Rod Dreher: Te Deum laudamus per i giovani cattolici non esausti

Di Rod Dreher
10 Gennaio 2019
Siamo come gli antichi romani alla vigilia delle invasioni barbariche, ma in Italia ho trovato persone, famiglie e comunità felici di credere
Vista da Musicchio su Amatrice

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Articolo tratto dal numero di Tempi di dicembre 2018

Ho viaggiato molto in Europa nell’anno che sta finendo, dopo che il mio libro L’opzione Benedetto è apparso in Italia, Francia e altri paesi europei in edizioni locali. Stranamente, ogni volta ritorno in America pieno di speranza circa il futuro del cristianesimo. E questo accade grazie alla testimonianza di fede dei giovani cattolici. Dico “stranamente” perché negli Stati Uniti i cristiani tendono a pensare alla Chiesa in Europa come a una realtà esausta.

Purtroppo su questo punto abbiamo ragione. All’inizio di quest’anno Stephen Bullivant, un accademico britannico che è a capo del Centro Benedetto XVI di Londra, ha reso noto che in 18 paesi europei meno del 10 per cento dei giovani vanno in chiesa almeno una volta alla settimana. In 12 paesi europei i giovani che dichiarano un’appartenenza religiosa sono meno della metà. «Sono tutti paesi dove il cristianesimo è stato efficacemente trasmesso da una generazione alla successiva per la maggior parte degli ultimi duemila anni», mi ha detto. «E ora, nel giro di due generazioni, questo è cessato in molti luoghi».

L’Italia si trova in condizioni migliori di molti altri paesi europei, ma la fede sta crollando pure lì. Le statistiche sono sconfortanti. I bambini di famiglia cattolica nati quest’anno saranno probabilmente l’equivalente dei Romani nati nell’anno 318: saranno l’ultima generazione che viene educata in una cultura imbevuta della religione ancestrale del paese. Allora perché trovo tante ragioni di speranza fra i giovani cattolici italiani? Perché ho più fiducia nel futuro del cristianesimo quando dall’Italia torno in America, un paese dove la fede cristiana, benché in declino fra i giovani adulti, è ancora molto più forte che in Europa? Perché, come altri giovani cattolici che ho incontrato in giro per l’Europa, questi italiani non sono scoraggiati davanti alla crisi e a ciò che essa richiederà loro per essere affrontata.

Rod DreherNel libro L’opzione Benedetto sostengo che, dato il catastrofico declino del cristianesimo occidentale nel corso del secolo scorso, la situazione per i credenti oggi è l’equivalente ecclesiale della caduta dell’Impero romano. In quell’epoca Benedetto da Norcia lasciò la città di Roma e fondò una nuova comunità nella quale lui e altri monaci poterono vivere la fede nel mezzo di una crisi di civiltà. Nel corso della lunga notte del Medio Evo, i monaci benedettini contribuirono a salvare la fede e la civiltà.

Che cosa consiglierebbe di fare ai cristiani oggi un nuovo – e molto diverso – san Benedetto? Questa è la domanda che tutti i cristiani seri dovrebbero farsi. I credenti che vivono come se questi fossero tempi normali si assumono un rischio folle. Papa Francesco ha detto ai cattolici di «andare nelle periferie», ma chiunque abbia gli occhi per vedere, sia in Europa e sia in America può constatare che il centro stesso sta crollando completamente. Non c’è compito più importante per noi che riscoprire l’arte del discepolato cristiano e diventare di nuovo dei convertiti. Non possiamo dare alle periferie quello che non abbiamo più noi.

In America, continuiamo a pensare di vivere in una cultura cristiana. Ci sono molti segni che questo non è più vero, specialmente fra i giovani, ma questa ingenua illusione rimane forte. Non ci stiamo preparando a quello che sta per arrivare. Grazie a Dio questo auto-inganno non è così comune fra gli italiani. Lì ho incontrato molti giovani uomini e donne che, diversamente dagli americani, sanno chiaramente che non ci può essere nessun compromesso fra Cristo e il mondo d’oggi. Vogliono uno stile di vita più radicalmente cristiano. Stanno riscoprendo la bellezza e la profondità della tradizione cattolica.

Nel settembre scorso ho partecipato a una solenne preghiera nel corso di una Messa privata nella casa di due giovani sposi, Giovanni e Alice Zennaro, nella campagna alle porte di Milano. La stanza era piena di giovani famiglie cattoliche coi loro bambini: tutta gente felice di credere. I maschi hanno cantato le eterne preghiere della Chiesa in latino. Il sacerdote ed io, entrambi ultracinquantenni, eravamo di gran lunga le persone più anziane nella stanza. Sembrava di vivere in un lontano passato, ma sembrava anche di vivere un futuro prossimo. La speranza non è la stessa cosa che l’ottimismo. Negli Usa noi cristiani tendiamo ad essere ottimisti, ma il nostro ottimismo non è basato sul realismo. La speranza deve sempre essere realistica. Gli incoraggianti italiani che ho incontrato sono completamente realistici riguardo alla cultura post-cristiana.

In questi cari fratelli e sorelle vedo il “piccolo gregge” che tanto tempo fa Joseph Ratzinger predisse che avrebbe mantenuto viva la fede attraverso i tempi oscuri che stavano arrivando e sarebbero stati i semi del rinnovamento della fede. In loro io vedo il futuro del cristianesimo più chiaramente che nel mio stesso paese. E perché non dovrebbe essere così, poi? Da Norcia l’Italia ha tratto fuori un santo veramente grande nel sesto secolo. Può farlo di nuovo nel ventunesimo.

@roddreher

Foto Ansa

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