L’Opzione Benedetto spiegata dal suo autore. Intervista a Rod Dreher

Di Rodolfo Casadei
10 Luglio 2017
«Noi cristiani dobbiamo essere il sale della terra, ma questo sale è diventato insipido. Inutile sperare che siano i preti o i politici a salvarci. Adesso tocca a noi muoverci»

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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Tutto cominciò nel 1969, quando il teologo Joseph Ratzinger così parlò: «Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diventerà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede e la preghiera al centro dell’esperienza e sperimenterà di nuovo i sacramenti come servizio divino e non come un problema di struttura liturgica. A me sembra certo che si stanno preparando per la Chiesa tempi molto difficili. La sua vera crisi è appena incominciata. Si deve fare i conti con grandi sommovimenti. Ma io sono anche certissimo di ciò che rimarrà alla fine: non la Chiesa del culto politico, ma la Chiesa della fede».

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Dodici anni dopo, nel 1981, fu il filosofo Alasdair MacIntyre a scrivere: «Un punto di svolta decisivo in quella storia più antica si ebbe quando uomini e donne di buona volontà si distolsero dal compito di puntellare l’imperium romano e smisero di identificare la continuazione della civiltà e della comunità morale con la conservazione di tale imperium. Il compito che invece si prefissero (spesso senza rendersi conto pienamente di ciò che stavano facendo) fu la costruzione di nuove forme di comunità entro cui la vita morale potesse essere sostenuta, in modo che sia la civiltà sia la morale avessero la possibilità di sopravvivere all’epoca incipiente di barbarie e oscurità. Se la mia interpretazione della nostra situazione morale è esatta, dovremmo concludere che da qualche tempo anche noi abbiamo raggiunto questo punto di svolta. Ciò che conta, in questa fase, è la costruzione di forme locali di comunità al cui interno la civiltà e la vita intellettuale e morale possano essere conservate attraverso i nuovi secoli oscuri che già incombono su di noi. (…) Questa volta, però, i barbari non aspettano al di là delle frontiere: ci hanno già governato per parecchio tempo. Ed è la nostra inconsapevolezza di questo fatto a costruire parte della nostra difficoltà. Stiamo aspettando: non Godot, ma un altro san Benedetto, senza dubbio molto diverso».

Ispirato da questi e altri interventi, Rod Dreher, editorialista di The American Conservative, dieci anni fa ha cominciato a parlare di Opzione Benedetto. L’anno scorso, incoraggiato da molti, ha deciso di scrivere un libro sull’argomento. A gennaio è uscito nelle librerie americane The Benedict Option – A Strategy for Christians in a Post-Christian Nation, un testo di 272 pagine. «Il libro doveva essere molto più lungo, e io chiedevo di poter avere almeno due anni a disposizione per scriverlo», spiega Dreher. «Ma l’editore si è impuntato che doveva uscire poco dopo le elezioni presidenziali: erano convinti che le avrebbe vinte Hillary Clinton, e che i cristiani impauriti sarebbero corsi in libreria a comprare il libro per approntare una difesa di emergenza. Ma la mia Benedict Option non nasce dalla paura, bensì dall’amore per Cristo e per il prossimo. Come dice nel libro il mio amico Marco Sermarini della Compagnia dei Tipi Loschi (un’associazione laicale della diocesi di San Benedetto del Tronto, ndr), “non facciamo questo per salvare il mondo, ma per nessun’altra ragione che amiamo il Signore e che sappiamo di avere bisogno di una comunità e di una regola di vita per servirLo pienamente”». Sia come sia, The Benedict Option ha venduto finora 35 mila copie negli Stati Uniti ed è stato definito dal New York Times «il più discusso e il più importante libro religioso del decennio». Molti lo hanno criticato senza averlo letto, compreso il filosofo MacIntyre. L’intervista che segue può essere un buon antipasto alla lettura senza pregiudizi del libro. Che per ora esiste solo in inglese.

