Non c’è scandalo in quel che ha detto Roccella sull’utero in affitto
L’apice l’ha raggiunto il mullah Francesco Merlo su Repubblica che è arrivato a mettere in dubbio la conversione al cattolicesimo della ministra Roccella. Ma non è che i commenti sdolcinati di Mattia Feltri sulla Stampa o di Elena Stancanelli ancora su Repubblica siano stati da meno. Quest’ultima, poi, s’è persino lanciata in un palese travisamento di quel che la ministra aveva affermato in un’intervista alla trasmissione Tagadà su La7 accusando Roccella di voler «trasformare la convivenza civile in uno stato di polizia» in un crescendo di rimproveri che non si sa se definire più manipolatori o ridicoli:
«Che ne direbbe la ministra se ai bambini nati con la surrogata imponessimo una tutina con ricamata sopra una bella S, una bella S scarlatta come quella ricamata sull’abito di Hester Prynne, la protagonista del romanzo di Nathaniel Hawthorne? Non sarebbe più semplice così, che non costringere i poveri medici a trasformarsi in spie della distopia totalitaria che sembra avere in mente?».
Assunzione di responsabilità
Quel che Roccella ha detto, rispondendo a una domanda su come si dovessero comportare i pubblici ufficiali, e quindi anche i medici, dopo l’introduzione del reato universale di utero in affitto appena approvato, era che chiunque «è tenuto a segnalare i casi di sospetta violazione della legge sulla maternità surrogata alla Procura. E poi si vedrà. Spero che l’applicazione della legge abbia un effetto fortemente dissuasivo».
Apriti cielo. Dopo le proteste delle associazioni di medici e pediatri, la ministra ha avuto modo di specificare l’ovvio e cioè – oltre al fatto che «in Italia c’è una procedura che protegge i minori e assicura la possibilità al compagno del genitore biologico di essere riconosciuto come genitore» e che «la legge non è retroattiva -, anche che non voleva imporre alcun obbligo, ma voleva avanzare «la richiesta di un senso di responsabilità da parte della classe medica, soprattutto quando sono coinvolti minori».
Nessuno, insomma, ha messo in dubbio «la questione della riservatezza» perché, ha aggiunto, «tengo molto alla salvaguardia del rapporto di alleanza terapeutica tra medico e paziente e questo è un punto fermo su cui non ci sono contestazioni». Ma, «così come avviene per altre notizie di reato come il trapianto di organi, la violenza sessuale e fatti di violenza», al medico è chiesta «un’assunzione di responsabilità».
Il mercato della pance
Il fatto che certa stampa – e certi medici, pare – si ostinano a non tenere in considerazione, ammantando i propri interventi di caramellosi propositi e attenzioni amorevoli nei confronti di genitori e bambini, è che in Italia la maternità surrogata è già vietata dalla legge 40. Una legge che, si ricorderà, fu furiosamente osteggiata, poi sottoposta a referendum (fallito, nonostante un dispiegamento di forze, politiche e mediatiche, incredibile) e quindi smontata, pezzo per pezzo, dalle Procure di mezzo paese.
Non solo. Proprio per aggirare il divieto, in questi anni molte coppie si sono rivolte ad agenzie e ospedali all’estero, per poi tornare in Italia col bambino in braccio. Il senso della norma appena approvata è quello di evitare l’escamotage e così mettere fine a una pratica che prevede la compravendita di bambini (scusate, non esiste un modo diverso per definire l’utero in affitto).
Quelli che oggi ci fanno le prediche sul miglior interesse dei figli e su quanto siano stati fortemente voluti dai loro genitori/acquirenti se ne fottono di raccontarci il mercimonio che si nasconde dietro il mercato delle pance. A loro, che tanto si indignano per una richiesta di segnalazione, va benissimo così. Infatti, coadiuvate dall’Associazione Luca Coscioni, già 30 coppie si apprestano a presentare ricorso contro la legge. In nome dell’amore, naturalmente.
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