L’utero è mio e lo gestisco io? Falso
Di tutti gli storici slogan del movimento femminista il più tragicamente sbagliato è quel «l’utero è mio e lo gestisco io» che è stato riesumato dalla senatrice del Movimento 5 Stelle Elisa Pirro come argomento polemico contro la nuova legge che punisce la gravidanza surrogata anche se effettuata all’estero.
Disarticolare l’integralità della persona e trasformare quest’ultima in una somma di organi sui quali si esercita la propria personale sovranità è il presupposto di ogni alienazione, sfruttamento, abuso ai danni degli esseri umani. Le legislazioni nazionali oppongono resistenza a questa antropologia, ma lo spirito del tempo, dominato dalla tecnocrazia, si muove impetuosamente nella direzione della riduzione dell’essere umano a congegno composto di parti smontabili e sostituibili, quindi anche commerciabili.
Vaccinazioni, tso, servizio militare
Le leggi nazionali ancora oggi proibiscono di vendere parti del proprio corpo, proibiscono la schiavitù anche nel caso di consenso da parte dell’interessato; in molti paesi del mondo è proibita la prostituzione come tale, non solo il suo sfruttamento come accade in Italia e in altri Stati. La sovranità assoluta sul proprio corpo è smentita dalle disposizioni di legge che istituiscono le vaccinazioni obbligatorie, o i trattamenti sanitari obbligatori; in tempo di guerra il servizio militare diventa obbligatorio e il coscritto perde la sovranità sul proprio corpo, che è costretto a esporre alla possibilità di lesioni anche mortali.
Su quali princìpi si basano le leggi che limitano l’autogestione fisica? Sul principio della dignità inviolabile della persona umana e sul principio dell’interesse pubblico ovvero del perseguimento del bene comune. La dignità inviolabile della persona non è qualcosa che attiene la sfera privata, il suo rispetto o mancato rispetto ha riflessi su tutta la società di cui un individuo è parte: autorizzare la vendita dei corpi umani in toto o in parte destabilizza la società, mette in pericolo tutti. Lo stesso principio dell’interesse collettivo che prevale sulla libertà individuale di disporre di sé lo troviamo nelle vaccinazioni e in altri trattamenti sanitari obbligatori (ciò vale in linea di principio: si può poi discutere se questo o quell’obbligo sanitario abbia effettivamente limitato la libertà di disporre di sé per tutelare l’interesse collettivo, oppure abbia configurato un abuso di potere che aveva altri scopi, non esplicitati).
Il corpo non è un oggetto, ma un soggetto
Concepire il corpo come un oggetto o un insieme di oggetti di proprietà è l’inizio della mercificazione della vita umana. Lo spiegava Roger Scruton in riferimento alla pornografia:
«Il mio corpo non è una mia proprietà ma – per usare un termine teologico – la mia incarnazione. Il mio corpo non è un oggetto, ma un soggetto, così come lo sono io. Non lo posseggo, non più di quanto possegga me stesso. Sono mescolato con esso in modo inestricabile, così che quello che viene fatto al mio corpo è fatto a me. E ci sono dei modi di trattarlo che […] mi fanno perdere il mio senso morale, mi induriscono o mi rendono indifferente agli altri, mi fanno smettere di esercitare la facoltà del giudizio o di essere guidato da princìpi e ideali. Quando questo succede, non sono danneggiato solo io: tutti quelli che mi amano, che hanno bisogno di me o che si relazionano a me sono ugualmente danneggiati. Perché ho danneggiato la parte su cui si costruiscono le relazioni».
Cioè ho danneggiato la parte su cui si costruiscono le relazioni autenticamente umane, che sono caratterizzate dalla gratuità, dal sacrificio, dall’offerta di sé, mentre ho posto le basi per l’estensione delle relazioni commerciali dalle merci alle persone, per l’estensione dei rapporti produttivi dai mezzi di produzione alle persone.
Nel momento in cui affermo che l’utero è solo un mezzo di produzione in mio possesso, getto le basi per la sua espropriazione da parte dello Stato e del mercato: per le sue necessità eugenetiche o militari, per produrre la razza eletta o per consolidare la dittatura del proletariato, lo Stato potrà decidere che il mezzo di produzione rappresentato dall’utero va nazionalizzato; il mercato mi lusingherà per convincermi che posso trovare una soluzione alle mie necessità economiche affittando o vendendo il mio mezzo di produzione uterino, e fa niente se il vantaggio maggiore sarà quello dell’acquirente.