L’Opzione Benedetto che lei propone, sulle orme di quanto ha scritto più di trentacinque anni fa Alasdair MacIntyre, è stata criticata perché assomiglierebbe a un ghetto cristiano. I cristiani dovrebbero essere il sale della terra, ma lei sembra voler ritirare il sale dalla terra e raccoglierlo in una saliera. Cosa risponde a questa critica?
È una critica errata, che proviene da persone che non hanno letto il libro. I cristiani sono chiamati a evangelizzare, a essere il sale della terra, è vero. Ma oggi questo sale è diventato insipido. Se dobbiamo essere per il mondo secondo la volontà di Cristo, dobbiamo allontanarci dal mondo per approfondire la preghiera, la vita di comunità fra noi e la comprensione della Bibbia. Ci siamo assimilati al mondo: la gente non vede differenze fra un cristiano e un non cristiano. Prendiamo un monastero come quello dei benedettini a Norcia: offrono assistenza spirituale a tantissime persone che si rivolgono a loro, ma se la loro porta non fosse mai chiusa, se non dedicassero la maggior parte del loro tempo alla preghiera e al digiuno separati dal resto del mondo, non potrebbero poi essere di aiuto a nessuno. Lo stesso vale per noi laici. Prendiamo una scuola: se si potesse sempre andare e venire e lasciare entrare chiunque in qualunque momento, gli studenti non ne avrebbero alcun giovamento. La scuola ha bisogno di un tempo di separatezza. È sbagliato istituire un’alternativa fra la completa separazione e la completa assimilazione. Dobbiamo essere nel mondo ma senza essere del mondo. In Geremia 29 Dio dice agli ebrei di sistemarsi a Babilonia e di pregare per la pace della città, e questo dobbiamo farlo anche noi oggi. Ma poi nel libro di Daniele troviamo tre ebrei ministri fedeli del re di Babilonia, ai quali a un certo momento viene chiesto di inginocchiarsi davanti agli idoli. A quel punto loro, che erano integrati al sistema di Babilonia, si rifiutano di servire falsi dèi e vengono messi a morte. Come cristiani di oggi dobbiamo chiederci che cosa avevano quei tre ebrei che diede loro il coraggio di scegliere la morte piuttosto che l’apostasia. È qualcosa che dobbiamo recuperare oggi.

benedict-option-dreherLei cita una frase di Philip Rieff: «L’uomo religioso nasceva per essere salvato. L’uomo psicologico nasce per essere contento». Leggendo il suo libro si ha l’impressione che oggi l’uomo religioso e l’uomo psicologico coincidano in molte chiese e comunità cristiane, a vantaggio dell’uomo psicologico. È così?
Purtroppo sì. Oggi molti cristiani sono in realtà adepti del Dmt, Deismo moralistico terapeutico: si tratta di essere gentili con tutti, come chiedono tutte le religioni, di sentirsi bene con se stessi ed essere felici, e alla fine Dio ci accoglierà tutti in Cielo. Non c’è alcuna comprensione del fatto che la vita cristiana richiede sofferenza e sacrificio. La gente oggi va in chiesa come si va all’ospedale, in cerca di una guarigione. Ma la maggioranza chiede solo di essere liberata dalla sofferenza. Accettano una pillola o un’iniezione che tolgono il dolore, ma non guariscono. La vera guarigione richiede una chirurgia spirituale che è dolorosa, ma che dà per risultato l’autentica guarigione. Sono venuto a Cristo da adulto, all’età di 25 anni. Anche prima volevo Cristo, ma non volevo rinunciare alla mia libertà sessuale. O Cristo è il Signore della tua vita al cento per cento, o non è il Signore della tua vita. Alla fine mi sono arreso a Cristo grazie all’intercessione della Vergine Maria, e ho intrapreso il cammino della castità. Sono stati tre anni duri e difficili di traversata del deserto, sorretto solamente dalla preghiera e dal sacramento della Confessione. Non ho trovato sostegno in nessun prete, tranne uno che stava a Roma: Giovanni Paolo II. Ma era necessario che io morissi a me stesso, Dio ha riversato la guarigione nel mio cuore attraverso quella ascesi, e solo grazie ad essa sono stato in grado di riconoscere la bontà che era nel cuore della donna che sarebbe diventata mia moglie. Faccio un altro esempio personale. Ho scritto un libro intitolato Come Dante può salvarvi la vita, perché Dio ha usato la Divina Commedia per farmi scoprire i miei peccati e pentirmene. Nessuno arriva in Paradiso senza passare attraverso l’Inferno e il Purgatorio, questa è una grande verità. Oggi troppi cristiani desiderano e offrono il Paradiso senza Inferno e Purgatorio, e non funziona. Penso che questo cristianesimo “fake” non durerà: il cristianesimo senza la croce è falso. L’uomo di oggi non vuole la croce: questa è la differenza fra l’uomo psicologico e l’uomo religioso. La vera misericordia richiede il pentimento.

