Oggi la vita da neosegretario del Pd di Matteo Renzi inizia con una visita, in compagnia del ministro all’Ambiente Andrea Orlando (un “giovane turco” nel Pd, che sostenne Bersani) alla Terra dei fuochi. Forse sarà davvero un periodo scoppiettante, ma di sicuro scoppiettante lo è stata ieri la prima assemblea Pd del segretario, che ha lanciato il suo programma, da condividere auspicabilmente con Letta sino al 2015. L’idea di Renzi anzi è «partire da un accordo alla tedesca, voce per voce, punto per punto, e con i tempi stabiliti per i prossimi 12-15 mesi».
«FINE DELL’ERA IDEOLOGICA SUL LAVORO». Una road map che parte dall’idea che «Il Pd torni ad essere il partito dei lavoratori, siamo il terzo partito tra gli operai, gli studenti e i disoccupati», che per Renzi significa anche eventualmente andare contro i sindacati, «Perché parlare di articolo 18 può essere bello quanto vogliamo, ma non possiamo più accettare che ci sia ancora oggi la gran parte dei lavoratori senza tutele. Siamo alla fine dell’era ideologica sul». Per Renzi bisogna «avviare un gigantesco piano per il lavoro entro un mese», con due paletti nell’immediato: «I gruppi parlamentari diano una mano. Nell’arco di un mese serve un progetto di legge per semplificare le regole del lavoro e modificare le condizioni degli ammortizzatori sociali, perché c’è un sistema delle regole incomprensibile e il sistema degli ammortizzatori assicura solo alcune categorie, non tutte».
«CULTURA, MOTORE INDUSTRIALE». Renzi oltre al ruolo centrale dell’istruzione e ricerca, è tornato a parlare anche di un altro suo cavallo di battaglia: «La cultura dà il pane. Da Trieste nelle prossime settimane, proprio nei caffé culturali di questa città, proporremo e racconteremo un diverso modello culturale in Italia. Non si può impedire di usare le forme della tecnica perché la cultura diventi un modello di sviluppo: la cultura diventerà industria dell’Italia, perché non è accettabile, in un mondo che cerca la bellezza, che l’Italia guardi solo indietro».
IUS SOLI E UNIONI GAY. La posizione di Renzi su questi due temi è stata molto netta ieri. Al secondo posto della road map che vorrebbe per l’Italia, il neo segretario ha spiegato che «Piangere e fare grandi proclami dopo le stragi e poi dimenticarli è inaccettabile. Nel patto di coalizione serve l’impegno a modificare la Bossi-Fini e inserire lo jus soli». Poi ha aggiunto: «Io sono fra quelli più prudenti» ma «il tema delle unioni civili lo metteremo nel patto di coalizione, che piaccia a Giovanardi o no: noi siamo il Pd».
«BEPPE FIRMA QUI». Poi è arrivato il momento dell’attacco al leader del Movimento cinque stelle, che la settimana scorsa ha avviato la campagna #renziefirmaqui, chiedendo al Pd di rinunciare ai compensi elettorali non dal 2017 ma da quest’anno. Ieri Renzi invece ha rilanciato, «Lo dico io #Beppefirmaqui: caro Grillo hai 160 parlamentari decisivi per fare le riforme. Io sono disponibile a rinunciare ai 40 milioni del prossimo anno se tu ti impegni per superare il Senato, abolire le Province e su legge elettorale. Ci stai a giocare in modo pulito e trasparente senza accordi senza patti? Se sei disponibile, il Pd è davanti a te e non dietro. Se ci stai, si fa. Se noi ci stai, sei per l’ennesima volta un chiacchierone e l’espressione buffone vale per te».
GRILLO. «RENZIE TUTTO CHIACCHIERE E MARKETING». La risposta di Grillo non si è fatta attendere, e poco dopo dal suo blog il leader Cinque stelle ha replicato: «I 40 milioni di euro dei rimborsi elettorali deve restituirli agli italiani, non a noi. Lo dice il referendum del 1993 e lo ha ribadito recentemente il procuratore della Corte dei conti. Il nuovo segretario del Pd fa finta di non capire e propone accordicchi da prima Repubblica, camuffati da slogan. È tutto chiacchiere e marketing». Sul guanto di sfida del segretario del Pd: «Renzi aveva annunciato una sorpresina. È stata invece solo una scoreggina». Grillo su twitter ha scritto: «Si sciolga il Parlamento e al voto con il Mattarellum. Sarà il prossimo Parlamento a fare la nuova legge elettorale».