calabria e Sicilia (tutto il Meridione, dunque, ad eccezione della Basilicata): avevano firmato col governo nel 2011 un piano di rientro per i terribili deficit di cui soffrivano. Se ce la faranno, lo Stato sbloccherà i fondi che per il momento trattiene alle regioni indisciplinate. Con il primo rendiconto dell’attività, riferito ai primi nove mesi del 2011, si apprende però che solo Calabria e Puglia otterranno i fondi.
Le 8 regioni dovevano adoperarsi nei tagli di convenzioni con i privati, nella chiusura o riconversione dei piccoli ospedali, nel blocco del turnover del personale, nel contenimento della spesa farmaceutica, nella revisione dei ticket, nella centralizzazione dell’acquisto dei beni e dei servizi agli ospedali (per evitare clientelismi), nel taglio delle convenzioni con i privati: tavoli tecnici tra le regioni e il ministero della Salute avrebbero valutato l’operato. La Calabria si era impegnata lo scorso anno con una manovra da 260 milioni con l’ex ministro del Welfare Sacconi, che era inorridito nello scoprire che dal punto di vista contabile era persino assente una documentazione scritta delle spese: le vengono riconosciuti in generale grossi passi avanti, da cui la decisione dello Stato di sbloccare fondi da 220 milioni (spettanze residue dal 2009). Tuttavia è stato segnalato che, malgrado l’assoluto divieto di nuove assunzioni in cui si era impegnata, la Calabria su quest’aspetto ha continuato imperterrita, mentre rimangono «criticità e ritardi». L’altra regione che ha visto lo sblocco dei fondi è stata la Puglia, tuttavia il tavolo tecnico non ha mancato di evidenziare le numerose falle del sistema, soprattutto le deroghe nel blocco del turnover. Chi va in pensione, non può essere rimpiazzato per il momento: perciò la Puglia ha ottenuto uno sblocco solo del 60 per cento delle risorse, per aver comunque tamponato il suo debito (420 milioni di euro) con una manovra da 295 milioni.
Pessima la situazione nelle altre regioni, eccezion fatta per la Sicilia, dove il piano di rientro varato già due anni fa ha portato il debito da 700 milioni di euro a 97, anche attraverso il “dimezzamento” delle Asl, portate da 29 a 12 e la centralizzazione dei bandi. Tuttavia i tecnici non la promuovono ancora, segnalando anzi la necessità di maggiori interventi per aumentare l’assistenza territoriale ai pazienti. Piemonte bocciato, invece, per un disavanzo da 60 milioni di euro nella manovra, che punta tutto sul blocco parziale del turnover e il taglio di alcuni servizi. Lazio bocciato per i gravissimi ritardi del piano di rientro, con un disavanzo di 75 milioni di euro: sono stati sì bloccati i turnover (con un risparmio di 62 milioni di euro), e ci sono stati interventi sulla rete ospedaliera (125 milioni) e sul personale in genere (91 milioni di euro), ma per i tecnici è evidente «uno scostamento rispetto a quanto programmato».
Bacchettata anche la Campania, che di fatto non ha una rete adeguata di assistenza per gli anziani (da zero assoluto, ne ha realizzata metà del previsto) e segnala una perdita per 27 milioni di euro, anche se il presidente della Regione Stefano Caldoro ha fatto notare che «il disavanzo è passato da meno 768 milioni di euro a meno 250 milioni». Tra le più attive nel risanamento c’è l’Abruzzo, che ha messo in pista interventi sul personale, accordi con i medici di famiglia, tetti per le prestazioni ospedaliere, tagli anche alle consulenze e aumenti Irpef e Irap. Ma il pacchetto di misure non è stato sufficiente, anzi, i tecnici chiedono chiarimenti sullo stato della rete sanitaria territoriale e sulle procedure di accreditamento dei privati e di quelle per l’acquisto di prestazioni. Il Molise, infine, è stato bocciato con un disavanzo di 50 milioni di euro (22,5 milioni per il 2011).
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