Lei scrive che se i cristiani non sviluppano un modo di vita controcorrente, condannano i loro figli all’assimilazione. Cosa la rende certo di questo?
Mi guardo intorno, e dappertutto nel mio paese di solito si nota molta poca differenza fra i cristiani e gli altri. Anche le scienze sociali dicono la stessa cosa: il cristianesimo sta crollando fra le giovani generazioni, e i ragazzi che continuano a dirsi cristiani credono cose che non sono ortodosse. Quando parlo coi docenti di università cattoliche e protestanti, mi dicono che i loro studenti non sanno quasi nulla del cristianesimo. Questo è certamente colpa della catechesi scadente, ma ancora di più è colpa della cultura cristiana indistinta di oggi. Non abbiamo la garanzia che l’edificazione di piccole comunità cristiane impegnate salverà la fede delle giovani generazioni, ma cosa altro possiamo fare?

Lei sottolinea che la sua proposta è rivolta ai cristiani ortodossi con la “o” minuscola, cioè tutti i cristiani, Cattolici, Protestanti e Ortodossi, che mantengono intatta la tradizione della Chiesa apostolica per quanto riguarda liturgia, teologia e dottrina. Ma esiste anche il cristianesimo liberal. Non sono questi i giorni della rivincita del cristianesimo liberal, specialmente nel mondo cattolico? Lei scrive di Secoli Bui (Dark Age) incombenti, ma oggi c’è molto ottimismo riguardo all’apertura e al rinnovamento della Chiesa sulla base di standard liberal. Non è questo il futuro del cristianesimo?
No. Perché un albero può dare frutti solo se ha radici profonde. Il cristianesimo liberal è un fenomeno moderno, che taglia le radici del passato. Ciò che caratterizza l’ortodossia con la “o” piccola è il riconoscimento che c’è una verità al di sopra di noi. Mentre il cristianesimo liberal pensa che possiamo arrangiare le cose come piace a noi per soddisfare i nostri bisogni di oggi. Non dobbiamo credere alla Tradizione o alla Bibbia se confliggono con ciò che desideriamo nel presente. Ma negli Stati Uniti le comunità cattoliche più fiorenti sono quelle fedeli alla tradizione: sono capaci di sfidare i loro stessi preti. Spesso noi cristiani conservatori ci lamentiamo di come viene fatto male il catechismo e di quello che viene detto nelle omelie. Ma dovremmo pensare che oggi abbiamo un catechismo formidabile come quello della Chiesa cattolica, che possiamo procurarci una montagna di buoni libri e crearci una biblioteca che san Tommaso si sarebbe sognato di avere. Smettiamola di lamentarci e di pretendere che sia la Chiesa istituzionale a salvarci. Muoviamoci noi in prima persona. Approfondiamo la Tradizione, e ci troveremo tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Senza dimenticare le opere di misericordia corporale, senza le quali rischiamo di cadere nell’intellettualismo.