Leggere Gramsci
Lo aveva perfettamente capito Antonio Gramsci, che nel 1918 scriveva:
«Le povere fanciulle potranno farsi facilmente una dote. A che serve loro l’organo della maternità? Lo cederanno alla ricca signora infeconda che desidera prole per l’eredità dei sudati risparmi maritali. Le povere fanciulle guadagneranno quattrini e si libereranno di un pericolo. […] Venderanno la possibilità di diventar madri: daranno fecondità alle vecchie gualcite, alle guaste signore che troppo si sono divertite e vogliono ricuperare il numero perduto. I figli nati dopo un innesto? Strani mostri biologici, creature di una nuova razza, merce anch’essi, prodotto genuino dell’azienda dei surrogati umani».
Giustamente l’autore dei Quaderni dal carcere attira l’attenzione sull’identità alienata dei figli dell’utero affittato o venduto: se l’organo riproduttivo femminile è un mezzo di produzione, ciò che rilascia nel mondo alla fine della gestazione è oggettivamente un prodotto. Come tutti i prodotti, può essere scambiato, acquistato, venduto e rivenduto, modificato, eliminato se è difettoso. E soprattutto, come ogni prodotto, è soggetto al processo di innovazione: vecchi modelli di essere umano diventano obsoleti, e sul mercato ne appaiono di nuovi, potenziati.
Gli adepti del transumanesimo sono tutti favorevoli all’utero in affitto e ad ogni avveniristica tecnica di riproduzione assistita, perché è applicando la tecnologia alla procreazione che possono raggiungere i loro obiettivi di essere umani “potenziati”. Senza rendersi conto che su questa strada si scavano la fossa: loro per primi subiranno il destino dell’obsolescenza, soppiantati dai loro stessi prodotti (la scena del film Blade Runner nella quale il replicante Roy Batty uccide lo scienziato Eldon Tyrell suo creatore è metafora e profezia del destino dei pionieri del transumanesimo).
Nemmeno se gratis
Deputati e senatori dei partiti cosiddetti di sinistra che hanno votato contro la legge che mette al bando il ricorso all’utero in affitto anche se avviene all’estero (e l’hanno esecrata con invettive degne di miglior causa) cercano normalmente di sfuggire alle critiche sopra esposte e di riconciliarsi col loro antenato politico-intellettuale Gramsci, che si strapperebbe le vesti per il loro voto e per le loro affermazioni, dicendo che anziché vietare bisognerebbe regolamentare la gestazione per altri, legalizzando quella gratuita. Posizione logicamente insostenibile. Sarebbe come voler vietare lo sport professionistico e permettere solo quello amatoriale; o come consentire le attività no profit e proibire quelle for profit.
Se gli organi sessuali non sono integrati alla persona nella sua dignità inviolabile, ma sono mezzi di produzione il cui prodotto è disponibile da parte del “proprietario” degli stessi e di chi ha concluso contratti con lui, lo status dei partoriti è quello di oggetti, e un oggetto si può sia vendere che regalare. Decidere che certi prodotti possono solo essere oggetto di dono, e che certe attività strumentali devono essere solo gratuite è una contraddizione logica ed etica. Si vorrebbe sanare a valle l’errore di impostazione fatto a monte.
E qual è questo errore di impostazione? È quello che accomuna lo scandalizzato Gramsci agli apologeti della gestazione per altri: la concezione materialistica dell’uomo. Se l’uomo è solo materia, non basterà il materialismo dialettico di Marx ed Engels a restituirgli la dignità perduta con la negazione della sua natura spirituale. Nato per denunciare l’alienazione capitalista e la mercificazione del lavoro umano, il marxismo nelle sue applicazioni storiche non sfugge alla logica implicita nell’approccio materialista: se tutto è materia misurabile e manipolabile, tutto è oggetto; se tutto è oggetto, tutto è anche commerciabile e scambiabile.
I pallidi epigoni dei rivoluzionari del XIX e XX secolo che siedono nel parlamento italiano sono favorevoli alla mercificazione della vita umana in coerenza col loro materialismo. Quando strillano, la loro voce è quella del commerciante che deve sovrastare le voci degli altri venditori del mercato in piazza.
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1 commento
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Non credo che la senatrice Pirro abbia intenzione di vendere il proprio utero al macellaio sotto casa, per farne trippa da mangiare, soprattutto adesso che viene il freddo e fra un po’ arrivano le feste. Il fatto è che ripetere uno slogan tanto ritrito quanto demenziale, è manifestazione plastica della debolezza di pensiero razionale, oltre che di cultura, che ahinoi caratterizza, seppur in intensità variabile, non solo le piazze ma anche la classe dirigente del nostro Paese, compresi coloro che occupano i sacri scranni di Palazzo Madama. Si urlano cose di cui non si comprende il significato. Ben fa Rodolfo Casadei a mostrarne la tragicità.