Lei sottolinea anche che i cristiani non possono confidare nel potere politico come baluardo contro la scristianizzazione e le tendenze anticristiane, e che il cristianesimo sarà attraente se saprà mostrare la sua bellezza fuori dall’ambito politico. Ma come può fiorire la vita cristiana se ogni cittadino, professionista, giornalista, insegnante, psicologo, eccetera in Occidente è costretto a sottomettersi alla cultura dominante? Se sei costretto a parlare in pubblico solo in base agli standard del politicamente corretto, se sei costretto a insegnare l’ideologia del gender nella tua scuola, l’Opzione Benedetto resta priva di senso. Non abbiamo bisogno di un qualche tipo di politica che protegga la libertà di essere diversi? Che difenda la libertà religiosa che permetterebbe di attuare l’Opzione Benedetto?
Sì, non possiamo abbandonare la politica completamente, se non altro per difendere la libertà religiosa. Ma si tratta di mettere nel giusto ordine le cose che amiamo. Molti cristiani negli Stati Uniti pensano che il nemico è alle porte, e che se metteremo i politici e i giudici giusti al posto giusto, le cose andranno a posto. Ma non è così. Negli ultimi trent’anni i conservatori spesso sono stati al potere in America, qualcosa di buono per la Chiesa che altrimenti non sarebbe stato fatto l’hanno combinato, ma nello stesso tempo ha avuto luogo il grande declino della fede fra i giovani. La libertà religiosa non può essere fine a se stessa, deve essere uno strumento per la vita in Cristo. Se conserviamo la libertà religiosa, ma non la usiamo perché crescano veri cristiani, è inutile. Alcuni conservatori mi criticano dicendo che l’Opzione Benedetto coincide con la resa politica dei cristiani. Rispondo loro che dobbiamo essere pronti a essere sconfitti a livello politico e a vivere in condizioni di oppressione, che è ciò che hanno fatto i cristiani sotto il comunismo e stanno facendo sotto i regimi islamici. La cultura che creiamo non può dipendere dall’esistenza di una democrazia liberale favorevole al cristianesimo. Dobbiamo lottare in ambito politico per quanto possiamo, ma se la dittatura del relativismo si instaura, dobbiamo vivere ugualmente come cristiani coraggiosi che sfidano il sistema. L’Opzione Benedetto risponde a questo genere di situazione.

Per concludere parliamo un po’ dell’America. Nel suo libro Cosa significa essere americani Michael Walzer scrive che «si dimostra il proprio americanismo vivendo in pace con tutti gli altri “americani”, cioè concordando nel rispetto della molteplicità sociale». Dopo aver letto The Benedict Option ci si convince che questo non vale più. L’America sembra sull’orlo di un nuovo totalitarismo, nel quale le persone sono ricattate perché portino un distintivo pro-Lgbt, e sull’orlo di una guerra civile razziale e di classe. Le cose vanno veramente così male?
Sì e no. Non siamo sull’orlo di una guerra civile, ma il paese si sta disgregando. I cosiddetti liberal tolleranti hanno preso il potere nelle istituzioni culturali, ed esercitano un’egemonia senza misericordia: non sono né liberali né tolleranti. MacIntyre aveva capito cosa sarebbe successo negli Stati Uniti già trent’anni fa: quando la gente perde la base dei suoi valori culturali, questi declineranno sia a livello politico che a tutti gli altri livelli. Quello americano è stato un cristianesimo di facciata per molto tempo, e adesso ne vediamo i risultati. Il movimento per i diritti civili degli afro-americani è stato l’ultimo movimento popolare cristiano della storia degli Stati Uniti: aveva idee cristiane espresse in un linguaggio cristiano. Oggi il movimento Lgbt si presenta come la versione aggiornata del movimento per i diritti civili dei neri: è una falsità, ma a livello di cultura popolare l’idea ha fatto breccia. Oggi dei cristiani che si oppongono al matrimonio fra persone dello stesso sesso sono visti come gli eredi del Ku Klux Klan. Le cose si metteranno molto male per noi. Ma ci sono altre cose preoccupanti. Oggi abbiamo presidente un Donald Trump perché le élite dei partiti democratico e repubblicano hanno ignorato i poveri e la classe operaia. Gli americani oggi sono incoraggiati dalla cultura popolare a pensare a se stessi sulla base della propria identità individuale e non delle cose più grandi che ci uniscono. Ma senza una religione comune non vedo come possiamo restare insieme. John Adams, uno dei padri fondatori, diceva che la Costituzione americana avrebbe funzionato solo con un popolo religioso e dotato di alti standard morali. Se è vero quanto lui diceva, si capisce perché io tema che siamo all’inizio di una Dark Age.

@RodolfoCasadei

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